Per scrivere la mia opinione su quello che sta accadendo all'Inter e a Milano ho volutamente aspettato qualche giorno. Ho ritenuto infatti opportuno evitare che il mio parere fosse seppellito dai "coccodrilli" agiografici dedicati al fantasmagorico ventennio morattiano. Era importante altresì lasciar scorrere le decine di articoli sarcastici che immancabilmente sono apparsi, specialmente sul web. Tutto questo perché ritengo che Moratti e il morattismo siano stati e siano ancora un argomento terribilmente serio, e che quindi vada affrontato "a freddo", senza il coinvolgimento emotivo che la notizia della sua "dipartita" dal calcio, inevitabilmente, comporta.
La storia di Moratti presidente ormai la conosciamo un po' tutti, inutile fare impietose cronologie. Quello che mi preme invece sottolineare è l'impatto che il Moratti presidente ha avuto sul calcio italiano, e non solo dal punto di vista economico. A mio parere la sua "discesa" in campo è coincisa con l'inizio di un nuovo modo di intendere il "sospetto" nel mondo del calcio. Dopo anni di sospetti "all'amatriciana", che ebbero la loro apoteosi con i duelli Viola-Boniperti e le querele (vinte) contro Zeffirelli, con Moratti il sospetto diventa quasi scientifico e assume contorni bivalenti. Da un lato il timore del "novellino" che, giustamente, teme di essere raggirato da un ambiente oggettivamente complesso e variegato, in cui essere squali è quasi un obbligo. Dall'altro l'esigenza di trovare una valida giustificazione, per se stesso e per i tifosi, alla mancanza di risultati; un deficit di risultati diventato cronico, nonostante gli ingenti investimenti profusi.
Se si vanno a leggere le cronache e gli articoli dell'epoca si può facilmente notare l'escalation di quanto affermo. Parallelamente, anche grazie al web e alle trasmissioni sulle reti private, questo atteggiamento crea la fertile piattaforma su cui verrà poi impiantata Calciopoli. Il sospetto elevato a religione di Stato non può portare certamente buoni consigli. Può invece esasperare gli animi fino al punto di ipotizzare indagini private su altri tesserati, su arbitri e perfino sui propri giocatori. Indagini che, per sua stessa ammissione, e per ammissione di chi le aveva svolte, non svelarono alcun risultato concreto, né confermarono la fondatezza dei suoi sospetti. Oppure può portare ad avere rapporti ambigui con arbitri in attività come Nucini, trasformati in improbabili cavalli di Troia, tentando pure di riciclarli come impiegati di banca.
Col passare degli anni, la cultura del sospetto ha la sua sublimazione. Ciò avverrà con due episodi chiave. Il primo quando, come riporta Luciano Moggi, cercherà di portare all'Inter il principale dei sospettati, proprio l'ex D.G. della Juventus! Il secondo quando dal groviglio di Calciopoli emergono tante belle telefonate "dimenticate" che ci illustrano il "metodo Inter", fatto di regalini da ritirare in Sede, di suggerimenti ai designatori su come condizionare i sorteggi e di pressioni sugli stessi affinché alcuni arbitri fossero "messi in forma". Telefonate che spingono la Procura Federale a formulare pesanti accuse di illecito sportivo nei confronti dell'Inter. Accuse però pervenute, guarda caso, solo pochi giorni dopo la prescrizione.
La prima fase dell'era Moratti si chiude nell'estate 2006, con l'assegnazione dello Scudetto di Cartone. La definizione di "scudetto di cartone", di cui gelosamente rivendico la paternità, non è casuale. Infatti il cartone, nella sua accezione più semplice, rappresenta la forma più spartana di protezione, uno dei principali materiali con cui si fanno gli imballaggi, ma anche ottimo riparo dai disagi del freddo.
Ed è in questa veste che lo scudetto del 2006 diventa imballaggio a protezione di tutte le congetture elaborate fin dal marzo del 1995; diventa l'involucro entro il quale il sospetto sopravvive e le rigidità dei gelidi inverni pre-calciopolari si affievoliscono. Il cartone diventa scudo, e di conseguenza lo scudo diventa cartone. Uno scudo dietro il quale rivendicare la legittimità di quei sospetti, impietosamente sbugiardati dalla storia e persino dai giudici.
Immaginate, per esempio, se un giorno dovessero decidere, come sarebbe giusto, e come potrebbe ragionevolmente capitare, di portarglielo via. Sarebbe un gesto semplice, addirittura sacrosanto. Epperò lo lascerebbe solo ancora di più, perché sancirebbe senza appello che il suo grande ciclo, quello del Triplete, conquistato meritatamente da una squadra davvero molto forte, sarebbe stato viziato in partenza da una deviazione spazio temporale irripetibile, che ha modificato artificiosamente, e ingiustamente, gli equilibri precostituiti del campo, che è, e deve essere sempre, sovrano.
Ora, pressato dalla idrovora del bilancio nerazzurro, ha deciso di andarsene. La simbologia contemporanea abbina il cartone anche al momento del distacco. Famosa la scena degli impiegati Lehman che andavano via dal posto di lavoro con lo scatolone di cartone. Ecco, io vorrei ricordarlo così. Un uomo che torna a casa con un grande scatolone ripieno di uno scudetto fasullo.
Il Presidente di Cartone
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- By Salvatore Cozzolino