Andrea Monti, nel suo editoriale sulla Gazzetta (“Tifosi, giocatori e tecnici: il calcio è contagiato dallo spirito ultrà) lancia un’invettiva contro il mondo del calcio afflitto, a suo dire, da un male oscuro che lo sta divorando. E ne identifica con chiarezza gli untori: “Inedite pazzie di tifosi, giocatori e tecnici si aggiungono alle consuete baruffe tra presidenti”. Per carità, ci sta anche. Abbiamo assistito tutti con raccapriccio allo scempio di Genova, dove individui che con lo sport, quello vero, quasi nulla hanno a che fare, e hanno pure l’impudenza di affermare di voler difendere una maglia, hanno tenuto sotto scacco una partita (e il pomeriggio di tanti sportivi veri), tra l’assurda, inconcepibile impotenza del mondo del calcio e della società civile: e il peggio è che se la caveranno con qualche buffetto.
Abbiamo assistito all’ennesimo show dei tifosi romanisti, che si ergono a tribunale in campo della loro squadra (e possiamo capire che Luis Enrique non aspetti altro che il momento di salutare, lasciando a Baldini il compito di un ennesimo ribaltone).
Abbiamo assistito al grottesco finale di partita di Udine, dove davvero salvare qualcuno e qualcosa sembra fatica sprecata.
Non tralascerei anche la telenovela milanista sul goal di Muntari, con Galliani che lo porta sul telefonino: quando invece la realtà dimostra che a cambiare le sorti di un campionato può bastare uno scivolone di Buffon, errore altrettanto umano quanto la svista di Romagnoli (ammesso, e non affatto concesso, che abbia deciso la partita).
E, dulcis in fundo, la scazzottata rifilata da quel sant’uomo di Delio Rossi al ragazzino presuntuoso e villano che gli contestava la sacrosanta sostituzione: che gli siano girate all’inverosimile è normale presupporlo, tuttavia il suo ruolo gli imponeva un diverso contegno; anche se l’errore, suo e non solo, del ragazzo e non solo, non è solo in quel frangente, è a monte e non è solo loro: perché lì non si doveva arrivare.
Ma in realtà, se vogliamo andare a monte a monte, il peggio sta proprio in chi sarebbe deputato a governare questo mondo del calcio: però l’errore tragico e marchiano commesso con Calciopoli ha nuociuto gravemente alla salute dell’intero sistema.
E tuttavia, tra tanti spunti corretti, Andrea Monti compie un errore di omissione, quando tralascia di citare tra gli untori giornalisti e opinionisti: eppure era stato proprio lui a dire che avevano il compito di orientare l’opinione pubblica, e che si trattava si un impegno serissimo. Anche la categoria dei media (eviterei di parlare di informazione, perché l’informazione è neutra, non orienta, non cerca di plasmare le coscienze, presenta i dati di fatto che ciascuno poi autonomamente rielabora) invece ha spesso e volentieri indossato la divisa da ultrà. Non si può citare un pezzo, perché si farebbe torto a tanti altri, ma basta dare un’occhiata alla carta stampata (la può reperire facilmente anche sul bancone dei gelati), o a tanti siti e blog che popolano Internet: e si leggono accenti da ultrà da mettere i brividi. Per non parlare poi degli opinionisti (di vario genere e caratura) che impazzano in Tv e che alle parole, già di per sé accese, aggiungono toni, prossemica e gestualità che non solo orientano, addirittura aizzano lo spirto guerrier che alberga in fondo all’animo di ogni tifoso. E allargando ancora la cornice mediatica si arriva alle telecronache faziose: che ci potrebbero stare se faziosità volesse dire guardare la partita con l’occhio del tifoso, ma del tifoso punto e basta, non del tifoso becero propenso non tanto a gioire per il goal dei propri beniamini quando ad insultare con disprezzo giocatori e tecnici delle antagoniste.
Questa categoria, per tanti altri versi benemerita, ha fatto le prove generali con Farsopoli, sono riuscite a meraviglia (proprio nel senso della Farsa, s’intende) e adesso fa buona compagnia a tifosi, giocatori, tecnici e alte gerarchie (perché, non dimentichiamocelo, il pesce puzza sempre dalla testa) a trasformare il mondo del calcio (alla cui mangiatoia peraltro si nutre) in un mondo di ultrà, che blatera di maglie (in basso) e di etica (ai piani alti), ma evita di affrontarne i problemi veri;: perché la patologia di cui parla il dottor Monti forse, sì, è ancora curabile, ma servono il bisturi e il coraggio di usarlo fino in fondo, asportando le parti davvero malate: Con i placebo non si risolve nulla.
twitter: @carmenvanetti1