Sepp Splatter
In Inghilterra probabilmente non soffrono di manie persecutorie pari alle nostre ma, se da un lato è vero che le penne politically correct, come ad esempio il celebre scrittore/editorialista del The Guardian David Conn, hanno accolto con sostanziale favore le decisioni FIFA sul caso Chelsea, così come, per altro, ogni altro atto di "normalizzazione" del calcio inglese, c'è anche chi non disdegna la dietrologia e mette in fila una disparata serie di atti ostili. Prevale spesso lo humour, ma c'è anche chi la prende decisamente sul serio, e tende a mescolare la disputa politica tra le rappresentanti del calcio inglese e le istituzioni internazionali del calcio, con gli episodi del campo. L'assurdo rigore fischiato a Mosca da Medina Campo che ha determinato la sconfitta per 2-1 della Nazionale, poi uscita dagli Europei già nella fase di qualificazione; nella semifinale Chelsea-Barcellona della scorsa CL l'arbitraggio di Ovrebo, che ha negato due rigori solari ai londinesi; non ultima la squalifica per 2 turni inflitta dall'UEFA al gunner Eduardo per simulazione, un vero e proprio unicum. Squalifica poi interamente revocata, negli scorsi giorni, con una singolare marcia indietro. Che fa sorgere spontanea una domanda: ma non è che questa giustizia sportiva europea sia un po' "politica"?
Questo fa paura ai club: il grado di separazione dei poteri all'interno delle istituzioni, che possono decidere della loro vita e della loro morte. D'altronde il G14 è morto, Calciopoli è successa, la Juventus ha rinunciato al suo ruolo propulsore, il Milan anche, e le inglesi, sostanzialmente, sono rimaste da sole.
UEFA e FIFA hanno invece cercato il consenso altrove, e godono oggi di immutata forza, nel decidere e giudicare.
I capisaldi
Il caso Kakuta, e i susseguenti casi Pogba e Helan. Naturalmente le regole vanno applicate con scrupolo, e non devono esistere, per dirla "alla Boeri" illeciti tollerati, ovverosia situazioni di consuetudinaria e diffusa evasione del regolamento, giustificate per l'appunto dalla loro sistematicità.
Questo è stato un caposaldo della nostra battaglia a favore dei "bilanci puliti" e del caso particolarmente evidente dell'Inter: nessuna deroga a leggi in vigore.
Un altro nostro caposaldo, però, neanche a dirlo, è il rifiuto dell'arma giudiziaria come grimaldello alle riforme, ben consci che, una volta usata questa, spesso le riforme vengono poi accantonate, come nel caso di Calciopoli.
Ora: aspettando i ricorsi al Tas del Chelsea e l'evoluzione delle indagini sulle due mancuniane, abbiamo appreso che i trasferimenti di giocatori minorenni secondo la FIFA sono circa 500.000 in un anno: è mai possibile che le uniche irregolarità avvengano sulla tratta Francia-Inghilterra?
Certo: ci sono discrepanze legislative tra i diversi paesi. In Italia non è possibile firmare un contratto prima dei 18, in Francia sì. Uguale per tutti la regola sui trasferimenti internazionali: prima dei 18 ci si può spostare soltanto se i genitori cambiano paese per motivi di lavoro. Una regola, invero, facilmente e ovviamente aggirabile. Pur sempre una regola.
Sono gli inglesi gli unici ad attingere ai vivai altrui? Parrebbe di no: dando una rapida scorsa, ad esempio, ai settori giovanili di Barcelona e Inter degli ultimi 10 anni, i giocatori stranieri sono veramente tanti.
Di fronte a un numero enorme di trasferimenti come quello sopra indicato, sarebbe necessaria un'indagine generale, una sorta di commissione d'inchiesta, che sappia valutare nella sua globalità il caso, senza rivolgersi a risolvere la questione per mezzo di un capro espiatorio. Ricorda qualcosa?
La FIFA ha punito il Chelsea e annunciato la volontà futura di proibire tutti i trasferimenti di minorenni. Ovvero la nuova linfa del calcio inglese che, con l'organizzazione e la professionalità dei sistemi giovanili nazionali e la reale possibilità di giocare sin da subito in Premier, ha attratto negli ultimi anni i vari Fabregas e Macheda. Grazie ai soldi, qualcuno dice. Grazie alla prospettiva futura dei soldi, verrebbe da dire, e a un sistema educativo professionale.
Insomma castigo giudiziario e conseguente castigo riformista. Eccessivo. Continuiamo a chiedere: furia ideologica o bilanciamento di poteri?
Il modello inglese
Ottima la risposta di Arsène Wenger alla proposta FIFA, che ne mette in luce la facile demagogia.
"Quali sono le alternative? Se si impedisce ai giocatori di muoversi prima dei 18, sapete cosa succederà? I giocatori verranno venduti comunque. A chi? Ai procuratori. A che età? Tredici, quattordici. Dove andranno? Non nei migliori club con il migliore sistema educativo. Andranno in club comprati dagli stessi uomini d'affari, di basso livello, e staranno lì fino ai 18, aspettando di essere venduti. I soldi usciranno dal calcio."
Il tecnico francese ha spiegato che "bisogna rispettare le regole in vigore" e che "si può discutere il sistema delle compensazioni ai club", ma che "se i giocatori non vanno nei top club, non migliorano"."Ho sempre combattuto questo tipo di idee retrograde. Se oggi l'Inghilterra ha una Nazionale forte, è la conferma di quello che dico da sempre: bisogna che i giocatori giovani si confrontino con i migliori al mondo per crescere" .
Questo è il modello inglese e Wenger, uno dei migliori fautori, l'ha spiegato bene.
Orientato al business? Certo, ma anche al contenimento dei costi. Cinico? Può anche darsi, ma il sistema educativo è ottimo e i ragazzi vengono seguiti, e il caso Bengtsson, o quello gravissimo di Brunelli, sono avvenuti in casa Inter.
In sostanza: ben vengano le condanne, come quelle al Chelsea, ma si dimostri che c'è la volontà effettiva di andare a indagare i migliaia di trasferimenti, soprattutto dal Terzo Mondo (dove l'Inghilterra per regole sull'immigrazione rigide non prende), e procedere verso una soluzione sistemica, non demagogica e meramente punitiva.
Si studi meglio il sistema delle compensazioni. Ma anche qui: i 60 milioni e passa di sterline spesi da Frank Arnesen, come direttore del sistema giovanile del Chelsea - tra parentesi, la squadra inglese che ci piace meno e che non può essere presa a modello - cozzano decisamente con le imputazioni rivoltegli nel caso Kakuta.
Soprattutto, le riforme non siano fatte a discapito del merito, per il solo motivo di riequilibrare un sistema, in cui alcuni dei perdenti hanno grandi colpe. Non lo si faccia perché a ogni paese corrisponde un voto. Lo si faccia per il bene del calcio, come sport e come industria.
Nel prossimo articolo, metteremo a confronto la riforma del fair-play finanziario introdotta dalla UEFA e le inaspettate e sorprendenti riforme della Premier League in merito, per l'appunto, a giovani e bilanci, annunciate in questi giorni.
Che sia giustizia però /2
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