Juve in BNon è un periodo di grande appeal per il calcio. Sì, ci sono gli Europei, ma sembrano non arrapare più di tanto gli italiani: nei bar non sembrano essere affatto uno degli argomenti di discussione più gettonati, nettamente sorpassati, come sono, dal calciomercato. Che a sua volta è un argomento volatile nei suoi contenuti. Quello che si scrive oggi, può non valere più domattina, non solo perché vive di indiscrezioni, ma anche perché anche i cosiddetti comunicati ufficiali (su siti o social network) puzzano spesso lontano un miglio di pretattica e di strategia di mercato, un campo in cui neanche le firme sui contratti hanno più nulla di sacrale e di definitivo

L’unico argomento che sprigiona un po’ di calore vero è lo scandalo (già la parola suscita gli appetiti morbosetti della platea) del calcioscommesse: diciamo che in questo momento è brace sotto la cenere, che vive di improvvise fiammate in occasione di determinati passi ufficiali da parte delle Procure della Repubblica o della Procura federale; ma tutti si aspettano la folata decisiva, quella che farebbe sprigionare la fiamma in grado di accalorare i volti e riscaldare i cuori di molti, soprattutto di molti ‘tifosi contro’.
Che piano piano cominciano a soffiare sopra il mucchietto della cenere, mentre buttano sui soliti tavolini quelli che vorrebbero far passare per carichi da undici, anche se alla prova dei fatti sono semplici scartine.

La schiera dei ‘tifosi contro’ vede ovviamente in prima fila i soliti media. Ciò non ci dice nulla di nuovo, il 2006 è stato e rimane di lezione per tutti, anche per quanti, forse persino dentro la stessa Juve, sottovalutavano il peso e l’influsso dei media in questa ‘nuova’ società mediatica (nuova, ma anche vecchia, perché la strategia, solo condotta su grande scala, e quindi con valenza superamplificata, è quella antica delle comari di paese, in grado di rovinare la reputazione e la vita di chiunque con le loro chiacchiere che partivano dal lavatoio e dal sagrato della chiesa per arrivare dove serviva).
E i sei anni trascorsi da allora non hanno fatto registrare il benché minimo cambiamento in questo senso: l’esempio più recente e più eclatante è costituito dalla vicenda dell’acciaio dello Juventus Stadium, ‘caso’ in cui sul nulla, assolutamente sul nulla (se non forse sull’invidia di chi uno stadio non ce l’ha e va implorando aiuti di stato, manco fosse un disoccupato, mentre geme sulle ridotte capacità di fare mercato perché gli mancano gli introiti da stadio), è stata gonfiata e sparata una bolla puzzolente; senza badare al fatto che ciò ricoprisse di fango anche l’operato, la competenza e l’etica di stimati professionisti.
E’ stato il primo segno di una virulenza che non poteva non esimersi dall’attaccare una Juve che voleva tornare grande e nel contempo era determinata dimostrare che il buio degli ultimi anni era stato indotto da una disparità di trattamento di cui i responsabili venivano chiamati a rispondere. I segnali di questa Juve ritrovata? La conferenza stampa di Andrea Agnelli e staff legale il 10 agosto, l’inaugurazione dello stadio con l’esibizione del 29 in faccia ad Abete, supportata dalle orgogliose parole di Andrea che rivendicava al campo la superiorità rispetto ai tavolini (i fatti lo avrebbero omologato: il campo ha dato lo scudetto alla Juve, il tavolo di Petrucci ha portato solo chiacchiere, tra ex amici e tra amici mai, e nient’altro), le antenne all’erta di tutta la società, allenatore in testa, sin dalla prima partita (che differenza rispetto alle scialbe figure espianti dell’ultimo lustro!).

Finita nel meritato flop la bufala dello stadio, messo alle spalle anche er gò de Muntari, è arrivato come una manna il calcioscommesse: una vera manna davvero, visto che si è trovato chi mettesse in croce proprio colui che, dentro e fuori la Juve, è considerato l’artefice principale dello scudetto, quell’Antonio Conte che ha saputo fare di una buona rosa di media caratura un insieme in grado di prevalere (per il suo gioco, anche più nettamente di quanto dicano i punti in classifica) in un campionato tutto sommato di livello non eccelso.
Il grimaldello è stato quel pentitismo di cui abbiamo spesso parlato negli ultimi tempi, quel fenomeno per cui gli esiti dell’ultimo procedimento davanti alla Disciplinare Tomas Locatelli, pur avendo patteggiato, ma senza sputare nomi di altri coinvolti, si è beccato due anni per la partecipazione ad una sola combine, quando a Carobbio, accusato di associazione per delinquere e coinvolto in una pluralità di illeciti, in virtù della sua fattiva ‘collaborazione’, ha ricevuto (in omaggio, verrebbe da dire) solo venti mesi.

Ma se non fosse bastato? C’era e c’è il rischio di trovarsi davanti una Juve pronta a difendersi (una Juve che agli strepiti scamiciati in stile ‘è inaudito’ preferisce far cantare le carte e parlare gli avvocati nelle sedi a ciò deputate), una Juve che ha messo a disposizione dei suoi tesserati il suo staff legale.
Occorreva preparare l’atmosfera giusta, nell’imminenza del grande evento ‘estivo’.
E allora che si potrebbe trovare di meglio che riesumare Calciopoli, dal lato B, si intende, quello che avalla la Farsa. Chi poteva meglio di Narducci? E allora ecco la riproposizione della sua requisitoria in formato libro, con la congrua prefazione di Travaglio. E la sponsorizzazione su Repubblica di Corrado Zunino che mette le mani avanti premunendosi contro presenti e future argomentazioni del “vento del web filo-juventino”, presentato come “potentissimo” (lo sarebbe senz’altro, se la verità fosse la forza suprema, come sarebbe giusto), denunciandone l’ondata “delegittimante senza precedenti” operata nel momento in cui ha svelato il vero volto di Calciopoli.

Tutt’intorno già da giorni, nel frattempo, ci si esercitava al tiro al piccione su Buffon, presentato e fosche tinte nel ruolo di un depravato scommettitore incallito, addirittura indegno di portare la fascia da capitano della Nazionale; quella Nazionale in cui milita un altro bianconero, Bonucci, anche lui tirato dentro nel calcioscommesse da un pentito, e questo volta si tratta di Masiello: e nella conferenza stampa di Leo, più che la Nazionale, interessava il suo coinvolgimento nel calcioscommesse; chissà mai che ne scappasse una confessione in diretta, sai che scoop! E la calma del difensore sembrava quasi indispettire questi signori che, come quando si parla di Conte, a qualsiasi titolo, non facevano che ricordare la spada di Damocle che pendeva sulla sua testa e sulla sua carriera.
E da più parti non si manca di ricordare che, come accaduto ad esempio alla Sampdoria, anche la Juve dovrebbe ricadere nei deferimenti di Palazzi, data l’interpretazione che si dà della responsabilità oggettiva. Uno dei casi di interpretazione abnorme sino a rasentare la distorsione, a mio avviso, quando nessuno dei fatti contestati ha lambito la società di ultimo tesseramento e i presunti illeciti sono stati consumati in periodi precedenti: questo a prescindere da qualsiasi altra considerazione sui fatti in sé, frutto solo di elargizioni ben 'premiate' dei pentiti. Chissà quando potremo avere sentenze basate solo su fatti provati e alterazioni concrete della classifica, invece che su fumosi illeciti strutturali e su racconti non supportati da solidi riscontri…

E, a proposito di racconti di spogliatoio, negli ultimi giorni non ci è stata risparmiata l’ultima chicca, enfatizzata a dovere, anche da corriere.it: sì, proprio la stessa fonte che, esattamente con la stessa colorata analisi, pubblicò, il 2 aprile il video del sorteggio arbitrale, un déjà vu (con l’unica differenza che stavolta ci è stato risparmiato il pezzo di accompagnamento di Fulvio Bufi); stavolta l’attore era Daniel Bravo, meteora del Parma 1996/97, secondo il quale quel Parma-Juve del 18 maggio 1997 finita con una salomonico pareggio sarebbe stato frutto di combine. Inutile dire che c’è stato addirittura chi, nella fattispecie Giovanni Capuano su panorama.it, richiamandosi al dettato abetiano dell’etica che non va in prescrizione (sì, non ridete, ha detto proprio così: “Se vale il principio dell’etica che ‘non cade in prescrizione’ come vuole Abete l’approfondimento è d’obbligo"), invoca l’apertura di un fascicolo postumo sulla vicenda. Strano che il corriere non abbia poi citato, nemmeno di striscio, la smentita del bianconero Nicola Amoruso, che quella partita (a differenza del panchinaro Bravo) la giocò, mettendo dentro anche il rigore concesso, forse un po’ generosamente, dall’arbitro di calcio e pallanuoto.

Questa, a grandi linee, l’aria che tira, prendendo in considerazione solo i macroeventi mediatici, e non l’innumerevole serie di punzecchiature, le invettive alla Ziliani e via discorrendo.
Ci aspetta un’estate in cui, anche quando saremo stesi al sole, dovremo stare con tutti e sei (il sesto diventa fondamentale, a questo punto) sensi all’erta, non solo per scoprire se Marotta ci avrà regalato lo strombettato top player con le stimmate del bravo ragazzo, ma anche per sventolare i nostri bei cartellini rossi sul naso di chi cercherà di sgambettare la Vecchia Signora.

 

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