I miasmi della Telecom continuano ad ammorbare la vita politica ed economica italiana. Sembra un destino ineludibile questo, sebbene i tentativi di mettere una pietra tombale sulla gestione aziendale di Tronchetti Provera non manchino. Come altro interpretare, per esempio, la copertura con il segreto di Stato sui rapporti tra i servizi segreti italiani e la security deviata della Telecom?
Eppure il pozzo nero sembra più profondo di quanto gli osservatori, i politici e forse anche i giudici immaginassero. Infatti, se si chiude (o si prova a chiudere) un fronte, immediatamente se ne apre un altro. Ora è la gestione fiscale della società Telecom Sparkle ad essere sotto accusa per una presunta frode al fisco di svariate centinaia di milioni di euro. L'epoca nella quale sono avvenuti i fatti oggetto di contestazione è quella in cui comandava Tronchetti Provera.
Strana storia questa, dove le accuse della Procura non si limitano alla comunque gravissima frode fiscale, ma si estendono anche a contestare rapporti con mafia e 'ndrangheta asseritamente finalizzati al riciclaggio di danaro di provenienza illecita.
Non è di nostro interesse raccontarvi nei dettagli questa storia, del resto per chi vuole approfondire gli articoli di stampa sulla materia non mancano.
Quello che ci interessa focalizzare è l'ennesimo punto di contatto esistente tra i protagonisti dello scandalo di Calciopoli e i miasmi della Telecom. Abbiamo già raccontato in più occasioni come i Tavaroli boys si siano interessati illegalmente dei fatti e dei personaggi del mondo del calcio. A finire spiati e dossierati furono in tanti, dall'allora Presidente della Figc Franco Carraro alle figlie del banchiere Geronzi (legate alla Figc e alla Gea), fino ad alcuni esponenti dell'Aia (De Santis e Bergamo per esempio) e ad alcuni dirigenti (Moggi e Fabiani).
Non si può non notare poi che buona parte dei dossierati sono finiti a vario titolo nel gorgo delle inchieste Calciopoli e Gea. E' sicuramente una coincidenza, ma ricordiamo che l'allora Presidente della Telecom fu costretto ad ammettere di fronte ad un giudice che, a sua insaputa, era stata messa in moto una “macchina spropositata” nel mondo del calcio.
E sempre a proposito di coincidenze ora ne viene fuori un'altra, tutta da indagare se gli inquirenti avranno tempo e modo di approfondire.
Tra gli arrestati della nuova inchiesta vi è un Maggiore della Guardia di Finanza, Luca Berriola. L'ufficiale è sotto inchiesta per una presunta tentata estorsione ai danni dell'ex Presidente dell'Ancona Calcio Ermanno Pieroni. Secondo la tesi dell'accusa, Berriola avrebbe prima sottratto indebitamente al Pieroni una pen drive dove era annotata la contabilità “nera” dell'Ancona, e successivamente avrebbe tentato un'estorsione verso il Presidente. Per la verità, non è dato sapere in cosa questa estorsione sarebbe consistita, ma ciò che inquieta è un altro fatto: Pieroni è uno dei grandi accusatori dei processi Gea e Calciopoli.
Ora, la coincidenza appare straordinaria: secondo la tesi accusatoria, apparati deviati (?) della Telecom avrebbero indagato e dossierato persone finite successivamente nelle inchieste di Calciopoli e, allo stesso tempo, persone gravitanti (a titolo illecito secondo i magistrati) in quel sottobosco legato alla Telecom avrebbero compiuto estorsioni nei confronti di testimoni dell'inchiesta di Calciopoli. Straordinario.
Altra coincidenza. Secondo un articolo di Vittorio Malagutti per L'Espresso di questa settimana, la Ikon, società di Fabio Ghioni, capo del Tiger Team e alle dirette dipendenze di Tavaroli, avrebbe venduto le sue tecnologie per lo spionaggio ad una società, la Digint, di quel Gennaro Mokbel che secondo i magistrati romani sarebbe uno dei capi dell'associazione criminale dedita al riciclaggio e alla frode fiscale.
Sarebbe molto interessante poter verificare se anche la contabilità "nera" dell'Ancona di Pieroni sia finita nei dossier sul mondo del calcio della security Telecom; peccato che il Parlamento la scorsa legislatura abbia in fretta e furia approvato una legge che vieta la divulgazione di questi dossier e ne impone addirittura la distruzione.
Caso Telecom: l'accusatore Pieroni e il Maggiore
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