“Per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”
La celebre massima di Giovanni Giolitti sembra ben descrivere il comportamento delle istituzioni sportive, almeno per quello che riguarda gli ultimi quindici anni.
Gli amici cambiano, il nemico è quasi sempre lo stesso.
False fidejussioni, falsi passaporti, bilanci allegri, finte plusvalenze, intercettazioni di società concorrenti e arbitri, violazione della clausola compromissoria nonché pressioni su arbitri e designatori sono state interpretate in modo estremamente garantista, e col supporto della stampa amica sempre molto attenta ad alimentare il sentimento popolare buonista; gli amici del palazzo sono stati salvati da sanzioni sportive che sarebbero state durissime.
Quando si tratta di bastonare il nemico, invece, le regole a volte si applicano, e più spesso, prima si inventano e poi si applicano.
Il diluvio di Perugia, la regola sull’utilizzo degli extracomunitari, la prova televisiva su immagini esclusive della televisione di proprietà dell’avversario diretto, lo “slittamento” del campionato per la morte del papa, la modifica delle regole del processo sportivo, la negazione del giudice naturale, l’invenzione del reato di illecito strutturato per giustificare la retrocessione in serie B e la revoca di due scudetti sono solo alcuni esempi eclatanti che cito a memoria con la certezza di averne dimenticati altri.
Fidandomi ancora esclusivamente della mia memoria, ricordo che nell’era post-Farsopoli abbiamo assistito alla modifica della legislazione per la ripartizione dei diritti televisivi, a goal convalidati a gioco fermo, ad allenatore e vice allenatore squalificati per mesi sulla fiducia in un presunto pentito non credibile, ad inversione dei campi per le partite di andata e ritorno della semifinale di Coppa Italia, sino alle clamorose vicende di questi giorni con la disputa sulla sede della finale di Supercoppa di Lega e la ripartizione dei proventi economici derivanti dalla disputa della stessa.
Lascio ai più esperti l’analisi tecnico giuridica del ricorso presentato dal presidente della Juventus, che sembra ancora sperare di poter ottenere la tanto invocata parità di trattamento rivolgendosi, ahimè, a quelle stesse istituzioni che gli sono più o meno apertamente ostili ormai da molti anni.
Sperando che l’operato di Agnelli sia figlio solo di una sana e positiva ingenuità, voglio lasciargli la speranza di credere che la decisione della Lega di Serie A possa essere ribaltata a seguito del ricorso presentato, senza tuttavia poter trascurare il fatto che, anche qualora il ricorso sulla ripartizione dei proventi economici dovesse essere accettato, la Juventus giocherebbe la finale di Supercoppa in casa dell’avversario. Ma, se come assai probabile, il ricorso della Juventus venisse respinto e il regolamento di Lega interpretato a favore del consigliere Lotito, la Juventus ancora una volta farebbe la figura della vacca da mungere, odiata ma indispensabile per portare acqua al mulino degli altri (Lazio e Lega in questa circostanza).
Fallito il tentativo per le vie legali, Agnelli lanci la sfida sul terreno politico, con la “Primavera di Roma”: mandi a Roma a giocarsi la Supercoppa la squadra Primavera, magari rinforzata da qualche seconda linea, e organizzi in contemporanea un'amichevole di prestigio al J-Stadium per rifarsi del mancato incasso.
Altrimenti abbia l’onestà intellettuale di dichiarare ai propri tifosi che con la parità di trattamento spesso invocata aveva scherzato, è un argomento superato che ormai non interessa più.
A proposito, nella finale di Supercoppa, Mauri gioca?
La Primavera di Roma
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- By Alberto Puccini