Riportiamo un articolo scritto da Antonio Corsa e pubblicato sul suo blog
Rapidamente, che è quasi Natale e ho da lavorare. Mi avete chiesto un approfondimento veloce, quindi iniziamo col chiarire alcuni concetti che a molti, giornalisti compresi, paiono essere sfuggiti. Come mai Gianello ha vuotato il sacco? E’ rimasto fulminato sulla via di Damasco? Ha denunciato una combine in Procura? E’ un pentito in senso classico? No. Lo è indirettamente. La Procura di Napoli lo intercetta mentre parla al telefono con Giunti e Cossato e c’è un ispettore di Polizia, G.V., suo amico, che fa il suo nome nel 2010, a seguito di una “confessione” (non in senso tecnico, ma tra amici) ricevuta dal calciatore napoletano. Gianello viene dunque sentito, il 15 giugno 2011, dalla Procura di Napoli come, cito, “persona sottoposta ad indagini”. Quindi, tirando una linea, non si è autonomamente presentato in Caserma per sporgere una regolare denuncia, ma, quando gli hanno chiesto conto dei suoi comportamenti, assistito dal proprio legale, ha raccontato la propria versione dei fatti. Di parte? Sincera? Non sta a me dirlo, ma di certo ha collaborato poco, inizialmente.
La faccio breve, perché c’è poco da perder tempo. Innanzitutto, prima considerazione: ci sono giornalisti (specie napoletani) che si lamentano per il fatto che solo ora sia uscito fuori il provvedimento di Palazzi. Bene, forse ad una lettura veloce vi sarà sfuggito, ma la data dell’interrogatorio che ho citato prima riporta 15 giugno 2011. Undici. Così, giusto per dire. Passando ad altro: nelle dichiarazioni arricchite rese, Gianello si difende, dice di essere stato usato e strumentalizzato, dice di non aver mai proposto una combine classica ma di aver fatto solo da portavoce, stupidamente. Insomma: lo hanno fregato, altro che case acquistate con i proventi delle scommesse. Mai che ci sia un pentito a dire “sono un coglione, arrestatemi”, no. Quelli mai. Sono tutti usati da altri, non hanno mai combinato niente ed è tutta colpa degli amici di cui si sono fidati, un classico. Ad ogni modo, dopo che lo inducono a confessare qualcosa tirando fuori quanto già in possesso della Procura, dice che propose a dei compagni (poi si ricorda di aver parlato con dei difensori – guarda caso – ma esclude De Sanctis e Santacroce) di perdere con la Samp. E dice pure che questi compagni, tradotto Grava e Cannavaro, si rifiutarono e si incazzarono. Combine non ce ne sono mai state, insomma. Non per quella partita. Non nel senso di partite falsate, almeno. Si parla di tentativo, rifiutato. Il tutto senza uno straccio di prova esterna/oggettiva a supporto (un'intercettazione, soldi, testimonianze, ecc). Siamo alla parola di Gianello contro l’impossibilità di difendersi di Cannavaro e Grava, una storiella per noi juventini (ma non solo) già vista. Per questo, a prescindere, l’augurio per i due è che possano quantomeno difendersi, cosa niente affatto scontata, come sappiamo.
Ma veniamo a Quagliarella. Leggo un’intervista di Enrico Varriale rilasciata a Campania24News. Dice Varriale: “In secondo luogo il giudice ha creduto a Gianello su quanto riferito a proposito di Cannavaro e Grava, mentre non ha fatto lo stesso su quanto detto in merito ad un altro giocatore all’epoca tesserato nel Napoli, ma attualmente nelle file della Juve. Mi riferisco a Quagliarella”. A casa mia, questa, si chiama diffamazione. Perché è bugia. Il nome di Quagliarella lo fa l’ispettore di polizia citato prima, che riferisce agli inquirenti di aver sentito da Gianello il suo nome. Gianello, è scritto chiaramente a verbale, prende atto ma nega. Dice di non aver mai detto nulla a Quagliarella, dice che non c’entra nulla con quella gara in esame e di non avergli comunque mai fatto proposte indecenti per conto terzi (anche perché interessato a segnare una rete per beccarsi i soldi del bonus qualora avesse raggiunto il tetto stabilito con la società, e ne mancava una: non era proprio “interpellabile”). Palazzi quindi, essendosi basato sul verbale di Gianello inviatogli dalla Procura di Napoli, ha correttamente (almeno questo) non tenuto in considerazione la parte su Quagliarella, che Gianello stesso si premura di tirare fuori dalla vicenda, e procede a deferimento di Gianello (che si becca l’illecito sportivo), Grava (omessa denuncia) e Cannavaro (omessa denuncia).
Ora: non mi interessa in questo articolo commentare la richiesta di un punto, giudicata incoerente dalla Disciplinare perché non obiettiva se rapportata alle precedenti sanzioni. Non mi metterò nemmeno a commentare l’operato della Disciplinare stessa. Il problema è sempre quello, ed è inutile girarci attorno o trattare le vicende mettendosi una maglietta da tifoso addosso: stanti così le cose, chiunque può essere tirato in ballo ed è quasi impossibile difendersi (se basta la parola di un mezzo pentito colto con le mani nella marmellata). Chi vuole davvero fare il bene del calcio e difendere la propria squadra del cuore, invece di diffamare e dire minchiate, farebbe bene a ragionare – come qui si è fatto dall’inizio – su questi concetti. Ma per farlo bisogna leggere le carte, informarsi e togliersi la maglietta. Utopia.