Da Tuttosport normalizzazione a "piene mani". Del resto se si cambia Padovan, un direttore che ha prodotto un aumento delle vendite, viene da pensare che quello che non andasse bene fosse la poca capacità di flettersi e qualche editoriale scomodo per qualcuno.
Con il nuovo direttore De Paola, invece, la normalizzazione galoppa veloce. Peccato, per lui, che il tifoso juventino a cui si rivolge ha memoria, capacità critiche e conosce le cose che riguradano la Juve meglio di quanto dimostri di sapere chi dovrebbe informarlo (o finge di non sapere?).
Nell'editoriale del 18 aprile che annunciava, con rulli di tamburi, l'intervista concessa da Blanc ad Oreggia, De Paola scrive: "In questi anni l’Inter ha fomentato un’odiosa separazione con la Juve su un argomento pretestuoso e scivoloso: l’onestà. Per carità, la parola ha senso profondo e rispettabile, ma è stata usata a sproposito. Più interessante dell’onestà stessa è il percorso che si compie per raggiungerla. Un bambino non si pone mai il problema di quanto costi una caramella. Prima viene il desiderio, poi la mediazione. Pochi possono arrogarsi il diritto di assegnare o meno patenti in questo campo perché la differenza fra chi ha i soldi, chi ne ha meno e chi non li ha, a volte, è casuale. E spesso non rispecchia i valori in campo."
Ma De Paola non viene dal quotiano sportivo milanese che ha fatto da grancassa all'autoproclamazione d'onestà? Perchè queste cose non le ha scritte sulla rosea nel periodo in cui l'Inter ed i suoi cantori ci hanno gonfiato un giorno sì e l'altro pure con questa storia della loro onestà? Perchè, come vicedirettore rosa, non ha mai scritto che può scagliare la prima pietra chi è senza peccato e non chi ha nei suoi ranghi persone che avevano patteggiato la pena, per passaportopoli, davanti ad un tribunale ordinario?
A vedere questo cambiamento viene da pensare che possa aver assorbito la filosofia di candidi maestri: "Io mi sono definito uomo di marciapiede. Ho sempre fatto fatto il tifo per chi mi conveniva di più in quel momento. Più puttanesco di così” (parole testuali di Cannavò, intervistato da Sabelli Fioretti su Sette del 12-12-2002).
Ma questo è ancora poco. De Paola si supera e sembra uno appena atterrato dal pianeta Papalla [*]: "Veniamo al punto. Nell’intervista esclusiva rilasciata dall’amministratore delegato della Juventus al nostro Vittorio Oreggia c’è un passaggio assolutamente cruciale che fa la differenza fra un vecchio modo di ragionare e uno nuovo: spendere in rapporto a quanto si produce. Attenzione: non quanto si ha, bensì quanto si produce. Nel calcio italiano è un concetto del tutto nuovo soprattutto per una grande società. La Juventus si sta lanciando verso una competitività sempre maggiore e parla di scudetto e Champions già dalla prossima stagione, ma lo fa programmando un lungo avvenire come, per esempio, Real Madrid, Barcellona o Manchester. Sono modelli virtuosi che non si basano su uno sterile mecenatismo, ma su solide basi economiche.
La Juve è e sarà sempre degli Agnelli, ma questo è anche il modo giusto per farla vivere (e vincere) per altri decenni."
Spendere in base a quanto si produce è un "nuovo modo di ragionare"? Si vede che a Papalla non arrivavano le notizie che per la Juve è stato così anche negli anni precedenti, quelli che molti si industriano a voler cancellare, quelli nei quali non si è neppure proceduto ad un aumento di capitale che ha coinvolto anche gli azionisti/tifosi.
"Nel calcio italiano è un concetto del tutto nuovo" ... A Papalla devono essere davvero disinformati. Non sanno che l'Avvocato Agnelli dichiarò che quelli della Triade erano "bravi a fare le nozze con i fichi secchi", elargendo, in tal modo, complimenti a chi vinceva e divertiva senza che la Famiglia tirasse fuori un euro. Non sanno, o fanno finta di non sapere, che il progetto stadio è un'idea geniale di Giraudo, oggi possibile perchè quel manager, che evitano di nominare, ottenne una concessione di ben 99 anni per quello stadio che ora i "nuovi" possono abbattere e riedificare.
Il modo giusto per far vivere e vincere la Juve senza i soldi degli Agnelli, per decenni, ed essere leader incontrastata è una idea di Antonio Giraudo. Qualcuno l'ha stoppata, rallentata. Altri, forse, ne hanno avuto paura ed altri ancora la spacciano per "nuova" e figlia dei "nuovi". Peccato, per loro, che i tifosi juventini non abbiano vissuto gli ultimi decenni su Papalla e sappiano bene come sono andate e come stanno le cose. Sanno ben distinguere anche il vero dal falso, chi è "autentico" da chi non lo è.
Persino Sconcerti è rimasto sconcertato da certe dichiarazioni, come potete leggere sul nostro blog.
Riportiamo una parte di un articolo, con alcune dichiarazioni di Giraudo, che De Paola dovrebbe conoscere, essendo ripreso dalla Rosea del 11 novembre 2005:
"Noi abbiamo buoni bilanci ma non ottimi, in Italia non siamo competitivi in fiscalità, abbiamo la mutualità più alta al mondo, e non abbiamo incassi da stadio corretti, se fossimo in Inghilterra avremmo il miglior bilancio d'Europa". Antonio Giraudo traccia le differenze strutturali ed individua gli handicap tra il nostro paese e le altre nazioni europee, partendo dal calo degli spettatori negli stadi: "L'Italia da un punto di vista degli stadi è l'ultimo paese d'Europa, abbiamo gli impianti più obsoleti, pensiamo anche a Portogallo, Spagna e Germania che hanno stadi rinnovati: la differenza tra noi e il Manchester è anche questa: noi incassiamo 20-25 milioni allo stadio ed il Manchester 120 milioni proprio perchè loro hanno servizi allo stadio che noi non abbiamo ma contiamo di colmare questo gap. Il calo dei prezzi dei biglietti per me è un falso problema, noi della Juve non abbiamo prezzi alti, le gare importanti costano di più per tutelare gli abbonati ma ne abbiamo fino a 14 di partite al prezzo di 10 euro: il vero problema è l'impiantistica obsoleta".
La Juve è ambiziosa a tutti i livelli: "Nel nostro mondo la società di riferimento è sempre stata il Manchester, ma noi non abbiamo nulla da invidiare a nessuno e per i nostri progetti siamo anzi avanti rispetto a tutti. Ma non ci sentiamo arrivati. Solo chi ha capacità di progettazione continua riesce a diventare il migliore e noi abbiamo l'ambizione di diventare il punto di riferimento in campo internazionale". Com'è cambiato il mondo del calcio italiano? "Il nostro mondo è cambiato rapidamente, con l'ingresso in borsa dei club, con l'avanzare della tv, in questi casi è importante un cambio dirigenziale e nel nostro calcio questo processo è lento."
Per chi sembra atterrato da poco dal pianeta Papalla consigliamo l'attenta lettura dell'intervista concessa da Giraudo a Repubblica del 1 aprile 2006.
A Papalla non lo sanno ma i veri tifosi juventini ricordano questa frasi:
"È il mio sogno. Vogliamo farla diventare il più importante club del mondo, secondo un preciso modello industriale e sportivo che non ha eguali nel calcio. Solo in Formula uno esiste qualcosa di simile, alla Ferrari" , oppure "I lavori per lo stadio-gioiello cominceranno alla fine del campionato. Queste sono iniziative che resteranno, in grado di produrre anche ricavi diversi da quelli tipici delle squadre di calcio".
Nell'intervista Oreggia chiede a Blanc: "La vecchia Juventus non ha chiuso per lo stadio dopo dieci anni di fatiche, voi in un anno e mezzo avete messo nero su bianco..." mentre nel favoloso mondo della Erbì, la rubrica "Nella rete", si naviga solo per mari calmi, dove si parla di frivolezze o bene di tutti, evitando accuratamente quel 70% di voci, siti e discussioni di dissenso. La linea editoriale normalizzatrice è chiara ed evidente. Il giornalista in genere ha nella penna il grande potere di indirizzare l'opinione pubblica ma quando pretende di cancellare o modificare la memoria, soprattutto se recente, pecca di presunzione. Il tifoso juventino non ha bibbie calcistiche, non ha bisogno di rifugiarsi in un mondo virtuale, sa distinguere. Chi pensa che sia utile "lisciare" il pelo in questo modo, perde credibilità e, come conseguenza, anche i clienti/lettori che vogliono e sanno ragionare, ricordare.
Con il nuovo direttore De Paola, invece, la normalizzazione galoppa veloce. Peccato, per lui, che il tifoso juventino a cui si rivolge ha memoria, capacità critiche e conosce le cose che riguradano la Juve meglio di quanto dimostri di sapere chi dovrebbe informarlo (o finge di non sapere?).
Nell'editoriale del 18 aprile che annunciava, con rulli di tamburi, l'intervista concessa da Blanc ad Oreggia, De Paola scrive: "In questi anni l’Inter ha fomentato un’odiosa separazione con la Juve su un argomento pretestuoso e scivoloso: l’onestà. Per carità, la parola ha senso profondo e rispettabile, ma è stata usata a sproposito. Più interessante dell’onestà stessa è il percorso che si compie per raggiungerla. Un bambino non si pone mai il problema di quanto costi una caramella. Prima viene il desiderio, poi la mediazione. Pochi possono arrogarsi il diritto di assegnare o meno patenti in questo campo perché la differenza fra chi ha i soldi, chi ne ha meno e chi non li ha, a volte, è casuale. E spesso non rispecchia i valori in campo."
Ma De Paola non viene dal quotiano sportivo milanese che ha fatto da grancassa all'autoproclamazione d'onestà? Perchè queste cose non le ha scritte sulla rosea nel periodo in cui l'Inter ed i suoi cantori ci hanno gonfiato un giorno sì e l'altro pure con questa storia della loro onestà? Perchè, come vicedirettore rosa, non ha mai scritto che può scagliare la prima pietra chi è senza peccato e non chi ha nei suoi ranghi persone che avevano patteggiato la pena, per passaportopoli, davanti ad un tribunale ordinario?
A vedere questo cambiamento viene da pensare che possa aver assorbito la filosofia di candidi maestri: "Io mi sono definito uomo di marciapiede. Ho sempre fatto fatto il tifo per chi mi conveniva di più in quel momento. Più puttanesco di così” (parole testuali di Cannavò, intervistato da Sabelli Fioretti su Sette del 12-12-2002).
Ma questo è ancora poco. De Paola si supera e sembra uno appena atterrato dal pianeta Papalla [*]: "Veniamo al punto. Nell’intervista esclusiva rilasciata dall’amministratore delegato della Juventus al nostro Vittorio Oreggia c’è un passaggio assolutamente cruciale che fa la differenza fra un vecchio modo di ragionare e uno nuovo: spendere in rapporto a quanto si produce. Attenzione: non quanto si ha, bensì quanto si produce. Nel calcio italiano è un concetto del tutto nuovo soprattutto per una grande società. La Juventus si sta lanciando verso una competitività sempre maggiore e parla di scudetto e Champions già dalla prossima stagione, ma lo fa programmando un lungo avvenire come, per esempio, Real Madrid, Barcellona o Manchester. Sono modelli virtuosi che non si basano su uno sterile mecenatismo, ma su solide basi economiche.
La Juve è e sarà sempre degli Agnelli, ma questo è anche il modo giusto per farla vivere (e vincere) per altri decenni."
Spendere in base a quanto si produce è un "nuovo modo di ragionare"? Si vede che a Papalla non arrivavano le notizie che per la Juve è stato così anche negli anni precedenti, quelli che molti si industriano a voler cancellare, quelli nei quali non si è neppure proceduto ad un aumento di capitale che ha coinvolto anche gli azionisti/tifosi.
"Nel calcio italiano è un concetto del tutto nuovo" ... A Papalla devono essere davvero disinformati. Non sanno che l'Avvocato Agnelli dichiarò che quelli della Triade erano "bravi a fare le nozze con i fichi secchi", elargendo, in tal modo, complimenti a chi vinceva e divertiva senza che la Famiglia tirasse fuori un euro. Non sanno, o fanno finta di non sapere, che il progetto stadio è un'idea geniale di Giraudo, oggi possibile perchè quel manager, che evitano di nominare, ottenne una concessione di ben 99 anni per quello stadio che ora i "nuovi" possono abbattere e riedificare.
Il modo giusto per far vivere e vincere la Juve senza i soldi degli Agnelli, per decenni, ed essere leader incontrastata è una idea di Antonio Giraudo. Qualcuno l'ha stoppata, rallentata. Altri, forse, ne hanno avuto paura ed altri ancora la spacciano per "nuova" e figlia dei "nuovi". Peccato, per loro, che i tifosi juventini non abbiano vissuto gli ultimi decenni su Papalla e sappiano bene come sono andate e come stanno le cose. Sanno ben distinguere anche il vero dal falso, chi è "autentico" da chi non lo è.
Persino Sconcerti è rimasto sconcertato da certe dichiarazioni, come potete leggere sul nostro blog.
Riportiamo una parte di un articolo, con alcune dichiarazioni di Giraudo, che De Paola dovrebbe conoscere, essendo ripreso dalla Rosea del 11 novembre 2005:
"Noi abbiamo buoni bilanci ma non ottimi, in Italia non siamo competitivi in fiscalità, abbiamo la mutualità più alta al mondo, e non abbiamo incassi da stadio corretti, se fossimo in Inghilterra avremmo il miglior bilancio d'Europa". Antonio Giraudo traccia le differenze strutturali ed individua gli handicap tra il nostro paese e le altre nazioni europee, partendo dal calo degli spettatori negli stadi: "L'Italia da un punto di vista degli stadi è l'ultimo paese d'Europa, abbiamo gli impianti più obsoleti, pensiamo anche a Portogallo, Spagna e Germania che hanno stadi rinnovati: la differenza tra noi e il Manchester è anche questa: noi incassiamo 20-25 milioni allo stadio ed il Manchester 120 milioni proprio perchè loro hanno servizi allo stadio che noi non abbiamo ma contiamo di colmare questo gap. Il calo dei prezzi dei biglietti per me è un falso problema, noi della Juve non abbiamo prezzi alti, le gare importanti costano di più per tutelare gli abbonati ma ne abbiamo fino a 14 di partite al prezzo di 10 euro: il vero problema è l'impiantistica obsoleta".
La Juve è ambiziosa a tutti i livelli: "Nel nostro mondo la società di riferimento è sempre stata il Manchester, ma noi non abbiamo nulla da invidiare a nessuno e per i nostri progetti siamo anzi avanti rispetto a tutti. Ma non ci sentiamo arrivati. Solo chi ha capacità di progettazione continua riesce a diventare il migliore e noi abbiamo l'ambizione di diventare il punto di riferimento in campo internazionale". Com'è cambiato il mondo del calcio italiano? "Il nostro mondo è cambiato rapidamente, con l'ingresso in borsa dei club, con l'avanzare della tv, in questi casi è importante un cambio dirigenziale e nel nostro calcio questo processo è lento."
Per chi sembra atterrato da poco dal pianeta Papalla consigliamo l'attenta lettura dell'intervista concessa da Giraudo a Repubblica del 1 aprile 2006.
A Papalla non lo sanno ma i veri tifosi juventini ricordano questa frasi:
"È il mio sogno. Vogliamo farla diventare il più importante club del mondo, secondo un preciso modello industriale e sportivo che non ha eguali nel calcio. Solo in Formula uno esiste qualcosa di simile, alla Ferrari" , oppure "I lavori per lo stadio-gioiello cominceranno alla fine del campionato. Queste sono iniziative che resteranno, in grado di produrre anche ricavi diversi da quelli tipici delle squadre di calcio".
Nell'intervista Oreggia chiede a Blanc: "La vecchia Juventus non ha chiuso per lo stadio dopo dieci anni di fatiche, voi in un anno e mezzo avete messo nero su bianco..." mentre nel favoloso mondo della Erbì, la rubrica "Nella rete", si naviga solo per mari calmi, dove si parla di frivolezze o bene di tutti, evitando accuratamente quel 70% di voci, siti e discussioni di dissenso. La linea editoriale normalizzatrice è chiara ed evidente. Il giornalista in genere ha nella penna il grande potere di indirizzare l'opinione pubblica ma quando pretende di cancellare o modificare la memoria, soprattutto se recente, pecca di presunzione. Il tifoso juventino non ha bibbie calcistiche, non ha bisogno di rifugiarsi in un mondo virtuale, sa distinguere. Chi pensa che sia utile "lisciare" il pelo in questo modo, perde credibilità e, come conseguenza, anche i clienti/lettori che vogliono e sanno ragionare, ricordare.
[*] Solo i più vecchi, sobillatori e rancorosi tifosi di Serie C ricorderanno il mitico "Carosello" di Armando Testa, per una marca di elettrodomestici, con protagonista una famiglia di extraterrestri abitanti del pianeta Papalla.