La vicenda prende le mosse l’8 novembre, un giorno buio per la Giustizia: è il giorno della fine del processo di Napoli, al termine del quale una sentenza “di quelle che non t’aspetti’, visto lo svolgersi del dibattimento, condanna a varie pene detentive numerosi imputati: non solo Moggi, sgarrupato capocupola, ma anche Lotito, Della Valle e Mencucci (un anno e tre mesi), Foti (un anno e sei mesi), De Santis (un anno e undici mesi). Cos’hanno in comune questi imputati? Sono dirigenti sportivi, che dovrebbero essere automaticamente sospesi a norma dell'art. 22 bis delle Noif che dice che “restano sospesi dalla carica di dirigente di società o di associazione e dall’incarico di collaboratore nella gestione delle stesse coloro che vengano condannati, ancorché con sentenza non definitiva”, e che “la sospensione permane sino a successiva sentenza assolutoria”. E Lotito è anche rappresentante della Lega in Consiglio Federale. Ed è anche il più battagliero, ci mancherebbe. Perché oltretutto si ritiene vittima di una violazione del principio del ne bis in idem (in quanto già condannato per gli stessi fatti nel 2006, pena scontata); e perché il suo avvocato Gianmichele Gentile ha scovato un precedente in cui il ‘solito’ Preziosi fu condannato ma non sospeso. E il vulcanico presidente sventola minacciosamente possibili ricorsi al Tar, al Consiglio di Stato, al Tribunale civile. Poi decide di chiedere aiuto all’amico Beretta, presidente della Lega di serie A che, forte anche dell’appoggio di alcuni club, parte lancia in resta contro la Figc, obiettando che quelle regole non sono più al passo coi tempi, andavano bene nel ’93, ma ora non è più quel calcio, gli interessi in gioco sono ben altri: e poi, perché per i dirigenti federali, a norma dell’art. 10 delle stesse NOIF, che non menziona la non definitività della sentenza, si attende che la condanna passi in giudicato, mentre per gli incarichi sociali la sospensione scatta già dopo il primo grado? E se dovesse intervenire la prescrizione, eventualità assolutamente da contemplare per i reati di frode sportiva?
La Figc è in difficoltà a ribattere e, prontamente imitata dalla Lega di serie A, si rivolge per un parere interpretativo alla Corte di Giustizia federale, sezione consultiva, presieduta da Giancarlo Coraggio. E di coraggio c’è bisogno, perché arriva subito la prima stilettata di Petrucci a ricordare, un po’ ironicamente, a tutti, Figc inclusa, che la materia del contendere non è di loro competenza, che egli avrebbe preso atto di quanto il problema stesse a cuore alla Lega (che, a suo modo di vedere, aveva ben altre questioni urgenti sul tavolo) e che, quando il problema fosse arrivato alla Giunta del Coni, unico organo deputato a decidere in merito, si sarebbero fatte le opportune valutazioni.
La Corte di Giustizia federale intanto non se la sente di decidere così sui due piedi, chiede tempo e materiali alle parti (Figc e Lega di A), invitandole a trasmettere tutta la documentazione in loro possesso, autorizzando altresì la presentazione di memorie e rimandando ogni decisione al 9 gennaio. Il che consente a Petrucci di giocare in contropiede e di prendere tutti alle spalle: esattamente il 20 dicembre si riunisce la Giunta del Coni (di cui fa parte anche Abete) che, con la delibera n. 450, vara all’unanimità un codice etico, in base al quale viene emanata a tutte le Federazioni sportive (e quindi anche alla Figc) una direttiva che prevede la sospensione dalla carica di tesserato e l’ineleggibilità (sino a sentenza assolutoria) per quanti siano stati condannati, anche in primo grado (quindi con sentenza non definitiva) per reati connessi all’attività sportiva, quali frode sportiva, scommesse, doping, associazione a delinquere, pedofilia, associazione mafiosa; il che comporta che la Figc si può scordare di cambiare l’art. 22 delle Noif, come le chiedeva Beretta, perché il Coni urla in modo forte e chiaro che è materia sua e ha già deciso.
Ma il 9 gennaio la Corte di Giustizia Federale, imperterrita, prende in esame la questione e la decisione che ne esce è sorprendente; spazza via la delibera n. 450 del Coni non solo per il caso Lotito, ma più in generale: "le disposizioni allo stato vigenti non consentono di individuare un'ipotesi di sospensione dalla carica di consigliere federale nell'eventualità di condanna con sentenza penale non definitiva di primo grado, non prevedendo in particolare né le conseguenze da essa derivanti né la procedura a tal fine utilizzabile. Su questo quadro normativo non incide la direttiva adottata dalla Giunta Nazionale del C.O.N.I. con deliberazione n. 450. Tale atto, a prescindere da ogni considerazione circa la competenza dell'organo, non può che riguardare il futuro e ciò per un duplice ordine di considerazioni: - perché è comunque norma sopravvenuta e in quanto tale non applicabile a vicende anteriori; - perché non è 'autoesecutiva', richiedendo un adeguamento normativo degli Statuti federali e delle Leghe".
Una chiara invasione di campo su un terreno che il Coni aveva dichiarato suo. E che manda Petrucci su tutte le furie, tuoni e fulmini sin da subito: "Meraviglia nella maniera più assoluta che un organo consultivo federale - pur nell’autorevolezza conclamata dei singoli componenti – abbia esteso un proprio parere a fattispecie giuridiche non richieste e comunque di esclusiva competenza della Giunta Nazionale del CONI. In un momento particolare in cui il calcio italiano ha assoluto bisogno di ritrovare rapidamente certezza di comportamenti etici e trasparenti, inspiegabilmente nell’ambito della Federcalcio viene espressa un’interpretazione che va ben al di là delle richieste di merito, diventando una pericolosa invasione di campo e una sgarbata intromissione nelle prerogative dell’Alta Corte di Giustizia presso il CONI, unico organo con funzioni consultive e giurisdizionali al quale il Comitato Olimpico Nazionale Italiano fa riferimento per Statuto. Resta inteso che la direttiva emanata dalla Giunta Nazionale CONI il 20 dicembre scorso, peraltro rafforzativa di quanto già previsto fin dal 2004 nel Codice di Comportamento Sportivo, è immediatamente esecutiva e le Federazioni sono state già chiamate a recepire al più presto i relativi adeguamenti normativi. I principi etici non prevedono pareri interpretativi”. Forse l’unica volta che avrebbe potuto esserci un’incompetenza a metter becco, la decisione irrompe fragorosamente.
E adesso alla Figc, Abete in testa, tocca prendere a sua volta una risoluzione, qua non c’è modo di dichiararsi incompetenti. Nel prossimo Consiglio Federale la Figc dovrà recepire la delibera n. 450, e Lotito sarà lì, forte di questa pronuncia della Corte di Giustizia Federale, col pieno appoggio dell’amico Beretta, che così ha commentato la decisione: “Siamo soddisfatti: la Corte di giustizia federale ha riconosciuto le buone argomentazioni della Lega A che si è battuta per far valere ragioni di metodo e di sistema generali”, ignorando totalmente lo sdegno di Petrucci. Il quale ha ieri ribadito che conferma ogni virgola di quanto detto a caldo: “Non sono per nulla pentito. Lo confermo, lo ridico oggi anche con più convinzione dopo avere letto tutti i giornali”. E’ una questione di principio, non un fatto personale: "Non entro nel caso specifico e non faccio polemica con Lotito"; meglio precisare, i suoi epici scontri col numero uno biancoceleste sul contratto di affitto dello Stadio Olimpico (con strascico di inibizione) odorano ancora di vernice fresca. Per finire con un ammonimento: "In questo momento il mondo del calcio deve dimostrare umiltà, senza attaccarsi a codicilli o altro. Conta quello che ha detto il Coni e noi andremo avanti per la nostra strada. Le leggi dello sport italiano le fa il Comitato olimpico nazionale e le Federazioni devono tutte seguire le nostre delibere e metterle in atto senza eccezioni". Dunque l’etica è campo esclusivo del Coni e non si interpreta, si applica punto e basta: e forse i precedenti bisticci di Abete con l’etica non lasciano del tutto tranquillo il numero uno del Coni, ecco perché sottolinea e risottolinea il concetto.
Sarà battaglia: Abete dovrà difendere la delibera n. 450, più che contro la pronuncia della Corte Federale, contro il consigliere Lotito; potrebbe riproporsi un déjà vu dell’ultimo Consiglio Federale che aveva visto Abete e Lotito così accalorati che il primo, aduso a non scomporsi mai, era arrivato a battere i pugni sul tavolo, e il secondo poco c’è mancato venisse alla mani col revisore dei conti nominato dal Coni, Silvio Salini, colpevole di chiedere che la querelle tra i due cessasse e la riunione avesse finalmente inizio. Dunque Coraggio ce l’ha messa tutta per salvare il soldato Lotito, adesso tocca ad Abete mostrare coraggio per salvare l’etica. E anche la faccia della giustizia sportiva.
Ci vuole molto coraggio per salvare Lotito
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