Alla fine si son decisi a fare i conti con noi. Noi juventini, dico.
La Nuova Juventus bastonata al San Paolo ha scoperchiato il vaso, e nessuno lo ha potuto più negare: gli juventini rimpiangono la Triade, sono convinti di avere vinto 29 scudetti, reputano questa dirigenza una banda di incompetenti.
Così è, così era, così sarà, en attendant non tanto Godot e i suoi goal ma Misson e quel giudice a Berlino.
Tra di noi, su internet, ce lo diciamo da un pezzo, e anche al bar o dal barbiere di adoratori di Cobolli se ne son sempre visti ben pochi. C'è però che adesso, con la marea montante, dopo le batoste con Palermo e Napoli, se ne sono accorti anche i giornalisti. Ma non dei giornalisti qualunque. Quei ras del politicamente e calcisticamente corretto che ora simulano affettata sorpresa e sono costretti alla versione 2.0 delle fregnacce di due anni fa.
Ai vecchi cavalli di battaglia se ne aggiungono di nuovi, l'editoriale post-rivoluzionario diventa editoriale di regime et voilà: antropologia da salotto buono - versione leggermente evoluta del bar sport dove però i frequentatori a calcio non ci hanno giocato mai -, giustizialismo stile guerra di Spagna, biasimo esasperato tra il razzista e il classista.
Gli juventini rimpiangono Moggi, come per altro dice un sondaggio di Repubblica? Allora non è più soltanto Moggi il responsabile del decadimento morale dell'Italia calcistica, ma gli juventini tutti, razza bastarda, che pur di vincere ucciderebbe.
In pratica sembrerebbe che, toltisi il cappotto buono, e catapultatisi in strada ad ascoltare l'opinione della gggénte, i giornalisti fighetti siano tornati in redazione dotati di un unico immarcescibile anti-juventino argomento: gli juventini sono ladri, lo erano, sempre lo saranno. Moggi o no. Dal 1897 all'eternità.
Ha cominciato tale Max Cock (Masssimiliano Gallo ndr), dalle colonne de Il Riformista, secondo l'arguta definizione di Giuliano Ferrara "Il Foglio di destra", a spiegarci che la nostalgia per Moggi, come da canzonetta, è canaglia. E canaglia lo juventino per definizione.
Dopo qualche letterina di protesta da parte delle suddette canaglie, ha chiosato con stile sulla vicenda giudiziaria di Moggi: "E chissenefrega se sarà assolto al processo.".
E' questo il punto, basta poco per accorgersene.
Con il processo GEA, sostanzialmente indirizzatosi in una sequela di autogoal per l'accusa, e il processo di Napoli, mutilato orrendamente con l'esclusione di Carraro e Ghirelli, c'è chi se la sta facendo sotto.
Moggi, a discapito di tutto, avrebbe buone possibilità di uscirne immacolato.
E allora ricomincia la vulgata: "colpevole sino a prova contraria".
Ci prova Max Cock: "In ogni caso, la giustizia sportiva lo ha già condannato". Grazie al Cock: con i giudici nominati tre giorni prima, in spregio delle leggi nazionali, dal commissario straordinario Guidorrossi.
Segue a ruota Giuseppe Ceretti del Sole 24 Ore, che fa l'elogio della Juve pret-à-porter, chè "la Juve non è né l'Inter né il Milan d'oggi e questo i tifosi più seri e appassionati lo sanno. Gli altri rimpiangono la Triade e Moggi. Affari loro". Un passo avanti: ci sono gli juventini buoni e quelli cattivi.
Ma il meglio naturalmente ce lo regala il quotidiano principe del moralismo, La Repubblica, con un articolo a doppia firma Mensurati e Zunino. Due cervelli per partorire un pezzo che si basa principalmente su informazioni di repertorio: in pratica una canzone degli 883 ma con meno metafore. Titolo: "La grande spugna di Calciopoli: tornano squalificati e latitanti". Avete letto bene: latitanti. Manco si parlasse di camorra.
Scorrendo il mouse all'ingiù, scopriamo che il latitante in realtà con Calciopoli e Moggi - che, classico dei classici, correda l'articolo fotografato al telefonino - non c'entra niente. E' quel Luciano Gaucci, da anni a Santo Domingo, che anzi si è proposto come testimone di accusa contro Moggi. Torna Gaucci, ma che c'entrano Moggi e Calciopoli?
Il blob della Volante Nerazzurra, che va a stanare i reduci di Calciopoli ancora inseriti nel mondo del calcio, elenca poi Capozucca e Preziosi, estraneo al caso e anche lui propostosi come testimone di accusa, il ds dell'Udinese, Leonardi, che oltre a lavorare in modo eccellente come dicono i risultati, non ha maturato alcuna squalifica, Aldo Spinelli, ispiratore dell'inchiesta di Napoli con la famosa telefonata a Dal Cin, Walter Sabatini, secondo fonti interne (sarà forse per questo la doppia firma?) consigliato al Palermo da Moggi, e infine, il temibilissimo Nello De Nicola, braccio destro di Moggi.
Che occupa un posto assai prestigioso quale quello di ds dell'Ascoli in serie B. Ma mica perchè l'ha consigliato Moggi. De Nicola infatti era stato licenziato, ma l'Ascoli sta messo male a danaro, e al momento della scelta di un nuovo direttore, ha ripiegato su un contratto già in essere, per non spendere ulteriormente.
I barbari sono tornati? No, ma nel caso il processo di Napoli finisse male, mettiamo le mani avanti.
Moggi è colpevole, lo era, sempre lo sarà.
Fino a prova contraria. E oltre.
E se qualcuno ancora lo rimpiange, e non capisce quant'è bello avere dei dirigenti sorridenti e onestissimi, si metta il cuore in pace. E' il popolo che sbaglia. Non ci vogliono nuovi dirigenti, ma nuovi juventini per una nuova Juventus.
A tanto sono arrivati.
La Nuova Juventus bastonata al San Paolo ha scoperchiato il vaso, e nessuno lo ha potuto più negare: gli juventini rimpiangono la Triade, sono convinti di avere vinto 29 scudetti, reputano questa dirigenza una banda di incompetenti.
Così è, così era, così sarà, en attendant non tanto Godot e i suoi goal ma Misson e quel giudice a Berlino.
Tra di noi, su internet, ce lo diciamo da un pezzo, e anche al bar o dal barbiere di adoratori di Cobolli se ne son sempre visti ben pochi. C'è però che adesso, con la marea montante, dopo le batoste con Palermo e Napoli, se ne sono accorti anche i giornalisti. Ma non dei giornalisti qualunque. Quei ras del politicamente e calcisticamente corretto che ora simulano affettata sorpresa e sono costretti alla versione 2.0 delle fregnacce di due anni fa.
Ai vecchi cavalli di battaglia se ne aggiungono di nuovi, l'editoriale post-rivoluzionario diventa editoriale di regime et voilà: antropologia da salotto buono - versione leggermente evoluta del bar sport dove però i frequentatori a calcio non ci hanno giocato mai -, giustizialismo stile guerra di Spagna, biasimo esasperato tra il razzista e il classista.
Gli juventini rimpiangono Moggi, come per altro dice un sondaggio di Repubblica? Allora non è più soltanto Moggi il responsabile del decadimento morale dell'Italia calcistica, ma gli juventini tutti, razza bastarda, che pur di vincere ucciderebbe.
In pratica sembrerebbe che, toltisi il cappotto buono, e catapultatisi in strada ad ascoltare l'opinione della gggénte, i giornalisti fighetti siano tornati in redazione dotati di un unico immarcescibile anti-juventino argomento: gli juventini sono ladri, lo erano, sempre lo saranno. Moggi o no. Dal 1897 all'eternità.
Ha cominciato tale Max Cock (Masssimiliano Gallo ndr), dalle colonne de Il Riformista, secondo l'arguta definizione di Giuliano Ferrara "Il Foglio di destra", a spiegarci che la nostalgia per Moggi, come da canzonetta, è canaglia. E canaglia lo juventino per definizione.
Dopo qualche letterina di protesta da parte delle suddette canaglie, ha chiosato con stile sulla vicenda giudiziaria di Moggi: "E chissenefrega se sarà assolto al processo.".
E' questo il punto, basta poco per accorgersene.
Con il processo GEA, sostanzialmente indirizzatosi in una sequela di autogoal per l'accusa, e il processo di Napoli, mutilato orrendamente con l'esclusione di Carraro e Ghirelli, c'è chi se la sta facendo sotto.
Moggi, a discapito di tutto, avrebbe buone possibilità di uscirne immacolato.
E allora ricomincia la vulgata: "colpevole sino a prova contraria".
Ci prova Max Cock: "In ogni caso, la giustizia sportiva lo ha già condannato". Grazie al Cock: con i giudici nominati tre giorni prima, in spregio delle leggi nazionali, dal commissario straordinario Guidorrossi.
Segue a ruota Giuseppe Ceretti del Sole 24 Ore, che fa l'elogio della Juve pret-à-porter, chè "la Juve non è né l'Inter né il Milan d'oggi e questo i tifosi più seri e appassionati lo sanno. Gli altri rimpiangono la Triade e Moggi. Affari loro". Un passo avanti: ci sono gli juventini buoni e quelli cattivi.
Ma il meglio naturalmente ce lo regala il quotidiano principe del moralismo, La Repubblica, con un articolo a doppia firma Mensurati e Zunino. Due cervelli per partorire un pezzo che si basa principalmente su informazioni di repertorio: in pratica una canzone degli 883 ma con meno metafore. Titolo: "La grande spugna di Calciopoli: tornano squalificati e latitanti". Avete letto bene: latitanti. Manco si parlasse di camorra.
Scorrendo il mouse all'ingiù, scopriamo che il latitante in realtà con Calciopoli e Moggi - che, classico dei classici, correda l'articolo fotografato al telefonino - non c'entra niente. E' quel Luciano Gaucci, da anni a Santo Domingo, che anzi si è proposto come testimone di accusa contro Moggi. Torna Gaucci, ma che c'entrano Moggi e Calciopoli?
Il blob della Volante Nerazzurra, che va a stanare i reduci di Calciopoli ancora inseriti nel mondo del calcio, elenca poi Capozucca e Preziosi, estraneo al caso e anche lui propostosi come testimone di accusa, il ds dell'Udinese, Leonardi, che oltre a lavorare in modo eccellente come dicono i risultati, non ha maturato alcuna squalifica, Aldo Spinelli, ispiratore dell'inchiesta di Napoli con la famosa telefonata a Dal Cin, Walter Sabatini, secondo fonti interne (sarà forse per questo la doppia firma?) consigliato al Palermo da Moggi, e infine, il temibilissimo Nello De Nicola, braccio destro di Moggi.
Che occupa un posto assai prestigioso quale quello di ds dell'Ascoli in serie B. Ma mica perchè l'ha consigliato Moggi. De Nicola infatti era stato licenziato, ma l'Ascoli sta messo male a danaro, e al momento della scelta di un nuovo direttore, ha ripiegato su un contratto già in essere, per non spendere ulteriormente.
I barbari sono tornati? No, ma nel caso il processo di Napoli finisse male, mettiamo le mani avanti.
Moggi è colpevole, lo era, sempre lo sarà.
Fino a prova contraria. E oltre.
E se qualcuno ancora lo rimpiange, e non capisce quant'è bello avere dei dirigenti sorridenti e onestissimi, si metta il cuore in pace. E' il popolo che sbaglia. Non ci vogliono nuovi dirigenti, ma nuovi juventini per una nuova Juventus.
A tanto sono arrivati.