Abbiamo letto le carte. Fa tanto Travaglio ma è la verità, e le carte non le dimentichiamo, anche se sono passati alcuni anni. Le carte le leggiamo da maggio 2006, e non come certi giornalisti che in quell'estate si dimostrarono distratti su molti fatti e ne scoprirono alcuni quando vi furono costretti, ad ottobre dello stesso anno. Abbiamo letto Bonini e D'Avanzo nel maggio 2006, ma allora sembrò che a farlo fossimo soli. Non lesse quel numero di Repubblica l'Ufficio Indagini della FIGC, e neppure il commissario straordinario, dispensatore di scudetto con nulla osta etico.
Dobbiamo ripartire da quel periodo per aiutare la memoria di tanti giornalisti che in questi giorni dimenticano un precedente importante di Palazzi.
Oggi scrivono e prevedono che Palazzi potrebbe deferire Conte per omessa denuncia relativamente alla gara con l'AlbinoLeffe. Conte non è chiamato in causa in prima persona, perché il pentito Carobbio chiama in causa solo Cristian Stellini, il vice di Conte; ma secondo tanti giornalisti Palazzi sarebbe pronto a deferire Conte in base al famoso teorema del "Non poteva non sapere".
Noi crediamo che Palazzi non abbia dimenticato un suo precedente. Se dovessimo trovarci di fronte ad un deferimento di Conte in base al "Non poteva non sapere", sarebbe una conferma che la bilancia della giustizia sportiva è starata.
Andiamo con ordine.
In un articolo del 23 maggio 2006 Bonini e D'Avanzo, su Repubblica, scrivono "Dall'Inter a Telecom i 100mila file degli spioni". Parlano del dossieraggio compiuto da Cipriani su De Santis ed altri, ricostruiscono la storia dei rapporti, che erano proibiti, tra Nucini e Facchetti, scrivono che l'ex arbitro va in Procura e fa scena muta. E' chiaro a tutti che qualcuno deve essere andato dalla Boccassini per giustificare l'attività del pm, ché mica la Boccassini non aveva nulla da fare e per ingannare il tempo voleva "parlare di calcio" con Nucini. E' chiaro, anche, che qualcuno potrebbe aver violato la clausola compromissoria.
L'articolo di Bonini e D'avanzo scivola via nell'indifferenza dei media, concentrati nell'organizzare il "sentimento popolare" per processare la Juve ed altre quattro per il caso Farsopoli.
Il 26 settembre 2006 Tavaroli viene interrogato dai pm, in carcere, e dichiara che a fine 2002 era stato convocato negli uffici della Saras, dove aveva incontrato Facchetti e Moratti. Il resto è ben noto a tutti e riconfermato da Tavaroli anche qualche giorno fa in tribunale per il caso Telecom.
Quello stesso 26 settembre 2006 Borrelli chiede alla Procura della Repubblica di Milano copia dei verbali di interrogatorio di Tavaroli.
Il 4 ottobre 2006 Borrelli interroga Moratti che attribuisce a Facchetti il ruolo di protagonista. Zunino su Repubblica del 4 ottobre 2006 scrive anche: "Nelle due ore l'ex pm non ha contestato un'eventuale omessa denuncia per le prime rivelazioni di Nucini tenute lontane dalla giustizia sportiva".
Non fu contestato nulla a Moratti perché, all'epoca, pensarono che "poteva non sapere"?
Difficile. Difficile se ci atteniamo all'articolo di ma.me. su Repubblica (dalle iniziali potrebbe essere Marco Mensurati, ndr) il quale rivela che, in occasione di quell'interrogatorio, Moratti avrebbe detto a Borrelli anche "Temevo che fosse una trappola. Ricordo che Facchetti mi disse che Nucini gli aveva raccontato di essere stato una volta accompagnato al cospetto di Moggi a Torino dove quest'ultimo gli aveva offerto la disponibilità di un'utenza telefonica cellulare riservata".
Se diamo retta ai giornalisti di Repubblica, sempre ben informati, non possiamo non arrivare alla conclusione che Moratti sapeva, e che Borrelli sapeva che Moratti sapeva.
In data 26 ottobre 2006 Borrelli chiede alla Procura della Repubblica di Milano di poter sapere "quante volte ed in quali occasioni Tavaroli sia stato incaricato da dirigenti di società sportive di compiere o far compiere accertamenti su arbitri o calciatori...."
"Il 19 marzo 2007 è stata spedita anche la documentazione della Procura di Milano sulla vicenda Tavaroli-Telecom-Inter, incentrata sul famoso pedinamento di Vieri, ammesso da Moratti..." scrive la Gazzetta dello Sport del 17 aprile 2010.
Moratti sapeva, Borrelli aveva saputo che Moratti sapeva, ed anche Palazzi doveva sapere cosa era emerso in fase di indagine federale.
Nonostante tutto, Palazzi il 22 giugno 2007 archiviava il caso con un comunicato criptico per la gran massa dei tifosi: "...dispone l'archiviazione del procedimento, non essendo emerse fattispecie di rilievo disciplinari procedibili, ovvero non prescritte". Che significa?
La Gazzetta dello Sport del 24 giugno 2007, a firma Gianni Bondini, se lo chiede e risponde: "In Figc circola questa traduzione: se fosse ancora vivo Giacinto Facchetti sarebbe stato deferito. Perché allo scomparso risalirebbe la decisione dei pedinamenti e i fatti a lui 'riferiti' non sono prescritti. Per il resto, non ci sono addebiti”.
Come ammette la stessa Gazzetta, quei fatti non erano prescritti, anche per il Codice di giustizia sportiva allora in vigore (4 anni per la prescrizione dei singoli tesserati; Nucini dice che andò dalla Boccassini nei primi mesi del 2004), ma Palazzi archiviò.
Ricordano questi fatti i giornalisti professionisti "che io faccio questo mestiere da trent'anni"? Moratti ammise di sapere, eppure non fu deferito e tantomeno gli stessi giornalisti suggerirono a Palazzi il deferimento perché Moratti "non poteva non sapere", teorema tutto da dimostrare che oggi vorrebbero che il SuperProcuratore applicasse a Conte.
Quello non era un caso "scolastico" di omessa denuncia? Perché Palazzi dovrebbe usare un diverso metro di valutazione per Conte, rispetto a Moratti?
E quanti giornali e giornalisti ricordate aver martellato il SuperProcuratore per mesi fornendogli suggerimenti per evitare quell'archiviazione, come avviene con Conte?
Che Moratti sapeva lo scrive Palazzi stesso anche nella sua relazione dello scorso luglio 2011: «A tal proposito, il sig. Moratti, in sede di audizione innanzi a questo Ufficio, ha confermato di non aver fatto alcuna denuncia alla Boccassini ma ha aggiunto che a quanto gli risulta "il Facchetti prese contatti senza presentare formale denuncia, come richiestogli dal magistrato. Infatti il Facchetti dopo questo incontro preliminare tornò da me rappresentando la necessità di presentare formale denuncia ma io lo sconsigliai, atteso che... temevo si trattasse di una trappola per lo più diretta a danneggiare l'lnter di cui lui (n.d.r. Facchetti) era Presidente"».
In questa nostra analisi non serve neppure ricordare che Tronchetti Provera, il 9 marzo 2010, nell'ambito del processo Telecom condotto dal GUP Mariolina Panasiti, ha dichiarato: "Moratti aveva richiesto immediatamente un aiuto alla Procura della Repubblica, perché c’era un arbitro che raccontava di strane storie a Facchetti, però questo arbitro cambiò idea, non raccontò più nulla e quindi cadde il tutto... La prima cosa che fece Massimo Moratti fu di andare dalla dottoressa Boccassini a raccontare questa vicenda. La dottoressa Boccassini gli suggerì di fare venire questo giovane arbitro a denunciare la cosa". Questa dichiarazione, che serve per la storia e la verità, è successiva all'archiviazione di Palazzi, che di ammissioni, però, ne aveva già prima di archiviare nel 2007.
Non poteva non sapere. Quel precedente di Palazzi
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