Cari giornalisti,
questa lettera è per Voi.
Non Vi spaventate, non voglio parlarVi di Inter. Per usare una frase famosa: “Non ci interessa”. Quindi niente Nucini e niente Coppola, niente Auricchio-che si incontra con Narducci-che si incontra con Moratti, nessuno scudetto di cartone, nessun Gagg e nessun Giacinto. Lascerò in pace Guido Rossi (già consigliere interista poi presidente Telecom e consulente Fiat) e il suo vice Paolo Nicoletti, ex avvocato di Inter e di Saras. A riposo il tenente colonnello Maurizio D’Andrea, secondo di Borrelli ai tempi delle “indagini” e chiamato poi in Telecom a sedersi sullo scranno che fu di Tavaroli. A casa in pantofole l’altro braccio destro borrelliano, quel Marco Stefanini, ex capo ufficio legale dello Spezia Calcio (già a partecipazione morattiana e a presidenza Paolillo). Immagino che su tutto questo, e su molto altro, stiate già preparando qualcosa di sostanzioso. Inchieste, interviste, libri, approfondimenti. L’argomento è interessantissimo ma lo lascio a voi, che di mestiere avete quello di informare.
Non temete, non voglio parlarvi nemmeno di Chievo, Brescia, Cagliari, Livorno e tutte le altre società lasciate fuori dal pentolone intercettatorio, né desidero inoltrarmi nella questione dei baffi rossi che, immagino, starete già vagliando all’interno delle Vostre stimatissime redazioni.
Non mi dilungherò sull’Arezzo che, come certamente saprete, sta già facendo i suoi conti, così come il povero Titomanlio e tutti gli altri arbitri coinvolti ingiustamente in questa baraonda.
Infine, prometto (per quanto possibile, ma sarà dura) di non parlare di Milan e del randagio Meani. In fondo, l'ultima telefonata del ristoratore con Massimo De Santis è talmente sugosa che in questo momento sarà certamente sotto la Vostra solertissima lente di ingrandimento.
Niente di tutto questo, quindi. In realtà Vi scrivo per un preciso motivo. Mi duole dirlo, soprattutto a Voi, sempre attenti ai Vostri doveri (come Codice deontologico prescrive), ininterrottamente precisi e puntuali nel mettere in risalto ogni singolo dettaglio che possa servire a scagionare chi – come Vi è certamente noto – non è colpevole fino a terzo e definitivo grado di giudizio. L’impressione, mi duole doppiamente dirlo, è che siate un po’ deboli sulla Juve.
D'altra parte, mi rendo conto che restare alla pari con tutto quello che è accaduto nei dibattimenti del processo penale in corso Napoli (dei quali avete riportato minuziosa et puntualissima cronaca) è stata un’impresa davvero difficile e il rischio di fare confusione è assai concreto. Ma proprio in virtù di questo Vi scrivo, e Vi propongo questo umilissimo memorandum che, auspico, Vi tornerà utile per ritrovarVi stimolati da nuovo vigore nell’eterna battaglia per la verità.
Partiamo dalla Gea: condizionava il mercato? Associazione a delinquere? Mostri usciti dalla penna di Lovecraft? Niente di tutto questo. La sentenza d’appello ha confermato la non esistenza di questa associazione e ha ridotto il tutto ad una condanna minore, violenza privata per cui rispondono in singolo Moggi padre e figlio. Ma, e mi sembra superfluo ricordarVelo, manca ancora l’ultimo grado di giudizio, per cui attendiamo fiduciosi l’esito finale di questo procedimento.
Condanna a Giraudo nel rito abbreviato? Vera, ma (perdonatemi, so di essere pedante) siamo solo al primo grado di giudizio, quindi niente valutazioni affrettate. E poi tutti sanno che la sentenza di De Gregorio è unicamente basata sulle informative di quel pasticcione di Auricchio. Documentazioni che, lo stiamo apprendendo proprio in questi giorni, facevano acqua da tutte le parti (cd che non si aprono, brogliacci mal-brogliacciati, telefonate omesse, indagini sui tabellini della Gazzetta, errori di compilazione, risultati invertiti, ecc…). Su questo, insomma, io starei molto cauto (pssst… Cassarà e Gabriele, sospettati di essere in possesso di schede svizzere, sono stati assolti. Lo so, lo so, sono pignolo…).
Visto che ci siamo, passiamo alle sentenze sportive del 2006. Come saprete, non ne hanno beccata una. Provo quasi vergogna a parlarVi della ridicola accusa sul taroccamento dei sorteggi, dal momento che eravate proprio Voi, valorosissimi professionisti, ad estrarre la pallina contenente il nome dell’arbitro. Al riguardo vi fu persino un comunicato dell’Ussi (firmato dal Vostro illustrissimo collega Luigi Ferrajolo) che spazzò via ogni dubbio al riguardo, per tacere di tutti coloro che hanno deposto in aula a Napoli, notai compresi.
In tema di ridicolaggini è forse superfluo che Vi parli di quella storia secondo la quale Big Luciano conosceva in anticipo le designazioni degli arbitri: Moggi viene avvisato dalla segretaria alle 11.53, ma sull’Ansa la notizia era apparsa alle 11.21… E pensare che c’era chi, come Cellino e Meani, le sapeva ancora prima. O chi, come Facchetti, addirittura il giorno precedente. Ma sono cose note, che Ve lo dico a fare?
Poi ci sarebbe la questione delle ammonizioni mirate, ma credo Vi ricordiate tutti come già nella sentenza Ruperto si affermasse che, in merito alla gara Fiorentina-Bologna, il De Santis avesse “fatto corretto uso dei propri poteri sanzionatori, irrogando ammonizioni dovute”. Senza dimenticare quella telefonata con Tony Damascelli nella quale Moggi scende dal pero allorché il giornalista lo informa su chi siano i calciatori felsinei che, in seguito a tali ammonizioni, sarebbero stati squalificati.
Lasciamo poi perdere il “rapporto privilegiato ed esclusivo” tra Luciano Moggi e i designatori (motivazione che ha portato alla revoca dei due scudetti), dato che anche un orbo del Belucistan ormai sa che con Bergamo e Pairetto ci parlavano tutti ed era persino una pratica consigliata dalla Federcalcio stessa (ricorderete la circolare consegnata a tutte le società e la rubrica che i designatori tenevano addirittura sulla Gazzetta). Per non parlare del risibile capo d’imputazione riguardante la cena tra Bergamo, Giraudo e Moggi, avvenuta in quel di Livorno ma a campionato già finito e a scudetto assegnato. Come sapete erano altri ad incontrarsi in cene conviviali a torneo in corso ed altri ancora a organizzare incontri in certi ristoranti nel giorno di chiusura.
E poi, che dire di questo scudetto 2005/06, se non che dovrebbe tornare al suo legittimo proprietario, dal momento che quella stagione non fu nemmeno oggetto di indagini e che i designatori erano stati cambiati?
E il caso Paparesta? Qua non Vi prendo in castagna. Voi giornalisti siete troppo informati: già sapete che la Procura di Reggio Calabria ha archiviato il caso perché “il fatto non sussiste” e siete ovviamente a conoscenza di come certe telefonate scagionanti tra l’arbitro barese e Pairetto siano state malandrinamente sottaciute.
Insomma, inutile che Vi dica che nell’arco di un anno e di oltre centomila intercettazioni (roba che neanche i camorristi, ma credo che qualcuno di Voi lo abbia già fatto notare) la cosa più grave uscita su Luciano Moggi è stata un confronto di griglie (che nemmeno va a buon fine, mica come quei diavolacci di Meani e Facchetti che chiedono e ottengono).
A dire il vero, qualcuno ancora obietta che gli arbitri che favorivano la Juve venivano avvantaggiati mentre quelli che la danneggiavano andavano incontro a punizioni dantesche. Lo so che lo sapete, ma è sempre bene ricordare che Paparesta, dopo il disastro di Reggina-Juventus, ebbe a scontare il purgatorio minimo di un turno in B, mentre Racalbuto che aveva secondo l’opinione di molti favorito i bianconeri contro la Roma venne fermato per otto turni.
Non rimane altro che le schede svizzere, ma anche qua il quadro è più ambiguo che mai: celle che si attivano con arbitri da tutt’altra parte, (presunti) proprietari all’estero e schede che rispondono in Italia, indagini fatte a posteriori invece che intercettare direttamente (e si poteva, Bergamo e Pairetto lo furono ma non vi fu alcuna risultanza, Bronzetti parlava con Moggi attraverso una scheda spagnola…), nessuna perquisizione agli arbitri “interessati”, media punti Juventus inferiore con gli “svizzeri” che con i senza-scheda, nessuna indagine sugli IMEI dei telefoni, nessun mezzo tecnologico ma specchietti compilati manualmente e a posteriori. E, dato che questo argomento è stato oggetto di dibattimento a Napoli, attenderei a parlarne prima del pronunciamento di una sentenza. Però una considerazione (anche se è vecchia e nelle redazioni gira già da molto tempo) voglio farVela ugualmente: immaginate se avessero intercettato queste schede e avessero appurato che le conversazioni tra Moggi e questi arbitri erano uguali a quelle di Meani. Che cosa avrebbero fatto alla Juve? Otto punti di penalità e accesso in Champions League!
Insomma, cari giornalisti, so di non aver aggiunto nulla di nuovo. Altri consigli non Vi posso dare, anche se il mio eccesso di zelo - chiedo venia - mi spinge a suggerirVi ulteriore spunto per qualcuno dei Vostri futuri dettagliatissimi et efficientissimi articoli. Avete notato una cosa curiosa? Rifletteteci bene: tutte le accuse mosse a Moggi altro non sono che ribaltamenti verso di lui di comportamenti adottati da altri. Un po' come quando pensi male di una persona e la accusi di pensare male di te. Si insinua che Lucianone volesse far slittare la giornata di campionato, ma in realtà a farlo è Galliani (al telefono con Meani “Allora abbiamo slittato, giochiamo sabato alle 20.30, anzi alle 18 col Brescia, poi domenica andiamo Siena […] Ma secondo lei io dormo?”).
Le ammonizioni mirate le inventa Meani (“Due diffidati, due impallinati. Pum pum”) e sempre lui ci ricama sopra (chiede a De Santis di non ammonire Nesta, diffidato, in vista di Milan-Juve).
Le cene coi designatori altro non sono che la replica sbiadita dell’incontro “in giorno di chiusura” tra Collina (arbitro in attività) e Galliani, o di quella organizzata da Meani con il guardalinee Contini per festeggiare la sua designazione per Milan-Brescia.
L’interferenza sulle griglie è lo specchio annacquato dell’invito facchettiano a non fare i sorteggi o della sua richiesta per il “numero uno degli arbitri”, o del vantarsi da parte del sempiterno Meani sul suo potere in materia di designazioni (cfr.deposizione di Copelli a Borrelli del 13 maggio 2006: “Se un assistente avesse voluto arbitrare un incontro del Milan non si doveva rivolgere ai designatori, ma a Meani”, Meani al telefono con Babini: “C’è mezza Can che mi telefona: “ma li hai designati tu quei due lì?”). Il controllo sui media riconduce sempre all’immarcescibile ristoratore di Lodi (con Rodomonti: “Ti ho fatto prendere sette e mezzo da Cecere”, con De Santis: “i nostri giornalisti... tutto l'ambiente è lì che ti aspetta, che se viene fuori una cosina su Nesta ti ammazza”).
Il resto potete semplicissimamente trovarlo Voi, che siete espertissimi et navigatissimi in questo tipo di indagini.
Vi saluto caramente e spero di non averVi annoiato troppo.
Come sempre, buon lavoro.
Lettera aperta ai giornalisti
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