L'altra sera mi è capitato tra le mani il nuovo libro sul mondo del calcio di Mario Sconcerti : “Storia delle idee del calcio” ed. Baldini Castoldi e Delai. Da malpensante prevenuto juventino di serie C, ho subito pensato che Sconcerti non si sarebbe certo risparmiato dei commenti caustici contro la Juve. E puntualmente mi ritocca dare ragione al sen. Andreotti: “A pensar male si fa peccato, ma spesso s'indovina”. Infatti Sconcerti dedica un capitolo alla vicenda doping-Juventus e scrive a pag. 346, riferendosi alla sentenza della Corte di Cassazione: “Si riconosce in pratica la somministrazione illecita di farmaci, ma non l'uso di sostanze dopanti. Resiste dunque, alla fine di tutto l'iter processuale, il reato (prescritto) di frode sportiva. Sono stati dati farmaci per alterare il rendimento dei giocatori. É una sentenza clamorosa. Passa agli atti diventa ufficiale”. Ed ancora a pag. 347: “Quasi nove anni dopo le denunce di Zeman resta un dato di fatto: una grande società è stata condannata per frode sportiva. Colpevolezza o innocenza, sarebbe la stessa cosa. Ma il calcio aveva il dovere di discutere una sentenza cosi grave, cosi seria, cosi definitiva. Invece non c'è nessun fascicolo che abbia tenuto aperta l'inchiesta più importante della storia del calcio Italiano. Tre anni d'inchiesta giudiziaria, tre processi ed in Federazione non c'è stato un impiegato che abbia trovato il piccolo modo burocratico di non mandare tutto in prescrizione”.
Ma è vero quanto scritto da Sconcerti?
Procediamo con ordine. La Juventus in seguito alle dichiarazioni di Zeman è oggetto delle indagini della procura di Torino, che chiede ed ottiene il rinvio a giudizio del medico sociale dott. Agricola e dell'amministratore delegato dott. Giraudo. La Juventus viene sostanzialmente accusata di aver fatto uso di Doping (EPO) e di farmaci leciti somministrati non secondo le prescrizioni Ministeriali, con la finalità d'alterare le competizioni sportive. In primo grado viene sostanzialmente riconosciuta la tesi dell'accusa, viceversa la Corte d'Appello ribalta la sentenza di primo grado ed assolve gli imputati, sentenziando che non vi è stato uso di EPO, e che la somministrazione off-label di farmaci leciti (non ricompresi nelle liste nere dei prodotti dopanti) non costituisce reato.
L'incartamento passa quindi alla Corte di Cassazione per una valutazione di legittimità. Ricordiamo infatti che la Corte di Cassazione non esprime valutazioni di merito.
La Corte di Cassazione (che conferma la sentenza della Corte d'Appello sull'EPO) è chiamata infatti a risolvere una questione di pura legittimità contenuta nel ricorso del Procuratore Generale di Torino, che si era opposto alla sentenza di secondo grado. Era da stabilire se l'ipotesi di reato contestato alla Juventus, ovvero somministrazione off-label di farmaci leciti, fosse ricompresa nella norma ex art. 1 L. 401/89, che disciplina il reato di “alterazione delle competizioni sportive”.
La Corte di Cassazione afferma che nel caso in oggetto tale norma era applicabile .
Quindi qualora fosse stato dimostrato che la somministrazione off-label di farmaci leciti era atta ad alterare le competizione sportive, ciò costituiva reato punibile ex lege.
La Cassazione non afferma affatto quanto scritto da Sconcerti (Sono stati dati farmaci per alterare il rendimento dei giocatori; …una grande società è stata condannata per frode sportiva.). La Cassazione scrive nella sentenza: “A questa Corte non compete certo la valutazione del merito delle specifiche condotte incriminate...”.
Dispone infatti l'annullamento della sentenza per quanto attiene il capo d'imputazione g), relativamente alla somministrazione off-label di farmaci, senza rinvio per intervenuta prescrizione dell'ipotesi di reato. Un nuovo processo sarebbe dovuto intervenire per indagare se la somministrazione off-label di farmaci leciti fosse finalizzata ad alterare le prestazioni sportive dei calciatori, e quindi le competizioni sportive, ovvero costituisse reato di frode sportiva. Osserviamo infine che, contrariamente a quanto scritto da Sconcerti (tre processi ed in Federazione non c'è stato un impiegato che abbia trovato il piccolo modo burocratico di non mandare tutto in prescrizione), tutta la vicenda ha avuto anche un risvolto sportivo. Il 28 giugno 2000 il dott. Agricola comunica alla Procura antidoping ed al segretario generale del CONI di essere indagato a Torino. La Procura antidoping interroga Agricola il 19 luglio 2000 e, acquisita la perizia di parte, dispone l'archiviazione il 24 luglio. Il 26 novembre 2004 Agricola viene condannato in primo grado dal Tribunale di Torino, allora la Procura Antidoping riapre il caso. Viene chiesto dal CONI e dalla FIGC un parere al TAS, il quale afferma sostanzialmente che un comportamento deve essere individuato come doping solo se tale comportamento è sanzionato dal codice WADA, ovvero se le sostanze assunte sono incluse nella lista dei prodotti dopanti: inoltre che l'uso improprio di prodotti non vietati non costituisce doping. Nonostante ciò la Procura antidoping deferisce il dott. Agricola in data 20 giugno 2005. Successivamente interviene l'assoluzione della Corte d'Appello di Torino in data 14/12/2005.
Dopo alcuni mesi da tale sentenza la Commissione Disciplinare della FIGC “si accorge” che le ipotetiche violazioni contestate al dott. Agricola sono cadute in prescrizione in data di gran lunga anteriore alla data di deferimento del 20/05/2006, ovvero nell'ottobre 2003 (i fatti contestati coprono un arco temporale dal 1993 all'ottobre 1998).
Evidentemente l'assoluzione della Corte d'Appello di Torino ha sollecitato la memoria della Commissione Disciplinare. Avverso alla decisione della Commissione Disciplinare la difesa del dott. Agricola, ritenendo non intervenuta la prescrizione, presenta ricorso, richiedendo la valutazione nel merito e la conseguente assoluzione.
La Commissione d’Appello in data 5 ottobre 2006 respinge la richiesta di Agricola e conferma la decisione della Commissione Disciplinare. Avverso tale decisione il dott. Agricola propone istanza di annullamento al Giudice di ultima istanza in materia di doping, che in data 19 gennaio 2007 conferma la sentenza della Commissione d'Appello. Quindi la vicenda viene archiviata per sopraggiunta prescrizione senza valutazione di merito come richiesto da Agricola.
In definitiva, qual è la verità che emerge dalla vicenda?
1. La Juve non ha fatto uso di EPO o di altre sostanze dopanti, e non ha quindi alterato le prestazioni dei suoi calciatori.
2. La Federazione ha indagato sull'operato di Agricola in quanto medico sociale della Juve, archiviando in un primo momento e lasciando intervenire la prescrizione quando è sopraggiunta l'assoluzione dalla Corte d'Appello di Torino!
Storia delle idee (sbagliate) del calcio
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