A volte la differenza fra un campione e un medio giocatore è sottilissima. Sta tutta in un calcio di rigore. Un tiro che vale 10 milioni di diritti televisivi della Champions League che l’Udinese si è svista sfilare nuovamente sotto il naso per il secondo anno consecutivo. Prendersela con il cucchiaio di Maicosuel si può, ma è solo una chiave di lettura più comoda per chi ha voluto chiudere il capitolo con un liberatorio vaffanculo al giocatore. Ma chi ha seguito la doppia sfida fra i friulani e il Braga ha potuto constatare la superiorità dei lusitani a livello di gioco, come tasso tecnico e capacità di imporre la propria manovra. Ciononostante l’Udinese ha sfiorato la qualificazione che avrebbe magari raggiunto con una maggiore lucidità sotto porta, visto che le occasioni le ha avute. Ma ai ragazzi di Guidolin non si può rimproverare nulla. Come ha sottolineato il loro allenatore, la squadra ha dato tutto.
Da Maicosuel a Pozzo. E allora non si può non mettere il dito sulla piaga di una squadra che si è presentata all’appuntamento che vale una stagione completamente stravolta dal calciomercato. Ci sta che una società modello come l’Udinese faccia cassa ad ogni estate vendendo i propri pezzi pregiati. Già la scorsa estate l’Udinese perse il treno della qualificazione Champions dopo aver ceduto i vari Sanchez, Inler e Zapata, ovvero la spina dorsale della squadra. Fu eliminazione per mano dell’Arsenal in un doppio confronto in cui i friulani non avevano demeritato. Quest’anno si ripresenta l’occasione, e che fa Pozzo? Invece di rinforzare la squadra in vista dei preliminari la sventra vendendo Asamoah, Isla, Cuadrado, Handanovic giusto per fare qualche nome. Il guaio grosso è che i sostituti non si sono dimostrati all’altezza. La falla più evidente è stata nella costruzione della manovra alla quale avrebbe fatto comodo anche un giocatore come Pazienza, che pure la scorsa stagione aveva fatto bene ad Udine, ma che la società non ha voluto acquistare nonostante la Juventus glielo avesse messo su un piatto d’argento. Ecco perché il mea culpa lo deve fare soprattutto la società arrivata colpevolmente al momento topico della stagione con la coperta corta e di mediocre qualità.
Da Pozzo a Petrucci ed Abete. Un errore grave che non paga solo l’Udinese, ma che si prende sulle spalle tutto il calcio italiano che affronterà il torneo più prestigioso d’Europa con due sole squadre: la Juventus, campione d’Italia, e un Milan che sta attraversando il momento più difficile della propria storia recente. Gli auspici non sono quindi dei migliori, con il Portogallo che, per giunta, tallona l'Italia nel ranking UEFA e si accinge a superarla. Ma la cosa più preoccupante di un disfacimento così lampante del calcio italiano è che i responsabili politici delle istituzioni sportive italiane continuano a far finta di niente spalleggiandosi a vicenda come se niente fosse. Solo dieci anni fa due squadre italiane si affrontavano in una finale di Champions League con il calcio del Belpaese all’apice di quello europeo. Chi ha gestito il calcio italiano in quest’ultimo decennio dovrebbe trarre le proprie conclusioni. Non è mai troppo tardi per scollare finalmente certi culi da poltrone bisunte.
Se il calcio italiano finisce in un Pozzo
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- By Nicola Negro