Sabato scorso è stata trasmessa la seconda puntata dello speciale di “Un giorno in pretura” dedicato al processo Calciopoli e, come avevamo potuto notare nella puntata d’esordio, la trasmissione è stata impostata sul canovaccio (ormai logoro, ed è un eufemismo) di quel grande romanzo di fantasia che sono le informative auricchiane. E’ grave, è molto grave che “l’informazione” pubblica si ostini a recitare a memoria teorie accusatorie sconfessate dai fatti, dai protagonisti e soprattutto dalle sentenze. Un processo che, sì, avrebbe bisogno di approfondimenti per far capire alla gente che cosa sia realmente successo in quel benedetto 2004-2005 e quanto tutto ciò vada ben oltre le strette vicende calcistiche per sconfinare nel campo del Potere lobbistico che da decenni tiene sotto schiaffo Calcio e Paese. Ma, purtroppo e come al solito, la Rai, invece di smascherarne i lati oscuri, con quel Potere va a braccetto, ignorando le cose davvero importanti e scandalose scaturite da questo processo e, alla fin fine, sbugiardandosi da sola, vista la pochezza di fatti contenuta nelle deposizioni dei testi dell’accusa scelti e trasmessi. In questa puntata di Orrori di Stampa ci occuperemo di queste deposizioni sottolineando con stile cobolliano che “il Tribunale di Reggio Calabria è un Tribunale che esiste!”
Claudio Salvagno, amichevoli e cene. Questa puntata, intitolata nientepopodimeno che “Il caso Paparesta”, si apre con la deposizione di Claudio Salvagno, ispettore di Polizia che si è occupato delle primissime intercettazioni, quelle della Procura di Torino. In particolare due argomenti sono stati toccati: l’intercettazione tra Moggi e Pairetto dove il primo indicava al secondo gli arbitri per tre partite, ma amichevoli, della Juventus e la famosa ed annosissima questione delle “cene “ con i designatori (consentite dal regolamento e senza nessunissima prova che si sia parlato di possibili frodi sportive; cene d’altronde fatte con la maggior parte dei dirigenti di A che, come abbiamo visto, “non interessavano” gli inquirenti). Che il sistema delle amichevoli fosse ben regolamentato come ricorda lo stesso Moggi in una dichiarazione spontanea per fortuna lo hanno evidenziato, peccato che si siano dimenticati di far presente un particolare un pochino importante: il fatto che quelle intercettazioni di Torino siano state archiviate dal procuratore Maddalena il quale, a proposito delle partite che contavano, scriveva: "E allora, ferme restando tutte le perplessità che suscita l'eccessiva contiguità tra il designatore arbitrale Pairetto ed i dirigenti della Juventus, rimane la considerazione - obbiettiva - che di quattro partite di campionato giocate ad intercettazioni in corso, e quindi possibili oggetti di frode sportiva, su tre non si sono registrati commenti di alcun genere idonei a supportare l'ipotesi di reato, e su una - appunto Sampdoria-Juventus - sono state invece registrate significative conversazioni tra tutti i protagonisti della ipotizzata possibile frode, ma da esse non solo non si traggono riscontri alla ipotesi investigativa, bensì piuttosto elementi di prova di segno contrario". Neanche mezza parola proprio su quella archiviazione, che da sola smentirebbe tutto questo cianciare. E, addirittura, non sarà l’unica archiviazione taciuta.
Il “Ribaltatore”, Franco Baldini. E’ arrivato finalmente il turno di uno dei nostri “idoli”, colui che: veniva presumibilmente minacciato senza che la minaccia potesse avere alcun effetto, collaborava in maniera intensa col compare Auricchio, la cui dichiarazione sui loro rapporti non coincide affatto con la sua, andava in giro a cercare gente che potesse testimoniare contro Luciano Moggi ma, soprattutto, si preoccupava di avvertire il vicepresidente federale che se avesse fatto il bravo lo avrebbe “salvato” dal Ribaltone che stava organizzando, non come Giraudo, Galliani, Carraro di cui aveva fatto i nomi. Il primo a cui la ridentina Juventus blancobolliana si era rivolta per sostituire il “capo cupola”. Stiamo parlando del “Ribaltatore” Franco Baldini. Anche lui, come Nucini e Zeman, tenuto in alta considerazione da parte degli autori del programma. Una considerazione talmente alta che si sono ben guardati di mostrare il momento del controinterrogatorio nel quale l’avvocato Prioreschi mette in luce che le dichiarazioni dei due “collaboratori” non coincidevano. D’altronde perché stupirsi? Dai tempi della Dandini il “Ribaltatore” è abituato a smascherare i criminali su RaiTre. Meno male che dopo la cacciata dei cattivoni Baldini abbia fatto vedere quanto non riuscisse a vincere per colpa delle malefatte della “Cupola”, visto e considerato che l'unico Scudetto vinto dalla sua Roma risale al 2001, ossia il secondo anno della gestione Bergamo-Pairetto, vinto tra l'altro nell'anno in cui furono cambiate le regole sugli extracomunitari qualche giorno prima del big match con la Juve.
Schede svizzere, queste (s)conosciute. Potevano mancare le “pistole fumanti”, uno dei pochissimi elementi riconosciuti dal collegio giudicante e motivo di condanna per Moggi&co. (sebbene ancora oggi ci siano molti dubbi sul “reato di tentativo”)? Eravamo certi di no e la nostra “cara” trasmissione propone le deposizioni del mitico Di Laroni, De Cillis e di Romeo Paparesta, uno dei pochi che la scheda l’aveva davvero e non certo per commettere frodi sportive. Su quanto sia stato “artigianale” il metodo di ricostruzione dei contatti delle fantomatiche “celle” abbiamo già detto: con migliaia di dati incrociati a mano invece di usare i programmi informatici adatti e senza uno straccio di pedinamento dei “possessori” di queste schede; ma il Tribunale ha deciso che c’erano e servivano all’associazione moggiana per non truccare nessun campionato, nessun sorteggio e nessuna singola partita. Per lo meno hanno dato conto della frequentazione “nerazzurra” del negozio di Cillis e hanno ribadito, per bocca del Presidente Casoria, che comprare schede estere non è reato di per sé. Ma anche qui due incredibili dimenticanze: nessun accenno all’attività di spionaggio di Telecom nei confronti di Moggi e la Juventus (lette in quest’ottica le schede svizzere si comprendono molto meglio) e un’incredibile gaffe di Roberta Petruzzelli: la conduttrice dice che le schede “non potevano essere intercettate”. Infatti ce lo siamo sognati noi il perito De Falco che nell’aula 216 diceva: “Le sim svizzere erano intercettabili. E certo non erano un sistema di comunicazione segreta. E si poteva anche abbinare il telefono alla sim svizzera, scoprendo il possessore. Non so perché non l'abbiano fatto". Fatto, questo, confermato anche da altri noti procedimenti giudiziari. L'ennesimo elemento pesante omesso dagli autori del programma.
Gianluca Paparesta. Eccoci arrivati al “caso Paparesta”. E il senso del tutto è dato ancora una volta da una frase della Petruzzelli: “Forse è vero che Paparesta non è stato chiuso”. Viene omessa completamente l’archiviazione di Reggio Calabria per il reato di sequestro di persona perché “il fatto non sussiste”. Fortunatamente sono stati trasmessi invece sia un intervento della requisitoria di Prioreschi dove l’avvocato sosteneva che l’intero processo si fosse basato sulle “stronzate dette per telefono”, sia una deposizione di Bergamo nella quale l’ex designatore faceva notare come Paparesta avesse arbitrato subito in B e poi la settimana dopo in A nei turni successivi Reggina-Juventus, sconfessando una volta per tutte la teoria secondo la quale penalizzando la Juve non si arbitrava più. Si è biasimato però il comportamento di quegli antipatici di Moggi e Giraudo che entravano incazzati neri nello spogliatoio dell’arbitro (comportamento effettivamente deprecabile), ma non si è ricordato minimamente che tanti altri dirigenti entravano nello spogliatoio dell’arbitro, alcuni anche prima della partita (do you remember 4-4-4?). Un programma che voglia fare informazione seria su un processo non può omettere tutti questi fatti decisivi andando a prendere le testimonianze dei Nucini, dei Baldini, la "boutade Paparesta" e dimenticarsi che la gran parte delle intercettazioni delle altre squadre è stata oggettivamente "dimenticata" da chi svolgeva le indagini. Non abbiamo sentito parlare di Meani, Moratti, Pradè e di tutti i dirigenti che parlavano con i designatori. Non abbiamo sentito un accenno ai risultati sbagliati, ai gol non dati mai segnati e ai diffidati ammoniti che però giocavano contro la Juve perché non diffidati. Non abbiamo sentito una sola parola di sdegno per un’indagine sbagliata sin dall’inizio che ha cercato di dimostrare perfino col gossip teorie strampalate. Lo stesso gossip dei Nucini, dei Baldini, degli Zeman e dei Paparesta “sequestrati”. Peccato che i processi non siano fatti di gossip, ma di fatti.
Questione mediatica, Rai e “flebo” mistificatorie. Mi disturba quasi dover parlare dei giornalisti entrati in questo processo, della questione Scardina (assolto in primo grado) e del processo di Biscardi. Credere che quella Juventus (ma estenderei anche alla Juventus in generale) possa aver avuto i media dalla sua significa offendere la propria e l’altrui intelligenza. Basterebbe ascoltare la famosa telefonata tra Moggi e Tosatti, oppure ricordarsi che le trasmissioni calcistiche più seguite allora erano Controcampo e la Domenica Sportiva, non certo il processo di Biscardi. Basterebbe portare la memoria nel 2006 e provare un po’ di vergogna per certi titoloni propagandati a pieno regime da tutti i media compatti, indifferenti davanti a milioni di tifosi buggerati e alla Storia del calcio italiano violentata e vilipesa. Basterebbe pensare all’Epo strombazzato dai giornali dal 1998 in poi e mai trovato in casa Juventus, come affermato dalla Cassazione. La perla poi è stata il ricacciare fuori il famoso “filmato di Cannavaro”, risalente al 1999 e trasmesso dalla Rai nel 2005 a ridosso della partita decisiva per lo scudetto, Milan-Juve. Un filmato privato che non si è mai capito come fosse arrivato negli studi della Rai e nel quale Cannavaro scherzava ma alla fine assumeva una sostanza perfettamente lecita. In tutta questa storia forse chi ci fa la figura più magra forse è proprio la categoria dei giornalisti, senza i quali mai baggianate del genere sarebbero mai potute passare per vere. Pensate piuttosto ad informarvi sui processi e a riportarli correttamente. Sarebbe già un gran bel passo avanti.
Puntata precedente:
ORRORI DI STAMPA: "Un giorno a via In Selci"- Vol. 1
ORRORI DI STAMPA: "Un giorno a via In Selci"- Vol. 2
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- By Vittorio Di Dodo