La Coppa Italia 1989/90 è teatro di una delle più sordide figure di cui il Diavolo berlusconiano si sia reso protagonista. Dopo i turni preliminari, il Milan è impegnato in un minigirone di quarti di finale (analogo a quelli dei mondiali ’82) con Messina e Atalanta. I rossoneri sono in testa con due punti (vittoria con il Messina) mentre l’Atalanta è seconda con un punto (pareggio, sempre col Messina). Mercoledì 24 gennaio a Bergamo si gioca la partita decisiva, che i bergamaschi devono assolutamente vincere per passare il turno.
All’88’, con l’Atalanta ad un passo dalla qualificazione grazie ad un gol segnato da Bresciani, accade il pasticcio: il centravanti milanista Borgonovo è a terra infortunato e l’atalantino Glenn Stromberg, svedesone dalla folta chioma bionda, butta il pallone in fallo laterale per consentire l’ingresso dei massaggiatori. Dopo i soccorsi il gioco riprende con una rimessa laterale a favore del Milan che, secondo fair play, sarebbe tenuto a riconsegnare il pallone agli avversari. Rijkaard invece lo mette sui piedi di Massaro il quale, invece di restituirlo, lo crossa in mezzo all’area nerazzurra. A ricevere il cross c’è il resuscitato Borgonovo che viene malamente atterrato dal difensore atalantino Barcella. Rigore.
Proteste furenti degli orobici che si appellano all’onestà degli avversari: il rigore c’è e ,da regolamento, si deve dare. E si deve battere. Sul dischetto si presenta Baresi che, in barba alle più elementari regole morali, insacca consentendo alla sua squadra di accedere alle semifinali. Il Milan passerà in finale superando il Napoli ma perderà la Coppa contro la Juventus (0-0 a Torino, 0-1 a San Siro con gol di Galia).
I commenti del dopopartita sono sulfurei: non si era mai vista una squadra comportarsi in modo talmente scorretto, approfittando palesemente della situazione. Baresi nicchia e si appella ad una presunta professionalità che gli avrebbe imposto di fare il suo dovere, trasformando il penalty, mentre Rijkaard, Massaro e Borgonovo sostengono di aver agito in buona fede. Il team manager Ramaccioni dice la cosa più inopportuna che si potesse dire in quel momento: «sbagliare volontariamente quel rigore poteva comportare un illecito sportivo». Berlusconi il giorno dopo porge le scuse ufficiali ma ormai il danno è fatto e l’Atalanta è stata eliminata.
Sulla vicenda riportiamo un articolo di Gianni Mura, apparso su Repubblica del 26 gennaio 1990, intitolato "Come calpestare un'idea":
AVANTI di questo passo, va a finire che i mercoledì offrono più discussioni delle domeniche. La gomitata di Cervone a Serena, molto stupida e goffamente smentita dal portiere (ma che senso ha smentire quando si sa che c' è la tv?) passa in secondo piano, visto che il sorteggio manda avanti la Roma. I danni prodotti da Cervone sono limitati, semmai spetta a Radice insegnargli qualcosa sul piano del comportamente (idem Trapattoni con Berti).
Più crudele, da qualunque parte la si osservi, è la qualificazione del Milan ai danni (in tutti i sensi) dell' Atalanta. E' una questione di immagine, più che di risultato. Coinvolge una squadra, il Milan, che all' immagine tiene molto e più volte ha dimostrato di onorarla, in Italia e all' estero. Scrivo queste cose sapendo benissimo che nel calcio si può sostenere tutto e il contrario di tutto. Aspetto che qualcuno dia dell' imbecille a Stromberg ed esalti, in un paese innamorato del cinismo (non è un caso se il personaggio più popolare è Alberto Sordi), la freddezza di Baresi nel tirare un rigore giustissimo ma ingiusto. Già si sta facendo strada l' etichetta di regalo accettato in contrapposizione a quella più pesante di furto o scippo che dir si voglia.
A me sembra che, una volta tanto, si possa ripescare una frase dai ricordi di scuola: summum ius, summa iniuria. Nessuno discute l' esistenza del fallo da rigore. Baresi aveva il diritto di tirarlo. E il dovere di tirarlo fuori. Ha fatto la prima cosa, non la seconda, e secondo me ha sbagliato. SCRIVO queste cose sapendo benissimo che in Italia, e nel calcio italiano, è meglio rubare che passare per moralisti, strana pattuglia in cui sono gli altri ad arruolarti. Per conto mio, Glenn Stromberg (nome poco italiano, in verità) merita una medaglia e il Milan merita una riprovazione molto pesante, che non tutti, per svariati motivi, si sentono di emettere. Dalla mia parte, che è quella di Stromberg e di tutta l' Atalanta, non c' è solitudine. C' è un fondo del direttore della Gazzetta che usa, anche nel titolo, il non lieve sostantivo cafonata. Nel linguaggio corrente, cafonata è una mancanza d' educazione (sportiva, nel caso), mentre il Milan, secondo me, ha mancato di lealtà.
Rivediamo la scena. Mancano due minuti alla fine, Borgonovo è a terra nell' area bergamasca, Stromberg butta fuori il pallone volontariamente. Rijkaard effettua la rimessa laterale su Massaro, che rovescia in area, Borgonovo scatta e Barcella lo atterra. Rigore. Vedendo e rivedendo, due cose appaiono certe: la buona volontà di Stromberg (così sicuro di avere di ritorno il pallone da non cercare nemmeno la battuta lunga, lontano dall' area) e una relativa buona fede (la malafede non è dimostrabile) dei giocatori milanisti coinvolti nell' azione del pareggio. Rijkaard potrebbe lanciare con le mani oltre la linea di fondo, o passare a Stromberg, o a un giocatore dell' Atalanta. Invece serve Massaro, pensando che sia Massaro a buttare fuori la palla. E Massaro rovescia verso l' area, un po' alla carlona, con l' aria di dire fate voi. Il primo a fare è Borgonovo, il sinistrato improvvisamente guarito, che stando a terra, prima, non aveva potuto vedere né tantomeno apprezzare il gesto di Stromberg. Il rigore, che l' arbitro non può fare a meno di fischiare, è la conseguenza logica di tre comportamenti imprevisti.
Fin qui, l' Atalanta ha tutte le ragioni, ma il Milan non ha tutti i torti. I torti del Milan cominciano col rigore. Prima, si può credere o meno a Rijkaard, Massaro e Borgonovo. Può anche esserci stata una disgraziata catena di equivoci, oppure Massaro è un mostro a fare assist così con le spalle girate alla porta. Capisco anche le reazioni dell' Atalanta 2 (non c' era solo il Milan 2, diciamolo), e del suo presidente Bortolotti, così ansioso mercoledì di leggere i commenti dei giornali che per tre giorni avevano fatto la predica al pubblico di Bergamo. Bortolotti, adesso è contento? Finché un giornale è libero, o pensa di esserlo, non è al servizio del Milan né dell' Atalanta né di nessuna squadra, se rimaniamo nel calcio. Quanto a parte del pubblico di Bergamo, da non confondere con la squadra, mercoledì se l' è presa con Rijkaard per il colore della pelle: volete che vi diamo una medaglia? C' è il rigore. Baresi lo tira stranamente bene, di interno destro, e spiazza Ferron. Ingiustizia è fatta. Che a molti, in assoluto, piaccia di più vincere da barboni che perdere da signori è un fatto scontato. Siamo così abituati a sentir dire che conta solo il risultato. Ma io mi dichiaro deluso da Baresi, nella circostanza, dal capitano del Milan, dalla roccia, dal personaggio più amato dai giovani italiani secondo un recente sondaggio (davanti a Pertini e Arbore) e deluso da Arrigo Sacchi, allenatore che ha un suo spessore morale, uno che ci crede, non che ci marcia. Ammetto che Baresi non poteva prendersi da solo la responsabilità di sbagliare apposta il rigore (ma fino a un certo punto, altrimenti a cosa serve diventare come lui, avere il suo carisma?) e dico che un educatore doveva farsi sentire dalla panchina e dare disposizioni precise. Per essere quello che è, per non essere giudicato, anche ingenerosamente, solo un tecnico come gli altri, uno che mira solo a passare il turno.
QUESTO non è stato fatto. Peccato, non solo per il Milan ma per il calcio italiano. Adesso vediamo se cala la percentuale di chi butta fuori il pallone per consentire i soccorsi a un avversario. Peccato anche per il Milan, a livello di immagine gli sarebbe stata molto più utile un' eliminazione a testa alta di una promozione a testa bassa. La voce della società (Ramaccioni) notifica che sbagliare apposta un rigore si può configurare come illecito sportivo. Su, non facciamo ridere, non c' erano schedine da alterare, c' era solo da decidere, lì sul campo, se meritava d' andare avanti il Milan o l' Atalanta. E da decidere, da oggi in poi, quanto valga un calcio stellare se non è capace di un bel gesto, di un segno di civiltà, ma sa solo nascondere il cuore dietro il totem del risultato.
All’88’, con l’Atalanta ad un passo dalla qualificazione grazie ad un gol segnato da Bresciani, accade il pasticcio: il centravanti milanista Borgonovo è a terra infortunato e l’atalantino Glenn Stromberg, svedesone dalla folta chioma bionda, butta il pallone in fallo laterale per consentire l’ingresso dei massaggiatori. Dopo i soccorsi il gioco riprende con una rimessa laterale a favore del Milan che, secondo fair play, sarebbe tenuto a riconsegnare il pallone agli avversari. Rijkaard invece lo mette sui piedi di Massaro il quale, invece di restituirlo, lo crossa in mezzo all’area nerazzurra. A ricevere il cross c’è il resuscitato Borgonovo che viene malamente atterrato dal difensore atalantino Barcella. Rigore.
Proteste furenti degli orobici che si appellano all’onestà degli avversari: il rigore c’è e ,da regolamento, si deve dare. E si deve battere. Sul dischetto si presenta Baresi che, in barba alle più elementari regole morali, insacca consentendo alla sua squadra di accedere alle semifinali. Il Milan passerà in finale superando il Napoli ma perderà la Coppa contro la Juventus (0-0 a Torino, 0-1 a San Siro con gol di Galia).
I commenti del dopopartita sono sulfurei: non si era mai vista una squadra comportarsi in modo talmente scorretto, approfittando palesemente della situazione. Baresi nicchia e si appella ad una presunta professionalità che gli avrebbe imposto di fare il suo dovere, trasformando il penalty, mentre Rijkaard, Massaro e Borgonovo sostengono di aver agito in buona fede. Il team manager Ramaccioni dice la cosa più inopportuna che si potesse dire in quel momento: «sbagliare volontariamente quel rigore poteva comportare un illecito sportivo». Berlusconi il giorno dopo porge le scuse ufficiali ma ormai il danno è fatto e l’Atalanta è stata eliminata.
Sulla vicenda riportiamo un articolo di Gianni Mura, apparso su Repubblica del 26 gennaio 1990, intitolato "Come calpestare un'idea":
AVANTI di questo passo, va a finire che i mercoledì offrono più discussioni delle domeniche. La gomitata di Cervone a Serena, molto stupida e goffamente smentita dal portiere (ma che senso ha smentire quando si sa che c' è la tv?) passa in secondo piano, visto che il sorteggio manda avanti la Roma. I danni prodotti da Cervone sono limitati, semmai spetta a Radice insegnargli qualcosa sul piano del comportamente (idem Trapattoni con Berti).
Più crudele, da qualunque parte la si osservi, è la qualificazione del Milan ai danni (in tutti i sensi) dell' Atalanta. E' una questione di immagine, più che di risultato. Coinvolge una squadra, il Milan, che all' immagine tiene molto e più volte ha dimostrato di onorarla, in Italia e all' estero. Scrivo queste cose sapendo benissimo che nel calcio si può sostenere tutto e il contrario di tutto. Aspetto che qualcuno dia dell' imbecille a Stromberg ed esalti, in un paese innamorato del cinismo (non è un caso se il personaggio più popolare è Alberto Sordi), la freddezza di Baresi nel tirare un rigore giustissimo ma ingiusto. Già si sta facendo strada l' etichetta di regalo accettato in contrapposizione a quella più pesante di furto o scippo che dir si voglia.
A me sembra che, una volta tanto, si possa ripescare una frase dai ricordi di scuola: summum ius, summa iniuria. Nessuno discute l' esistenza del fallo da rigore. Baresi aveva il diritto di tirarlo. E il dovere di tirarlo fuori. Ha fatto la prima cosa, non la seconda, e secondo me ha sbagliato. SCRIVO queste cose sapendo benissimo che in Italia, e nel calcio italiano, è meglio rubare che passare per moralisti, strana pattuglia in cui sono gli altri ad arruolarti. Per conto mio, Glenn Stromberg (nome poco italiano, in verità) merita una medaglia e il Milan merita una riprovazione molto pesante, che non tutti, per svariati motivi, si sentono di emettere. Dalla mia parte, che è quella di Stromberg e di tutta l' Atalanta, non c' è solitudine. C' è un fondo del direttore della Gazzetta che usa, anche nel titolo, il non lieve sostantivo cafonata. Nel linguaggio corrente, cafonata è una mancanza d' educazione (sportiva, nel caso), mentre il Milan, secondo me, ha mancato di lealtà.
Rivediamo la scena. Mancano due minuti alla fine, Borgonovo è a terra nell' area bergamasca, Stromberg butta fuori il pallone volontariamente. Rijkaard effettua la rimessa laterale su Massaro, che rovescia in area, Borgonovo scatta e Barcella lo atterra. Rigore. Vedendo e rivedendo, due cose appaiono certe: la buona volontà di Stromberg (così sicuro di avere di ritorno il pallone da non cercare nemmeno la battuta lunga, lontano dall' area) e una relativa buona fede (la malafede non è dimostrabile) dei giocatori milanisti coinvolti nell' azione del pareggio. Rijkaard potrebbe lanciare con le mani oltre la linea di fondo, o passare a Stromberg, o a un giocatore dell' Atalanta. Invece serve Massaro, pensando che sia Massaro a buttare fuori la palla. E Massaro rovescia verso l' area, un po' alla carlona, con l' aria di dire fate voi. Il primo a fare è Borgonovo, il sinistrato improvvisamente guarito, che stando a terra, prima, non aveva potuto vedere né tantomeno apprezzare il gesto di Stromberg. Il rigore, che l' arbitro non può fare a meno di fischiare, è la conseguenza logica di tre comportamenti imprevisti.
Fin qui, l' Atalanta ha tutte le ragioni, ma il Milan non ha tutti i torti. I torti del Milan cominciano col rigore. Prima, si può credere o meno a Rijkaard, Massaro e Borgonovo. Può anche esserci stata una disgraziata catena di equivoci, oppure Massaro è un mostro a fare assist così con le spalle girate alla porta. Capisco anche le reazioni dell' Atalanta 2 (non c' era solo il Milan 2, diciamolo), e del suo presidente Bortolotti, così ansioso mercoledì di leggere i commenti dei giornali che per tre giorni avevano fatto la predica al pubblico di Bergamo. Bortolotti, adesso è contento? Finché un giornale è libero, o pensa di esserlo, non è al servizio del Milan né dell' Atalanta né di nessuna squadra, se rimaniamo nel calcio. Quanto a parte del pubblico di Bergamo, da non confondere con la squadra, mercoledì se l' è presa con Rijkaard per il colore della pelle: volete che vi diamo una medaglia? C' è il rigore. Baresi lo tira stranamente bene, di interno destro, e spiazza Ferron. Ingiustizia è fatta. Che a molti, in assoluto, piaccia di più vincere da barboni che perdere da signori è un fatto scontato. Siamo così abituati a sentir dire che conta solo il risultato. Ma io mi dichiaro deluso da Baresi, nella circostanza, dal capitano del Milan, dalla roccia, dal personaggio più amato dai giovani italiani secondo un recente sondaggio (davanti a Pertini e Arbore) e deluso da Arrigo Sacchi, allenatore che ha un suo spessore morale, uno che ci crede, non che ci marcia. Ammetto che Baresi non poteva prendersi da solo la responsabilità di sbagliare apposta il rigore (ma fino a un certo punto, altrimenti a cosa serve diventare come lui, avere il suo carisma?) e dico che un educatore doveva farsi sentire dalla panchina e dare disposizioni precise. Per essere quello che è, per non essere giudicato, anche ingenerosamente, solo un tecnico come gli altri, uno che mira solo a passare il turno.
QUESTO non è stato fatto. Peccato, non solo per il Milan ma per il calcio italiano. Adesso vediamo se cala la percentuale di chi butta fuori il pallone per consentire i soccorsi a un avversario. Peccato anche per il Milan, a livello di immagine gli sarebbe stata molto più utile un' eliminazione a testa alta di una promozione a testa bassa. La voce della società (Ramaccioni) notifica che sbagliare apposta un rigore si può configurare come illecito sportivo. Su, non facciamo ridere, non c' erano schedine da alterare, c' era solo da decidere, lì sul campo, se meritava d' andare avanti il Milan o l' Atalanta. E da decidere, da oggi in poi, quanto valga un calcio stellare se non è capace di un bel gesto, di un segno di civiltà, ma sa solo nascondere il cuore dietro il totem del risultato.