(Libero 30-11-2012)
Curioso che nessuno nella galassia dei media abbia posto finora un parallelo tra la vicenda Sneijder e quella di Blasi che toccò personalmente il sottoscritto. Facile pensare che quella del giocatore olandese tocca oggi l’Inter, normalmente intoccabile, mentre quella di Blasi, allora alla Juve, coinvolgeva invece il sottoscritto, in un clima di caccia alle streghe. Il caso che mi riguardò fu costruito sul nulla e tuttavia approdò ad una conclusione di violenza privata, ex art. 610 «per aver imposto al giocatore Emanuele Blasi, che richiedeva un aumento del proprio ingaggio un anno prima della scadenza naturale del contratto, di non farlo chiamare dal proprio procuratore e di pensare solamente a giocare». Cosi sentenziò il Tribunale ritenendo che Blasi avesse tutto il diritto di far chiamare il proprio procuratore per ottenere il prolungamento e l’aumento dello stipendio. Forse un contentino all’accusa che pretendeva ben altro, pur su basi di assoluta vacuità. Era il processo alla Gea, come tutti ricordano, il giocatore Blasi, in prestito al Parma, ritorna al termine della stagione (giugno) alla Juve dopo aver scontato una squalifica di sei mesi per doping. A luglio ricominciano gli allenamenti e dopo pochi giorni mi sento chiamare dal procuratore del giocatore che mi chiede un prolungamento del contratto e un aumento. Rispondo che al momento non voglio parlare di certe cose visto il passato del giocatore e al giocatore stesso dico di non farmi chiamare dal procuratore, di dimostrare invece il suo valore dopo di che nulla in contrario a prolungare e concedere l’aumento. Blasi in quel campionato giocò 27 partite riconquistando anche il posto in Nazionale, per cui gli fu aumentato lo stipendio e prolungato il contratto, come d’altra parte promesso. Risposta secondo logica e regole d’uso, qualunque altro manager avrebbe detto la stessa cosa, soprattutto nell’incertezza del rendimento dell’atleta stesso, per l’accusa però fu violenza privata. La Figc nella vicenda si costituì parte civile mentre ora è del tutto silente sulla vicenda Sneijder, la cui gravità è evidente, contorni di mobbing prefigurati.
Il caso Sneijder è di una chiarezza unica. Stramaccioni si è immolato sulla ragione di Stato, la ragione del club, ammantando l’esclusione come scelta tecnica, ma Branca ha debordato nella direzione autentica. Se non firma, se non spalma, non gioca. La cosa comunque particolare è che questo reato è procedibile d’ufficio. Infatti Blasi non presentò mai nessuna querela. Pertanto nel caso Inter-Sneijder un qualunque Pubblico Ministero che legge sul giornale cosa stanno facendo al giocatore dovrebbe immediatamente aprire un'indagine nei confronti della dirigenza interista per accertare la sussistenza del reato di violenza privata ai danni del calciatore. Peccato per Moratti che Branca però abbia già esondato.
Giocando sulle parole, il patron dell’Inter dice che non è mobbing, né ricatto, se non gioca è perché l’allenatore non lo vede nelle condizioni psicologiche e di serenità necessarie. Annoto, e ritengo sia mio diritto farlo, l’approccio assai diverso rispetto alla vicenda che mi coinvolse, di assoluta irrilevanza, nessun assalto, nessuna massiccia pressione mediatica, al contrario la passiva acquiescenza da parte di tutti a voler capire il perché dell’atteggiamento dell’Inter. Se di mezzo c’e l’Inter tutto può essere, è stata sempre intoccabile, protetta, prescritta. E ciò spinge Moratti a propagare imperterrito la sua farsa su Calciopoli. Ecco l’ultima: «Non serve rievocare Calciopoli, però non va dimenticata, altrimenti non impariamo niente». Cosa non dobbiamo dimenticare lo sappiamo tutti, le telefonate che l’Inter faceva a tutti, anche agli arbitri, intrattenendo anzi rapporti con uno di essi in attività (Nucini), per farlo diventare cavallo di Troia a danno degli avversari, le spiate, i dossieraggi e le intrusioni nella vita privata anche nei conti correnti dei suoi avversari, da lui così considerati, perché arrivavano sempre prima di lui (è destino di chi è più bravo), li ordinò lui, senza cavarne un ragno dal buco, perché non c’era nulla da cavare. E lui parla ancora.
Con me la chiamavano violenza privata
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- By Luciano Moggi