Palazzi ha chiesto subito le carte dell'indagine di Cremona. Abete dichiara che la FIGC si costituirà parte civile e che bisogna fare pulizia. Molti calciatori si dicono schifati. E, dulcis in fundo, anche Preziosi pontifica e fa il moralizzatore.
Ovvio che fanno bene adesso i Petrucci, gli Abete e qualche sottosegretario a dirsi sgomenti e schifati, ma tutti quelli che hanno a che fare con ruoli di responsabilità (al Coni, in Figc, in Covisoc e compagnia cantante) farebbero ancora meglio a riflettere sul vecchio adagio secondo il quale il pesce puzza dalla testa. Perché sostenere che il problema del calcio siano solo le mele marce e che non vi sia un malessere più profondo, un malessere nascosto che sta minando alle basi tutto il sistema, vuol dire essere miopi se non addirittura ciechi.
Perché, a leggere le carte di Cremona, si ha la netta sensazione di avere a che fare con una presunta banda di truffatori di quarta serie, con qualche conoscenza nel mondo del calcio, e con molta, moltissima millanteria da parte di qualcuno nei guai con il vizio del gioco.
Ma un aspetto emerge in modo chiaro: la banda sapeva bene dove andare a parare, conosceva benissimo la situazione economica delle società di B e Lega Pro, e lì hanno cercato di corrompere e di aggiustare le partite.
E proprio in questi casi son riusciti con più facilità a taroccare il risultato finale.
Ovvio, comprare uno dell'Ascoli (che la banda identifica sull'orlo del fallimento) che non riceve lo stipendio da molti mesi è più semplice che comprare uno di serie A dallo stipendio a sei/sette cifre.
Ed è proprio l'aspetto finanziario delle società l'elemento debole del sistema calcio. E' più semplice infiltrarsi in quelle squadre con una situazione finanziaria al limite del fallimento che in una con finanze floride. Ma se il sistema calcio è sull'orlo del fallimento, diventando debole ed esposto a tali infiltrazioni, non è certo colpa di Paoloni. E che il calcio presenti delle esposizioni debitorie spaventose è riportato nello studio Arel-Pwc centro studi FIGC. Il Sole 24 ore di venerdì 3 giugno, citando questa analisi, riporta in prima pagina che l'esposizione totale del sistema calcio è ormai pari a 2,7 miliardi di euro, di cui 2,3 dovuti alle squadre di A. La maggior parte di questa esposizione è verso il sistema creditizio, in sostanza le banche sono proprietarie del calcio italiano. E le banche che vantano i maggiori crediti verso il sistema calcio sono Unicredit, Mps e BPM. Ed Unicredit, oltre ad essere la creditrice di molte squadre, è anche proprietaria della Roma (rimarrà con il 40% dopo la vendita agli americani).
Inoltre il presidente della Lega di A, Beretta, ormai da qualche tempo riveste il doppio incarico di dirigente Unicredit e presidente di Lega. E' evidente che questo palese conflitto d'interessi è un fattore di debolezza per il calcio. Beretta fa gli interessi delle Lega o del suo nuovo datore di lavoro Unicredit? E che vi sia una commistione pericolosa tra controllanti e controllori lo segnala anche Gianni Dragoni sul Sole 24 Ore di giovedì 2 giugno. Scrive Dragoni: “Covisoc, sindaci e revisori non hanno sempre mostrato l'impegno necessario ad assicurare il rigore”. E quando la Covisoc chiedeva una forte ricapitalizzazione (300 mil. Euro circa) ad alcune squadre (Milan, Inter, Roma e Lazio), la FIGC si accontentò di molto meno. E le cose non vanno meglio in B ed in Lega Pro. La B a fronte di 287 milioni di entrate registra dei costi totali pari a 370 milioni, generando una perdita totale pari a 83 milioni. E la Lega Pro con le sue 85 squadre non presenta una situazione più florida.
Molte sono sull'orlo del fallimento, al punto che la prevista riduzione del numero delle squadre da 85 a 60 si pensa possa avvenire per selezione naturale senza dover ricorrere a misure impopolari.
Basti segnalare che quest'anno le squadre di Lega Pro sono state penalizzate con oltre novanta punti in meno in classifica per ritardi nei pagamenti di stipendi ed imposte. E ci si sorprende che in alcuni casi le squadre minori siano un terreno fertile per bande di scommettitori privi di scrupoli ma dotati di grandi somme di denaro, spesso provenienti da fonti illegali?
Forse la FIGC dovrebbe prendere atto che la politica del “vivi e lascia vivere” attuata in questi anni ha prodotto più danni che utile. Tutte le decisioni politiche che hanno allargato le maglie dei controlli e del rigore finanziario, per permettere alla squadra della città dell'onorevole Tizio o del senatore Caio di salvarsi dal fallimento, quali effetti si pensava potessero generare?
E poi, quando il calciatore di turno si vende qualche partita, in FIGC ritornano a predicare rigore e pugno di ferro. Affiancati in queste prediche dai giornali che, come gli struzzi, sollevano la testa dalla sabbia pronti a strillare notizie sensazionalistiche ed a tirare in ballo il nome ad effetto per qualche centinaio di copie in più, salvo poi rinfilarla e tacere sui veri mali del calcio.
Calcioscommesse: Figc e stampa non facciano gli struzzi
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