Le partite indimenticabili.
Due date ci rimarranno nel cuore:
- 6 aprile 1997: Milan-Juventus 1-6. La Juve e il Milan come ci piacerebbe sempre che fossero. Perché i "meravigliosi" sapevano esserlo sempre.
- 25 maggio 2005: Milan-Liverpool 3-3. Quando la cronaca sorpassa a destra la storia e fa un dribbling alla leggenda. Che notte, quella notte. Sei minuti sei, secondo l'Istituto di Ricerca Rocco Siffredi rimane ancora il record mondiale di eiaculazione indoor.
Dottor Adrian e Mister G.
Di fronte ai microfoni sono esistiti due AdrianiGalliani. C'era quello gigione e istrionico di quando il Milan vinceva: faceva lo slalom tra le lingue degli intervistatori senza bagnarsi, dote che potrà tornargli utile quando guiderà Forza Italia e sarà invitato a Porta a Porta. E poi c'era quello di quando il Milan perdeva e/o qualche giornalista osava fare domande tenendo le ginocchia non aderenti al terreno: è riuscito a litigare con Alciato di Sky per una appassionante disputa sul numero di spettatori paganti di una partita di Champions League; ma anche nelle tv di casa non risparmiava nessuno, tra una minaccia di licenziamento ad Aldo Serena e uno scazzo furibondo persino col milanistissimo Abatantuono (quando uno è fuoriclasse!). Niente, però, potrà eguagliare la risposta che riservò alla povera Federica Balestrieri del Tg1 il giorno della presentazione di Mario Balotelli: la sventurata, che aveva osato chiedere conto della definizione di "mela marcia" con la quale Berlusconi aveva omaggiato pochi giorni prima il neo acquisto, venne travolta da lingue di fuoco e schizzi di veleno che partirono direttamente dal doppio nodo della cravatta gialla. Della povera Federica, da quel giorno, non si hanno più notizie.
Il re del mercato.
Qui bisogna tornare un attimo seri. Ad Adrianone non saremo mai grati abbastanza per la gioia di aver potuto ammirare con la maglia della Juventus due dei più grandi centrocampisti degli ultimi 20 anni: Edgar Davids detto "la mela marcia" (ecco dove l'avevo già sentita...) e quel giocatore sul viale del tramonto e quasi sempre rotto che risponde al nome di Andrea Pirlo. Due pacchi rifilatici forse in nome dell'antica passione bianconera del geometra. Diamo però ad Adriano quello che è di Adriano: ce li fece pagare uno sproposito e poi dopo si vendicò soffiandoci Tevez.
Calciopoli.
Che sagoma, l'Adrianone. Governava in Lega, aveva messo il fido Carraro in FIGC, distribuiva i soldi dei diritti televisivi e indirizzava il sentimento popolare antijuventino con le moviole di Cologno Monzese. Eppure quel Moggi lì, con la cupola unipersonale e le tessere, lo aveva messo fuorigioco. Lui spostava le giornate di campionato per recuperare i giocatori infortunati (non ci dormiva la notte), cenava in gran segreto con altre chiome poco fluenti nei giorni di chiusura, aveva messo il suo uomo di fiducia alle calcagna della classe arbitrale per fare pressioni di ogni tipo, ordinava lo "spinga, spinga" per "controllare anche le categorie inferiori" e chissà quanto altro che mai sapremo non essendo stato intercettato. Insomma, lo avrete capito: anche lui si difendeva dalla cupola. Come giusto premio gli toccò la Champions League dell'anno successivo. Ma quelle poche settimane di squalifica proprio non gli andarono giù. Ci vuole pazienza, geometra. Sono sempre i pesci piccoli a pagare.
Sfondi e classifiche.
Una cosa, però, l'Adrianone l'ha sempre dimostrata: ha sempre saputo perdere. Mai una scusa o una recriminazione. Nell'anno di grazia 2012 le provarono tutte per mettere a dura prova quel collaudato fair play brianzolo. Per tutto l'anno si rimase ampiamente sotto la media di un rigore per il Milan a partita e lui niente, sopportò tutto in silenzio. Mai sopra le righe, anche quando gli capitava di incrociare qualche allenatore avversario nel tunnel degli spogliatoi, alla fine optò per una forma di protesta non violenta, molto gandhiana: lo sfondo dello smartphone! Si narra ne avesse una discreta collezione per catalogare su ognuno di essi le immagini dei soprusi subiti. Perché lui perdeva con stile, e non te lo faceva pesare. Che poi, perdeva... se vogliamo considerare quei vetusti strumenti di regime che sono le classifiche stagionali sì, forse lo scudetto del 2012 lo avrà perso. E pure quello del 2013. Ma basta andare un po' indietro nel tempo, selezionare con cura le giornate giuste, scartare gli anni bisestili, le giornate con più di 30 gradi, i minuti tra il 51° e il 73°, fare seno, logaritmo, radice quadrata e voilà: la Cumulato Cup è l'ennesimo trofeo che va ad arricchire la bacheca del club più titolato al mondo. Pronti con una nuova patch.
Luci a Marsiglia.
Ecco, sì, ribadiamolo: lui sapeva perdere. Ha sempre saputo perdere. Solo che quando hai fondato una leggenda grazie a una provvidenziale nebbia, poi quella fissa della visibilità ti rimane per sempre. A lungo una stampa meschina e comunista gli ha fatto pesare quel piccolo scivolone, quel braccio roteante che indicava a undici pecorelle smarrite la strada per gli spogliatoi. Un po' come il goal di Turone o il rigore su Ronaldo, non c'è stata occasione nella quale il geometra non si sia dovuto sentire rinfacciare quella serata transalpina, quella sua integerrima passione per le regole che qualcuno ha voluto scambiare per volgare opportunismo. Perché il Milan stava perdendo e in Italia, si sa, siamo tutti schiavi del risultato.
A noi piace ricordarlo così, l'Adrianone, anche adesso che tutto volge al termine. E quando avrà svuotato quell'ufficio e chiuderà la porta dietro di sé per l'ultima volta, di una cosa saremo certi: non si sarà dimenticato di spegnere le luci.