"Che diamine...?" cominciava Renzo, alzando anche lui le mani verso la donna; ma questa, perduta la speranza di poterlo far cogliere all'improvviso, lasciò scappare il grido che aveva rattenuto fin allora: "l'untore! dàgli! dàgli! dàgli all'untore!"
"Chi? io! ah strega bugiarda! sta' zitta," gridò Renzo; e fece un salto verso di lei, per impaurirla e farla chetare. Ma s'avvide subito, che aveva bisogno piuttosto di pensare ai casi suoi. Allo strillar della vecchia, accorreva gente di qua e di là; non la folla che, in un caso simile, sarebbe stata, tre mesi prima; ma piú che abbastanza per poter fare d'un uomo solo quel che volessero. Nello stesso tempo, s'aprì di nuovo la finestra, e quella medesima sgarbata di prima ci s'affacciò questa volta, e gridava anche lei: "pigliatelo, pigliatelo; che dev'essere uno di que' birboni che vanno in giro a unger le porte de' galantuomini."
Un tale in Francia, ex calciatore del Parma, commentando gli Europei di calcio, per parlar male dell'Italia e degli italiani si lascia andare a un commento degno delle lavandaie che Manzoni descrive intente a lavare i panni in darsena. 'Sa, signore mio, io degli Italiani ne so qualcosa, pensi che un giorno durante una partita decisiva per il Parma, era il campionato 1996/97, parlando con i miei compagni scopro che han deciso di accontentarsi del pareggio. Io li ho sollecitati a vincer ma loro non ha sentito ragione'. E queste dichiarazioni son state subito riprese dai giornali Italiani e non certo per bacchettare il tizio che ha sbeffeggiato l'Italia e gli Italiani. Ma per individuare l'untore: la Juventus. Che poi sarebbe bastato andare a rivedere anzitutto la classifica di quel campionato e poi ripescare i commenti nei propri archivi per accorgersi che quella fu partita vera nel primo tempo, mentre nel secondo prevalse il comune interesse nel pareggiare e non si giocò. Certamente non un bello spettacolo, ma da qui a sostenere che la partita fu combinata ce ne corre. Anche perché le due squadre avevano interesse a fare punti: la Juve per vincere lo scudetto il Parma per conquistare la CL. Juventus-Parma si giocò il 18 maggio 1997 era la 32sima giornata di campionato. La classifica recitava: Juventus 62, Parma 56, Inter 54. Alla fine del campionato, dopo quella gara, mancavano solo altre due partite a testa: 6 punti il bottino massimo. Ed il Parma dava ormai per perso lo scudetto, ma doveva guardarsi le spalle dall'Inter per assicurarsi il secondo posto disponibile per la Champions League. Il Parma si era convinto d'aver perso lo scudetto la partita precedente, giocata appena tre giorni prima contro il Milan e finita in parità. La Juventus passò da +4 a +6 e l'Inter accorciò le distanze da -4 a -2. Logico che il Parma giocasse questa partita guardando con più attenzione a chi stava dietro che a chi gli era davanti. I commenti, dicevamo, sono univoci: nel primo tempo partita vera, nel secondo accordo tacito e divisione della posta.
Ecco cosa scrisse Ludovico Maradei sulla Gazzetta:
'La ragion di stato è prevalsa e ha fatto scempio dei diritti del pubblico pagante (anche quello in pay per view), del desiderio di tanti di vedere una gran bella partita, visto che erano in campo le prime della classe. La ragion di stato della Juve era ben più consistente di quella del Parma dato che si trattava di mettere al sicuro uno scudetto, ma anche dall'altra parte c'era uguale interesse a congelare la partita sul pari. E così, dopo un primo tempo non bellissimo e che nel finale aveva regalato le due emozioni dei gol, nella ripresa non si è più giocato. Una non belligeranza assoluta, una melina gigantesca con le due squadre schierate una di fronte all'altra che appena conquistavano il pallone si preoccupavano soltanto di perderlo il più tardi possibile. Pochissimi falli, nessun tiro in porta. Il nulla praticamente. Ci eravamo disabituati a episodi del genere che, fino a quando non è stata introdotta la formula dei tre punti a vittoria, flagellavano le fasi finali di ogni campionato. Coincidenza d'interessi nella divisione dei punti e peggio per i terzi interessati. Comportamento magari riprovevole sul piano sportivo, ma non su quello regolamentare perché non c'è intesa preventiva, nasce spontanea sul campo'.
Carlo Grandini sul 'Corriere della sera' scrisse:
L'Avvocato s'è allontanato dicendo "la partita non è finita e non è finito neppure il campionato. Il primo tempo mi è piaciuto. Il secondo è stato patetico, francamente patetico. La festa dello scudetto è rinviata. Ma è da un secolo che di feste ne facciamo tante...". L'Avvocato certo intendeva non drammatizzare, ma quel "francamente patetico" lo aveva pronunciato abbozzando un sorriso tagliente, di elegante disapprovazione e di evidente condanna. Il dottor Umberto si è presentato ai giornalisti poco dopo. "Un primo tempo bellissimo. Poi il pareggio è stato difeso dalle due squadre. Il che non mi è parso davvero un gran bel gioco".
Stefano Agresti sempre sul 'Corriere della sera' scrisse:
'Discussioni ieri, polemiche giovedì. Forse che al Parma tira aria pesante? La teoria del lamento potrebbe servire a mascherare eventuali bocciature in fotofinish (leggi esclusione dalla Champions League a beneficio dell'Inter). "Un rigore contro ci può stare. Quello che non ci sta è che, dopo i fatti di Bergamo, siamo presi di mira dagli arbitri. Ma è inutile alimentare polemiche. Il Parma è un club civile. Si arrabbia ma dimentica in fretta. E poi rendiamo merito alla Juve: lo scudetto se l'è guadagnato. Il nostro traguardo resta il secondo posto". Ed è proprio in quest'ottica che il Parma ha rinunciato a giocare una partita intera, unendosi alla Juve in una ripresa di calcio che, per servirci di un eufemismo, definiremo accademico. "Abbiamo cercato di limitare i danni. Il pareggio stava bene a tutti - osserva Ancelotti -. Nel calcio succede". Amen'.
Ma oggi quanto scritto all'epoca passa in secondo piano, così come sembra non contare affatto la classifica: tutto spazzato dalle dichiarazioni di un francese che è stato una meteora nel calcio italiano, e che dopo 15 anni racconta una storiella per dare un senso alla sua ospitata televisiva. Come se il Parma in quella partita avesse regalato lo scudetto alla Juventus e non semplicemente guardato al suo principale obiettivo: entrare in Champions League ed assicurarsi una buona fetta di fatturato per l'anno successivo.
Non troppo Bravo
- Dettagli
- By Giuseppe Rombolà