Come folgorati sulla via di Manchester, opinionisti e commentatori tv hanno scoperto all'improvviso che il calcio nostrano è in crisi. Non è stato solo il Milan a uscire umiliato dalla sfida di Champions, questo il senso di pistolotti ed editoriali, ma il nostro sistema calcio in generale, per il quale adesso si sprecano pianti e rimpianti.
Sarebbe facile per noi di ju29ro.com dire che di quella crisi stiamo scrivendo da almeno tre anni e mettere alla berlina editorialisti e commentatori: basterebbe rimandarli alle nostre cronache aziendali, ma è un esercizio che non ci piace; preferiamo, invece, riflettere su questa improvvisa conversione, raccogliendo qualche lacrima tra le tante che arrivano copiose da ogni dove.
L'opinionista che versa quelle più calde è sicuramente Mario Sconcerti, con due interventi sul Corriere, il primo per dire che il nostro calcio è ormai al livello di quello greco e il secondo per elencare i cinque motivi del disastro, da lui così individuati: gli ingaggi elevati per colpa delle grandi società straniere; i deficit di bilancio alla lunga insostenibili anche per Berlusconi e Moratti; i pochi giocatori italiani di livello internazionale maturati negli ultimi anni; i vivai trascurati dalle squadre minori; la cancellazione (testuale!) della Juve nell'estate 2006.
Riprendiamo lo spunto sulla scomparsa della Juve perché Sconcerti ne esamina le conseguenze tecniche, osservando che è stata smaterializzata la società che da ottant'anni funzionava da riferimento comune: pertanto a tutte le squadre è mancato il vero avversario e ciò ha portato a non investire, a sottovalutare il rendimento. Osservazioni più o meno condivisibili, ma che trascurano gli aspetti gestionali del sistema calcio. Il fatto è, cari convertiti dell'ultima ora, che la Juve non solo era un riferimento per quanto esprimeva sul campo, ma avrebbe dovuto esserlo per la sua gestione, gestione che finiva per esaltare i risultati sportivi.
Sconcerti non può far finta di dimenticare, infatti, che la Juve di Giraudo non ha avuto bisogno di far ricorso alla legge spalma-perdite, inventata per consentire di tenere in piedi bilanci impresentabili come quelli di Inter, Milan e Roma; la Juve di Giraudo non ha fatto finta di vendere il marchio per realizzare plusvalenze a tavolino come il Milan, l'Inter e compagnia cantante; la Juve dell'era Giraudo non ha mai chiesto una lira/euro ai suoi proprietari. Quella Juve, torniamo a dire, doveva fare da riferimento per tutti (anche per gli opinionisti, peccato che fossero troppo presi con le moviole); ma è evidente che sarebbe stato un riferimento troppo impegnativo, è stato più facile per tutti cancellarla, salvo adesso piangere come i coccodrilli.
Mentre Sconcerti parla di disastro e rimpiange la cancellazione della Juve, Fulvio Bianchi, su repubblica.it, scrive di declino e cita tra le cause il fair play finanziario dell'Uefa. E' un riferimento importante e verosimilmente collegato anche all'opera di sensibilizzazione che ju29ro.com ha portato avanti sui bilanci insostenibili (e non solo) di quasi tutte le nostre società, ma che a nostro avviso va diversamente esplicitato: le intenzioni annunciate da Platini e le misure ancora in fase di studio non spiegano il declino che già c'è stato, semmai prefigurano il suo definitivo completamento in prospettiva col nostro calcio, il nuovo calcio pulito secondo Petrucci, Abete e Matarrese, quello che nelle prossime graduatorie tecniche Uefa sarà superato da quello tedesco, retrocesso al quarto posto in Europa; e la squadra che da quattro anni spadroneggia in campionato ogni anno brucia 100-150 milioni di euro e periodicamente deve ricorrere ad artifici contabili, segnalati dalla stampa specializzata, ma che lasciano indifferenti la Covisoc e la Procura Federale.
La prospettiva del fair play finanziario e i controlli di bilancio non più demandati agli organismi nazionali dovrebbero adesso indurre opinionisti e commentatori tv ad occuparsi proprio di bilanci, perché non solo siamo retrocessi al quarto posto in Europa quanto a risultati tecnici ma abbiamo anche, nonostante la retorica gazzettara dica il contrario, un sistema calcio economicamente più sgangherato e insostenibile rispetto ai principali competitori europei.
Negli altri Paesi l'argomento è dibattuto a livello istituzionale e vengono varate misure correttive; invece la Figc tace e al bar sport continua a girare la barzelletta (la raccontavano anche i telecronisti durante Manchester-Milan) che il calcio inglese è in rosso e il nostro no. Col rischio che tra due-tre anni l'Uefa ci neghi qualche licenza per le competizioni europee: e magari a quel punto scorreranno nuovamente tante lacrime di coccodrillo.
Disastro, declino e lacrime di coccodrillo
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