Marzo 1972.
Un’aula, la scuola, la maestra: sono le 8.30 tutti seduti al banco, tutti in fila per tre, mi verrebbe da dire. Sono le 8.40 e ne manca uno. Alle 8.50 ancora non arriva. Alle 9.10 arriva e si giustifica “Maestra, ho perso l’autobus per un secondo”. La maestra gli risponde “Ma come? Quaranta minuti…”. Enrico, dopo una breve esitazione, insiste “Ma mi è anche uscito il sangue dal naso e poi mia nonna si è sentita male”.
Ecco, i signori pm di Napoli, Beatrice e Narducci, ed i loro accoliti gazzettari-palombari mi hanno ricordato quel vecchio episodio riposto in qualche angolo della mia memoria. Come dire: non basta una prova? Allora te ne do due e se non bastano due te ne do pure tre, e così via. Non sono prove? Che importa?
Le "pistole fumanti", le chiamano così.
Bene, partiamo dalla prima "pistola fumante", la ben nota telefonata Moggi – Bergamo: si sbracciano in tivvù per dirci che la cosa costituisce illecito sportivo. Poi arriva Palazzi, non il giudice ma addirittura l’accusa, a chiedere la semplice slealtà sportiva per quella circostanza. I palombari non si perdono d’animo: c’è il sequestro di persona. Eccola la pistola fumante. Poi si fa loro notare che non si truccano le partite dopo che queste sono finite ed allora, dopo una breve esitazione, pomposamente ci annunciano: ”Sì ma i sorteggi sono truccati”.
No, nooo?! Non è vero neanche questo? E allora, allora … ci sono le ammonizioni mirate. Come no?! Neanche questo? Allora come si fa?!
E siamo alla chiusura della prima fase, quella del processo sportivo, fase che si chiude come ben sappiamo con la condanna della Juventus sulla base delle pistole ad acqua che si spacciano per fumanti di cui sopra.
Poi ad aprile 2007, ecco che lo scenario si fa più variopinto, arrivano finalmente le "pistole fumanti pesanti", quelle che devono zittire tutti e legittimare le sentenze di Farsopoli: è il momento delle schede svizzere. Ci viene comunicato che Moggi telefonava a Bertini 42 volte prima di Juventus - Milan, mentre l’affermazione corretta sarebbe stata: qualcuno che potrebbe essere Moggi telefona a qualcuno che potrebbe essere Bertini prima di Juventus – Milan. Niente, non convincono, niente da fare neanche stavolta. Buca ancora una volta.
Allora, ecco la svolta: arriva un tipo, da anni in contenzioso con la Juventus, che dice che in un passato non meglio precisato sono stati fatti dei regali di cui non è ben nota la natura a non si sa bene chi. Il tutto è talmente scioccante e dettagliato che per non ferire la suscettibilità del lettore (in questo caso dell’ex glorioso “La Repubblica”) viene messo al condizionale; questa volta non servono obiezioni, è lo stesso giornalista che aveva pubblicato la pistola fumante ad autoeclissarsi.
E finalmente arriviamo ad oggi, al “sabato grottesco”: Paparesta ammette, no, Paparesta smentisce, no, Paparesta dice ... e le "nuove intercettazioni". In mattinata tutti i quotidiani online avevano pubblicato la notizia che Paparesta, interrogato ieri sul filo di lana, avrebbe ammesso di aver ricevuto una sim svizzera da Moggi. Peccato per loro che Paparesta smentisca la notizia dopo averla letta. Una regola elementare del gionalismo vuole che le informazioni vadano verificate prima della pubblicazione: si poteva/doveva sentire Paparesta prima di pubblicare una cosa inesatta. Questo però deve essere sembrato superfluo a chi più che informare "fa il tifo" per una sola parte in causa: i PM. Per tutta la giornata è stata una grottesca correzione dei primi articoli pubblicati, un rincorrersi di cancella e riscrivi per quasi tutti i siti di informazione, tranne qualcuno che non voleva arrendersi all'evidenza della dichiarazione dell'arbitro barese.
Il "sabato nero" dell'informazione.
Non entro nel dettaglio perché immagino che miei colleghi di battaglia lo abbiano già fatto e meglio di me, vorrei solo qui mettere in risalto che siamo di fronte ad un’accozzaglia di cantastorie che non avendo niente di meglio da fare, dopo avere trovato sette, otto, nove, non so più, ho perso il conto, si affannano a cercare la decima pistola fumante: entrano in scena "le intercettazioni del dopocupola". Che colpo di teatro, signori!
Con voi mi chiedo: ma come? Se si parlava, nel maggio scorso, di associazione a delinquere avrebbe dovuto esserci, già allora, la pistola fumante che provava la colpa. Ma chi (se si chiami A, X o Y chissà se lo sapremo mai) ha "passato" ai media le intercettazioni non avrebbe passato giusto la prova della pistola fumante? Se ci fosse stata non sarebbe stata la prova che tagliava la testa a tante illazioni?
Avrebbe dovuto già esserci la pistola con la canna calda! Ma allora perchè con 100.000 intercettazioni, con una sfilza innumerevole di pistole fumanti si sente l’esigenza di fare altre intercettazioni? Viene facile ipotizzare che forse non c'era nessuna arma del delitto e che andava ancora trovata. Ma come, Moggi che ad un certo punto decide di avvalersi di schede non intercettabili per paura di essere intercettato, Moggi che viene a conoscenza di essere stato oggetto di 100.000 intercettazioni, Moggi che si vede la carriera stroncata al telefono, si metterebbe a fare rivelazioni per telefono DOPO che la cupola è stata smantellata?
Quello che non è stato trovato come "prova sicura" in 100.000 telefonate intercettate, per un anno intero, con il "presunto" capocupola al potere, viene cercato quando il "grumo di potere è stato smantellato", come disse giorni fa Narducci?
Queste domande, che si pongono gli uomini comuni, non sfiorano la mente dei "bravi giornalisti".
Se si cerca dopo, viene da pensare che, prima, non si era trovata una prova "inconfutabile". Ma, allora, quella associazione a delinquere di cui si parlava a maggio 2006 aveva ancora bisogno di trovare la sua pistola fumante e forse, verrebbe da ipotizzare, anche il "corpo del reato":
Prima pensavo che questi signori avessero poca roba in mano, ora sono quasi sicuro che hanno niente e, siccome devono giustificarsi con la maestra, sono costretti ad arrangiarsi aggrappandosi al fatto "che gli è uscito il sangue dal naso" … che diventa la pistola fumante!