Lunedì 22 dicembre sarà online, sul nostro sito, il terzo appuntamento con "Parola alla difesa", il ciclo di interviste di JU29RO che si propone di indagare ragioni e argomenti della difesa degli imputati nei processi originatisi dalle inchieste delle procure di Roma e Napoli, che hanno portato alle sentenze sportive dell' estate 2006.
L'appuntamento è questa volta particolarmente succoso: a rispondere alle nostre domande è infatti l'Avvocato Maurilio Prioreschi, difensore di Luciano Moggi nel processo di Napoli e di Franco Zavaglia nel processo GEA. Decano della professione e, senza iperboli, uno dei professionisti più apprezzati e stimati nel panorama giudiziario italiano, ha risposto alle nostre domande, affrontando a 360 gradi gli argomenti dei due processi.
Ne è risultata un'intervista pregna di significato, indispensabile per comprendere a pieno i temi emersi durante questi ultimi due anni. Le affermazioni di Prioreschi gettano luce sul metodo investigativo e sulla sostanza delle accuse rivolte agli imputati in maniera circostanziata e precisa e sono motivo di ottimismo per milioni di juventini che non solo vedono suffragate le tesi sostenute negli ultimi due anni, ma trovano nuovi preziosissimi argomenti a sostegno.
Possiamo dirlo: le dichiarazioni dell'avvocato, esposte con professionalità e rigore, sono andate oltre le nostre più rosee aspettative, nell'individuare crepe e incongruenze dell'impianto accusatorio. Dalle schede svizzere alle accuse di Baldini, dalla natura delle intercettazioni alla loro sostanza, Prioreschi offre un semplice ma ragionato schema di interpretazione dei fatti, raccontandoci novità sui processi e sulle cause in corso ad essi collegate.
Abbiamo voluto questa volta, per il suo carattere di eccezionalità e novità, proporvi in anteprima la lunga, circostanziata e sorprendente risposta che l'Avvocato ci ha dato, rispondendo al nostro quesito riguardo l'inutilizzabilità delle intercettazioni, da lui paventata in fase di udienza preliminare del processo di Napoli.
Di seguito, lasciamo la parola all'Avvocato, dando appuntamento a tutti voi per lunedì, giorno in cui l'intervista sarà pubblicata integralmente e potrete leggere tutte le sorprendenti dichiarazioni rilasciateci.
Ora, parola alla difesa.
Durante l'udienza preliminare, Lei ha sostenuto che "le intercettazioni di queste indagini sono inutilizzabili, non sono state registrate dal server centrale dalla Procura di Roma, ma direttamente dal centro operativo dei carabinieri di Roma". Narducci ha negato. Può chiarire la questione?
PRIORESCHI: La Procura di Napoli aveva disposto che le intercettazioni venissero eseguite presso la sala ascolti della Procura di Roma, con il sistema SITO, preso in affitto dalla società TRS di Roma, autorizzando contestualmente i C.C. al riascolto. La tecnica scelta dalla Procura di Napoli sarebbe stata quella della cosiddetta “remotizzazione”. In sostanza, attraverso il sistema SITO, fornito dalla società TRS di Roma, e la relativa installazione di un server presso la sala ascolti della Procura di Roma, sarebbe avvenuta la registrazione delle telefonate intercettate, che poi, attraverso un collegamento remoto, venivano inviate presso i carabinieri del reparto operativo per il riascolto. Tale sistema è stato ritenuto legittimo dalla Suprema Corte, che da ultimo, con la sentenza delle SS.UU. 26 giugno–23 settembre 2008 n. 36359 (risolvendo un contrasto giurisprudenziale), ha stabilito le condizioni per la utilizzabilità delle intercettazioni con il suddetto sistema della remotizzazione “…condizione necessaria per l’utilizzabilità delle intercettazioni è che la registrazione – che consiste nell’immissione nella memoria informatica centralizzata (server), dei dati captati nella centrale dell’operatore telefonico – sia avvenuto per mezzo degli impianti installati in Procura, anche se le operazioni di ascolto, verbalizzazione e riproduzione dei dati registrati siano eseguite negli uffici di polizia giudiziaria”.
A ben vedere, detta condizione stabilita dalle Sezioni Unite non si rinviene nel nostro caso. Vediamo perché.
A) In data 3 novembre 2004, i carabinieri di Roma hanno chiesto al P.M. di essere autorizzati al noleggio del sistema SITO da installarsi sia presso la sala intercettazione della Procura di Roma e presso il reparto operativo. La richiesta appare singolare e superflua in quanto il P.M. aveva già autorizzato il noleggio ed il riascolto in precedenza, in data 2 novembre 2004. In realtà la richiesta dimostra che i carabinieri dovevano in sostanza eseguire direttamente le intercettazioni presso il reparto operativo. E infatti, in calce alla richiesta del 3 novembre 2004, il P.M. scrive di suo pugno: “V° SI AUTORIZZA L’USO DEL SISTEMA SITO (DELLA TRS DI ROMA) PER L’ESECUZIONE DELLE INTERCETTAZIONI DI CUI AL DECRETO 2614/04 R. (16 UTENZE ). Napoli 4/11/04”. Quindi il P.M., con questo provvedimento, non autorizza il riascolto, che era già stato autorizzato in precedenza, ma autorizza i carabinieri a dotarsi del sistema per eseguire le intercettazioni su sedici utenze.
B) Tanto ciò è vero che, nel decreto esecutivo del 5 novembre 2004 ovvero del 15 giugno 2005 (il decreto reca due date), vi è una correzione a penna con asterisco e si autorizzano i carabinieri ad installare 18 linee con sistema SITO e a noleggiare detto sistema. Se i carabinieri avessero dovuto effettuare solo il riascolto non vi era la necessità di installare 18 linee telefoniche e di noleggiare il sistema SITO che è il server. Ed infatti l’installazione del server presso il reparto operativo sta ad indicare che la registrazione delle telefonate non avveniva per mezzo dell’impianto installato in Procura, che fungeva da mero ripetitore ma, direttamente in quello di cui si erano dotati i carabinieri. E’ noto infatti che per la remotizzazione è necessaria una sola linea e un semplice collegamento remoto a dei personal computer e che su una linea possono transitare oltre 150 numeri telefonici sottoposti ad intercettazione. Scrivono sul punto i Giudici delle SS.UU. nella sentenza citata: “Le operazioni di registrazione che in forza del terzo comma, parte prima, dell’art. 268 c.p.p., debbono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica, consistono dunque… nella immissione dei dati (captati presso la centrale dell’operatore telefonico e trasmessi agli impianti in Procura), nella memoria informatica centralizzata (cosiddetto server) che si trova nei locali della Procura della Repubblica a ciò destinati. I menzionati apparati permettono altresì di remotizzare agevolmente (attraverso il sistema cosiddetto client-server) l’ascolto – nonché, volendo, anche una registrazione (ovviamente derivata da quella effettuata in Procura, e da non potersi a questa sostituire), deviando anche il flusso in entrata anche verso molteplici punti di ricezione, collocabili in qualsiasi luogo (e dunque anche all’esterno degli uffici di Procura) e collegati con il sistema centrale verso cui l’operatore telefonico ha trasmesso il flusso di dati captati. Spinta più oltre, la tecnica in questione può trasformare l’impianto presente in Procura in una sorta di mero ripetitore, utilizzato esclusivamente per l’instradamento del flusso di dati dall’operatore telefonico a quello di polizia, senza l’inserimento e la registrazione di quei dati nel server (memoria informatica centralizzata) esistente nei locali della Procura; infatti, è sufficiente che presso la Procura venga occupata una linea telefonica verso cui avviene la trasmissione dei dati captati dall’operatore telefonico, immediatamente resi disponibili in remoto: un’intercettazione così effettuata sarebbe certamente illegittima, con sanzione di inutilizzabilità”.
Questo è quanto avvenuto nel caso di specie.
C) Ed infatti, il precedente decreto esecutivo del 6 ottobre 2004, autorizzava i carabinieri a noleggiare per il riascolto 1 linea con il sistema SITO. E’ evidente la differenza tra i due decreti: in quello del 5 novembre 2004 (o 15 giugno 2005) non si parla di riascolto e si autorizza l’installazione di 18 linee. Per il riascolto è sufficiente una linea, come dimostra il decreto del 6 ottobre 2004. Quindi, mentre nel decreto del 5 novembre 2004-15 giugno 2005, si dice testualmente: “…letta la nota n. 554/11-4 datata 3 novembre 2004, con la quale la II Sezione del RONO Carabinieri di Roma chiede di essere autorizzato a servirsi per la ricerca delle prove, in nome e per conto di questo ufficio di 18 linee con sistema SITO…”; quello del 6 ottobre 2004 recita : “…letta la nota n. 5545-1 datata 05 ottobre 2004, con la quale la II Sezione del RONO Carabinieri di Roma chiede di essere autorizzato a servirsi per il RIASCOLTO delle prove, in nome e per conto di questo ufficio, di 1 linea con sistema SITO…”. Non v’è dubbio pertanto che con il decreto 5 novembre 2004-15 giugno 2005, il server veniva installato presso i carabinieri, e quindi non si trattava di riascolto ma di registrazione diretta delle intercettazioni che venivano deviate dall’impianto installato in procura che fungeva da mero ripetitore. Non è altrimenti spiegabile la circostanza che in Procura era installata una sola linea e presso il reparto operativo ben 18 linee e che la Procura ha dovuto emettere questo ulteriore decreto esecutivo, che com’è noto, non è necessario per giurisprudenza costante del Giudice di legittimità. Sulla base della giurisprudenza richiamata quindi, dette intercettazioni sono inutilizzabili per violazione dell’art. 268 comma 3 c.p.p..
D) Ma non basta. Tanto è vero che le intercettazioni sono state registrate e quindi eseguite presso il reparto operativo dei carabinieri di Roma che il gestore TIM comunica direttamente all’arma gli IMSI relativi alle utenze poste sotto intercettazione e non al CIT della Procura di Roma. E questo sin dal 12 ottobre 2004.
E) Ed ancora. Risulta dalle comunicazioni riservate che la Procura di Roma ha inviato ai gestori delle reti telefoniche che il centro intercettazioni incaricato era quello del R.O.N.O. e cioè Reparto Operativo, Nucleo Operativo dei Carabinieri di Roma e non il C.I.T. presso la procura di Roma che, quindi, come già detto ha fatto solo da “ripetitore”. Intercettazioni che come risulta da dette comunicazioni sin dal primo decreto e successive proroghe, sono state eseguite direttamente dai carabinieri. A maggiore conferma di tale tesi vi sono le ulteriori circostanze che sia la trascrizione delle intercettazioni, che la riproduzione su CD/DVD, operata quest’ultima, tra l’altro, non dalla P.G. ma dalla società TRS, sono avvenute presso il reparto operativo.
Infine, una NOTA DELLA REDAZIONE.
Insomma, al di là degli aspetti tecnici, cos'è che ci racconta l'avvocato Prioreschi?
Ci dice che, per legge, le intercettazioni dovrebbero essere realizzate dalla Procura (in questo caso di Roma), nel senso di immagazzinate in un server installato lì, e non in una caserma dei Carabinieri. Al massimo, i Carabinieri avrebbero potuto, in un secondo tempo, connettersi con la Procura per ascoltare le registrazioni, trascriverne il contenuto e compilare le loro informative d'indagine.
Invece, un passaggio fondamentale sarebbe stato saltato, le intercettazioni sarebbero state fatte direttamente in caserma, i files audio sarebbero stati creati e immagazzinati su server direttamente lì.
Ciò, sarebbe contro la legge. Una legge che evidentemente tutela i diritti delle persone.
C'è un altro aspetto molto importante che riguarda le date degli atti di autorizzazione a intercettare.
Nel primo atto, quello dell'ottobre 2004, i Carabinieri, come vuole la legge, sono autorizzati ad "ascoltare" le intercettazioni fatte della Procura.
Poi però ne viene redatto un secondo, di un mese dopo, in cui i Carabinieri verrebbero autorizzati a registrare le telefonate direttamente su un server loro, come la legge invece proibirebbe. In più, questo secondo atto, contiene uno strano scarabocchio, che pone dei dubbi sui tempi: rimane il dubbio che questo secondo atto sia invece del giugno 2005.
Quando è stato approvato questo documento? A novembre 2004 o a giugno 2005?
Ricordiamo che le intercettazioni in questione riguardano un periodo che intercorre proprio tra l'autunno 2004 e il maggio 2005...
A questo punto, la domanda è d'obbligo: perchè i Carabinieri non hanno seguito la procedura? Perchè memorizzare le intercettazioni in un server dell'Arma a Roma e non in Procura? Cosa succedeva in quella caserma capitolina?
L'appuntamento è questa volta particolarmente succoso: a rispondere alle nostre domande è infatti l'Avvocato Maurilio Prioreschi, difensore di Luciano Moggi nel processo di Napoli e di Franco Zavaglia nel processo GEA. Decano della professione e, senza iperboli, uno dei professionisti più apprezzati e stimati nel panorama giudiziario italiano, ha risposto alle nostre domande, affrontando a 360 gradi gli argomenti dei due processi.
Ne è risultata un'intervista pregna di significato, indispensabile per comprendere a pieno i temi emersi durante questi ultimi due anni. Le affermazioni di Prioreschi gettano luce sul metodo investigativo e sulla sostanza delle accuse rivolte agli imputati in maniera circostanziata e precisa e sono motivo di ottimismo per milioni di juventini che non solo vedono suffragate le tesi sostenute negli ultimi due anni, ma trovano nuovi preziosissimi argomenti a sostegno.
Possiamo dirlo: le dichiarazioni dell'avvocato, esposte con professionalità e rigore, sono andate oltre le nostre più rosee aspettative, nell'individuare crepe e incongruenze dell'impianto accusatorio. Dalle schede svizzere alle accuse di Baldini, dalla natura delle intercettazioni alla loro sostanza, Prioreschi offre un semplice ma ragionato schema di interpretazione dei fatti, raccontandoci novità sui processi e sulle cause in corso ad essi collegate.
Abbiamo voluto questa volta, per il suo carattere di eccezionalità e novità, proporvi in anteprima la lunga, circostanziata e sorprendente risposta che l'Avvocato ci ha dato, rispondendo al nostro quesito riguardo l'inutilizzabilità delle intercettazioni, da lui paventata in fase di udienza preliminare del processo di Napoli.
Di seguito, lasciamo la parola all'Avvocato, dando appuntamento a tutti voi per lunedì, giorno in cui l'intervista sarà pubblicata integralmente e potrete leggere tutte le sorprendenti dichiarazioni rilasciateci.
Ora, parola alla difesa.
Durante l'udienza preliminare, Lei ha sostenuto che "le intercettazioni di queste indagini sono inutilizzabili, non sono state registrate dal server centrale dalla Procura di Roma, ma direttamente dal centro operativo dei carabinieri di Roma". Narducci ha negato. Può chiarire la questione?
PRIORESCHI: La Procura di Napoli aveva disposto che le intercettazioni venissero eseguite presso la sala ascolti della Procura di Roma, con il sistema SITO, preso in affitto dalla società TRS di Roma, autorizzando contestualmente i C.C. al riascolto. La tecnica scelta dalla Procura di Napoli sarebbe stata quella della cosiddetta “remotizzazione”. In sostanza, attraverso il sistema SITO, fornito dalla società TRS di Roma, e la relativa installazione di un server presso la sala ascolti della Procura di Roma, sarebbe avvenuta la registrazione delle telefonate intercettate, che poi, attraverso un collegamento remoto, venivano inviate presso i carabinieri del reparto operativo per il riascolto. Tale sistema è stato ritenuto legittimo dalla Suprema Corte, che da ultimo, con la sentenza delle SS.UU. 26 giugno–23 settembre 2008 n. 36359 (risolvendo un contrasto giurisprudenziale), ha stabilito le condizioni per la utilizzabilità delle intercettazioni con il suddetto sistema della remotizzazione “…condizione necessaria per l’utilizzabilità delle intercettazioni è che la registrazione – che consiste nell’immissione nella memoria informatica centralizzata (server), dei dati captati nella centrale dell’operatore telefonico – sia avvenuto per mezzo degli impianti installati in Procura, anche se le operazioni di ascolto, verbalizzazione e riproduzione dei dati registrati siano eseguite negli uffici di polizia giudiziaria”.
A ben vedere, detta condizione stabilita dalle Sezioni Unite non si rinviene nel nostro caso. Vediamo perché.
A) In data 3 novembre 2004, i carabinieri di Roma hanno chiesto al P.M. di essere autorizzati al noleggio del sistema SITO da installarsi sia presso la sala intercettazione della Procura di Roma e presso il reparto operativo. La richiesta appare singolare e superflua in quanto il P.M. aveva già autorizzato il noleggio ed il riascolto in precedenza, in data 2 novembre 2004. In realtà la richiesta dimostra che i carabinieri dovevano in sostanza eseguire direttamente le intercettazioni presso il reparto operativo. E infatti, in calce alla richiesta del 3 novembre 2004, il P.M. scrive di suo pugno: “V° SI AUTORIZZA L’USO DEL SISTEMA SITO (DELLA TRS DI ROMA) PER L’ESECUZIONE DELLE INTERCETTAZIONI DI CUI AL DECRETO 2614/04 R. (16 UTENZE ). Napoli 4/11/04”. Quindi il P.M., con questo provvedimento, non autorizza il riascolto, che era già stato autorizzato in precedenza, ma autorizza i carabinieri a dotarsi del sistema per eseguire le intercettazioni su sedici utenze.
B) Tanto ciò è vero che, nel decreto esecutivo del 5 novembre 2004 ovvero del 15 giugno 2005 (il decreto reca due date), vi è una correzione a penna con asterisco e si autorizzano i carabinieri ad installare 18 linee con sistema SITO e a noleggiare detto sistema. Se i carabinieri avessero dovuto effettuare solo il riascolto non vi era la necessità di installare 18 linee telefoniche e di noleggiare il sistema SITO che è il server. Ed infatti l’installazione del server presso il reparto operativo sta ad indicare che la registrazione delle telefonate non avveniva per mezzo dell’impianto installato in Procura, che fungeva da mero ripetitore ma, direttamente in quello di cui si erano dotati i carabinieri. E’ noto infatti che per la remotizzazione è necessaria una sola linea e un semplice collegamento remoto a dei personal computer e che su una linea possono transitare oltre 150 numeri telefonici sottoposti ad intercettazione. Scrivono sul punto i Giudici delle SS.UU. nella sentenza citata: “Le operazioni di registrazione che in forza del terzo comma, parte prima, dell’art. 268 c.p.p., debbono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica, consistono dunque… nella immissione dei dati (captati presso la centrale dell’operatore telefonico e trasmessi agli impianti in Procura), nella memoria informatica centralizzata (cosiddetto server) che si trova nei locali della Procura della Repubblica a ciò destinati. I menzionati apparati permettono altresì di remotizzare agevolmente (attraverso il sistema cosiddetto client-server) l’ascolto – nonché, volendo, anche una registrazione (ovviamente derivata da quella effettuata in Procura, e da non potersi a questa sostituire), deviando anche il flusso in entrata anche verso molteplici punti di ricezione, collocabili in qualsiasi luogo (e dunque anche all’esterno degli uffici di Procura) e collegati con il sistema centrale verso cui l’operatore telefonico ha trasmesso il flusso di dati captati. Spinta più oltre, la tecnica in questione può trasformare l’impianto presente in Procura in una sorta di mero ripetitore, utilizzato esclusivamente per l’instradamento del flusso di dati dall’operatore telefonico a quello di polizia, senza l’inserimento e la registrazione di quei dati nel server (memoria informatica centralizzata) esistente nei locali della Procura; infatti, è sufficiente che presso la Procura venga occupata una linea telefonica verso cui avviene la trasmissione dei dati captati dall’operatore telefonico, immediatamente resi disponibili in remoto: un’intercettazione così effettuata sarebbe certamente illegittima, con sanzione di inutilizzabilità”.
Questo è quanto avvenuto nel caso di specie.
C) Ed infatti, il precedente decreto esecutivo del 6 ottobre 2004, autorizzava i carabinieri a noleggiare per il riascolto 1 linea con il sistema SITO. E’ evidente la differenza tra i due decreti: in quello del 5 novembre 2004 (o 15 giugno 2005) non si parla di riascolto e si autorizza l’installazione di 18 linee. Per il riascolto è sufficiente una linea, come dimostra il decreto del 6 ottobre 2004. Quindi, mentre nel decreto del 5 novembre 2004-15 giugno 2005, si dice testualmente: “…letta la nota n. 554/11-4 datata 3 novembre 2004, con la quale la II Sezione del RONO Carabinieri di Roma chiede di essere autorizzato a servirsi per la ricerca delle prove, in nome e per conto di questo ufficio di 18 linee con sistema SITO…”; quello del 6 ottobre 2004 recita : “…letta la nota n. 5545-1 datata 05 ottobre 2004, con la quale la II Sezione del RONO Carabinieri di Roma chiede di essere autorizzato a servirsi per il RIASCOLTO delle prove, in nome e per conto di questo ufficio, di 1 linea con sistema SITO…”. Non v’è dubbio pertanto che con il decreto 5 novembre 2004-15 giugno 2005, il server veniva installato presso i carabinieri, e quindi non si trattava di riascolto ma di registrazione diretta delle intercettazioni che venivano deviate dall’impianto installato in procura che fungeva da mero ripetitore. Non è altrimenti spiegabile la circostanza che in Procura era installata una sola linea e presso il reparto operativo ben 18 linee e che la Procura ha dovuto emettere questo ulteriore decreto esecutivo, che com’è noto, non è necessario per giurisprudenza costante del Giudice di legittimità. Sulla base della giurisprudenza richiamata quindi, dette intercettazioni sono inutilizzabili per violazione dell’art. 268 comma 3 c.p.p..
D) Ma non basta. Tanto è vero che le intercettazioni sono state registrate e quindi eseguite presso il reparto operativo dei carabinieri di Roma che il gestore TIM comunica direttamente all’arma gli IMSI relativi alle utenze poste sotto intercettazione e non al CIT della Procura di Roma. E questo sin dal 12 ottobre 2004.
E) Ed ancora. Risulta dalle comunicazioni riservate che la Procura di Roma ha inviato ai gestori delle reti telefoniche che il centro intercettazioni incaricato era quello del R.O.N.O. e cioè Reparto Operativo, Nucleo Operativo dei Carabinieri di Roma e non il C.I.T. presso la procura di Roma che, quindi, come già detto ha fatto solo da “ripetitore”. Intercettazioni che come risulta da dette comunicazioni sin dal primo decreto e successive proroghe, sono state eseguite direttamente dai carabinieri. A maggiore conferma di tale tesi vi sono le ulteriori circostanze che sia la trascrizione delle intercettazioni, che la riproduzione su CD/DVD, operata quest’ultima, tra l’altro, non dalla P.G. ma dalla società TRS, sono avvenute presso il reparto operativo.
La questione è molto tecnica e mi scuso se non può essere semplificata ulteriormente.
Infine, una NOTA DELLA REDAZIONE.
Insomma, al di là degli aspetti tecnici, cos'è che ci racconta l'avvocato Prioreschi?
Ci dice che, per legge, le intercettazioni dovrebbero essere realizzate dalla Procura (in questo caso di Roma), nel senso di immagazzinate in un server installato lì, e non in una caserma dei Carabinieri. Al massimo, i Carabinieri avrebbero potuto, in un secondo tempo, connettersi con la Procura per ascoltare le registrazioni, trascriverne il contenuto e compilare le loro informative d'indagine.
Invece, un passaggio fondamentale sarebbe stato saltato, le intercettazioni sarebbero state fatte direttamente in caserma, i files audio sarebbero stati creati e immagazzinati su server direttamente lì.
Ciò, sarebbe contro la legge. Una legge che evidentemente tutela i diritti delle persone.
C'è un altro aspetto molto importante che riguarda le date degli atti di autorizzazione a intercettare.
Nel primo atto, quello dell'ottobre 2004, i Carabinieri, come vuole la legge, sono autorizzati ad "ascoltare" le intercettazioni fatte della Procura.
Poi però ne viene redatto un secondo, di un mese dopo, in cui i Carabinieri verrebbero autorizzati a registrare le telefonate direttamente su un server loro, come la legge invece proibirebbe. In più, questo secondo atto, contiene uno strano scarabocchio, che pone dei dubbi sui tempi: rimane il dubbio che questo secondo atto sia invece del giugno 2005.
Quando è stato approvato questo documento? A novembre 2004 o a giugno 2005?
Ricordiamo che le intercettazioni in questione riguardano un periodo che intercorre proprio tra l'autunno 2004 e il maggio 2005...
A questo punto, la domanda è d'obbligo: perchè i Carabinieri non hanno seguito la procedura? Perchè memorizzare le intercettazioni in un server dell'Arma a Roma e non in Procura? Cosa succedeva in quella caserma capitolina?