L’edizione della Coppa dei Campioni 1971/72 è passata alla storia per un episodio incredibile che ha visto l’Inter protagonista. I nerazzurri si trovano ad affrontare negli ottavi di finale il Borussia Moenchengladbach, formazione priva di stelle di primissimo piano, ma capace di vincere due scudetti consecutivi davanti al Bayern Monaco, di lì a poco dominatore in Europa.
Il 20 ottobre 1971 si gioca in Germania la gara di andata. Gli interisti, che nelle loro file possono vantare campioni come Mazzola, Jair, Corso e Facchetti, sono convinti di passare agevolmente il turno, ma i bianco-verdi tedeschi li sorprendono con un avvio al fulmicotone: dopo pochi minuti va in gol Heyckens e, al pareggio di Boninsegna, risponde il danese Le Fevre.
Si arriva al 29’: Boninsegna si appresta a battere una rimessa laterale quando, improvvisamente casca a terra. A quanto pare, una lattina di Coca-Cola lo ha colpito alla testa. In campo si scatena il putiferio: si formano capannelli di giocatori rinforzati dall’ingresso in campo di uomini dalle panchine e l’arbitro olandese Dorpmans fatica a ristabilire l’ordine. Il centrocampista tedesco Netzer, scorge per terra una lattina vuota mezza accartocciata e con un calcio la spinge verso un agente di polizia a bordo campo. Questi, sveltissimo, la prende e la infila sotto al cappotto. Mazzola vede la scena e cerca di recuperare la lattina ma trova solo l’opposizione del poliziotto. Poi, colpo di genio, nota due tifosi italiani dietro le transenne di recinzione. Uno di loro ha in mano una lattina piena. Mazzola lo guarda, il tifoso capisce al volo e passa la lattina nelle mani dell’interista che poi a grandi passi va a consegnarla all’arbitro. Boninsegna, nel frattempo è ancora a terra ma non sembra aver subito un grave danno. Tuttavia, il medico interista decide che l’attaccante non può riprendere il gioco e l’allenatore Invernizzi lo sostituisce con Ghio. La partita ricomincia tra i fischi dello stadio e con i calciatori tedeschi che, più agguerriti che mai, distruggono l’Inter: alla fine è un pesantissimo 7-1.
Il giorno dopo l’Inter, nella persona dell’avvocato Prisco, sporge reclamo alla Commissione Disciplinare dell’Uefa. Il regolamento europeo non contempla però il principio della responsabilità oggettiva, secondo la quale una società deve pagare per il comportamento dei suoi tifosi. Ma Prisco non demorde e alla fine ne esce vincitore: per la prima volta viene riconosciuta la responsabilità oggettiva e il risultato di Moenchengladbach non viene omologato. Il 28 ottobre l’Uefa decreta l’annullamento della partita e ordina che la sua ripetizione venga giocata dopo il match di Milano, a quel punto da considerarsi come gara d’andata. Le reazioni dei tedeschi sono veementi e piovono accuse pesanti: secondo loro è stata l’Inter a spingere l’Uefa a prendere una decisione che, fino a quel momento, non era stata mai presa. La Disciplinare, oltre alla ripetizione, sanziona un turno di squalifica al terreno di gioco del Borussia, che si ritrova così ad ospitare l’Inter in campo neutro. Il 3 novembre finalmente si torna a giocare, con la partita di “andata” a Milano. vince l’Inter 4-2: segnano Bellugi e Boninsegna, accorcia Le Fevre, poi Jair per l’Inter e Wittkamp per i tedeschi. All’ultimo minuto, Ghio, che non avrebbe dovuto disputare quell’incontro(1), sigla il definitivo 4-2.
Il primo dicembre si gioca la gara di ritorno sul campo neutro di Berlino. In un clima infuocato l’Inter resiste e porta a casa la qualificazione grazie ad uno 0-0 giocato tutto in difesa. Eroe della serata è il giovane portiere Ivano Bordon che, con strepitosi interventi, para l’impossibile, compreso un rigore di Sieloff. Ma il vero protagonista del passaggio del turno non è Bordon ma Prisco che, alla fine della partita, riceve un biglietto di Angelo Moratti: «Avete giocato in undici, ma il migliore in campo sei stato tu. Angelo Moratti».
(1) Per i fatti di Moenchengladbach la Disciplinare aveva anche squalificato Mario Corso per 14 mesi per aver scalciato l’arbitro Dorpmans a fine gara. In realtà, a compiere l’infausto gesto era stato Ghio, ma l’Uefa non rettificò la decisione e la squalifica a Corso venne confermata.
Il 20 ottobre 1971 si gioca in Germania la gara di andata. Gli interisti, che nelle loro file possono vantare campioni come Mazzola, Jair, Corso e Facchetti, sono convinti di passare agevolmente il turno, ma i bianco-verdi tedeschi li sorprendono con un avvio al fulmicotone: dopo pochi minuti va in gol Heyckens e, al pareggio di Boninsegna, risponde il danese Le Fevre.
Si arriva al 29’: Boninsegna si appresta a battere una rimessa laterale quando, improvvisamente casca a terra. A quanto pare, una lattina di Coca-Cola lo ha colpito alla testa. In campo si scatena il putiferio: si formano capannelli di giocatori rinforzati dall’ingresso in campo di uomini dalle panchine e l’arbitro olandese Dorpmans fatica a ristabilire l’ordine. Il centrocampista tedesco Netzer, scorge per terra una lattina vuota mezza accartocciata e con un calcio la spinge verso un agente di polizia a bordo campo. Questi, sveltissimo, la prende e la infila sotto al cappotto. Mazzola vede la scena e cerca di recuperare la lattina ma trova solo l’opposizione del poliziotto. Poi, colpo di genio, nota due tifosi italiani dietro le transenne di recinzione. Uno di loro ha in mano una lattina piena. Mazzola lo guarda, il tifoso capisce al volo e passa la lattina nelle mani dell’interista che poi a grandi passi va a consegnarla all’arbitro. Boninsegna, nel frattempo è ancora a terra ma non sembra aver subito un grave danno. Tuttavia, il medico interista decide che l’attaccante non può riprendere il gioco e l’allenatore Invernizzi lo sostituisce con Ghio. La partita ricomincia tra i fischi dello stadio e con i calciatori tedeschi che, più agguerriti che mai, distruggono l’Inter: alla fine è un pesantissimo 7-1.
Il giorno dopo l’Inter, nella persona dell’avvocato Prisco, sporge reclamo alla Commissione Disciplinare dell’Uefa. Il regolamento europeo non contempla però il principio della responsabilità oggettiva, secondo la quale una società deve pagare per il comportamento dei suoi tifosi. Ma Prisco non demorde e alla fine ne esce vincitore: per la prima volta viene riconosciuta la responsabilità oggettiva e il risultato di Moenchengladbach non viene omologato. Il 28 ottobre l’Uefa decreta l’annullamento della partita e ordina che la sua ripetizione venga giocata dopo il match di Milano, a quel punto da considerarsi come gara d’andata. Le reazioni dei tedeschi sono veementi e piovono accuse pesanti: secondo loro è stata l’Inter a spingere l’Uefa a prendere una decisione che, fino a quel momento, non era stata mai presa. La Disciplinare, oltre alla ripetizione, sanziona un turno di squalifica al terreno di gioco del Borussia, che si ritrova così ad ospitare l’Inter in campo neutro. Il 3 novembre finalmente si torna a giocare, con la partita di “andata” a Milano. vince l’Inter 4-2: segnano Bellugi e Boninsegna, accorcia Le Fevre, poi Jair per l’Inter e Wittkamp per i tedeschi. All’ultimo minuto, Ghio, che non avrebbe dovuto disputare quell’incontro(1), sigla il definitivo 4-2.
Il primo dicembre si gioca la gara di ritorno sul campo neutro di Berlino. In un clima infuocato l’Inter resiste e porta a casa la qualificazione grazie ad uno 0-0 giocato tutto in difesa. Eroe della serata è il giovane portiere Ivano Bordon che, con strepitosi interventi, para l’impossibile, compreso un rigore di Sieloff. Ma il vero protagonista del passaggio del turno non è Bordon ma Prisco che, alla fine della partita, riceve un biglietto di Angelo Moratti: «Avete giocato in undici, ma il migliore in campo sei stato tu. Angelo Moratti».
(1) Per i fatti di Moenchengladbach la Disciplinare aveva anche squalificato Mario Corso per 14 mesi per aver scalciato l’arbitro Dorpmans a fine gara. In realtà, a compiere l’infausto gesto era stato Ghio, ma l’Uefa non rettificò la decisione e la squalifica a Corso venne confermata.