carabinieriNel precedente articolo "Calciopoli, perchè Napoli" abbiamo visto quali considerazioni hanno portato i pm Narducci e Beatrice a non servirsi più della struttura investigativa di Napoli e ad affidare le indagini ai carabinieri di Roma.
Nel periodo che va da luglio 2004 ad aprile 2006 nulla trapela delle indagini in corso, il campionato scorre regolare con le solite lamentele di tutti per giustificare ogni sconfitta. Nulla di nuovo se non ci fossero strane dichiarazioni, a più riprese, di tesserati e dirigenti interisti a parlare di "dossier" e di future "chiamate a rispondere nelle sedi opportune". Per quel che è successo dopo, queste dichiarazioni sono state interpretate da molti come una prova che chi aveva pronunciato quelle frasi sapesse che erano in corso delle intercettazioni e delle indagini.
Il 22 aprile 2006 è la Gazzetta (gruppo RCS, quello del patto di sindacato con dentro la Fiat e la Pirelli) a scrivere per prima dello scandalo. A quel punto la FIGC di Carraro fa presente che l'Ufficio Indagini, che aveva ricevuto in precedenza il materiale dell'inchiesta mancata di Torino, si era già attivato e che il procuratore Pappa aveva consultato il pm Palamara di Roma che però, come sappiamo, stava indagando sulla GEA. Sembra quasi che la Gazzetta (e il suo patto di sindacato) sappiano di calciopoli e dell'indagine di Napoli prima di Carraro.

MAGGIO 2006 - LO SCANDALO E' SERVITO.
Dai primi giorni del maggio 2006 una marea di intercettazioni si riversa su tutti i giornali. Calciopoli, l'indagine che i pm napoletani covavano gelosamente, è in prima pagina persino su quei giornali che poco o male si occupano di calcio. Le trasmissioni televisive non sono da meno e completano il processo mediatico.
Sulla stampa finiscono anche intercettazioni che sembrano non avere alcun peso probatorio, come quella del tentato abbordaggio di Alessandro Moggi nei confronti di una giornalista o quella tra Giraudo e Moggi sui figli di Bettega.
Perchè telefonate "non probanti" vengono trascritte? Abbiamo sempre saputo che la prassi normale è: il tecnico del CNAG smista la telefonata al centro d'ascolto della polizia giudiziaria, questa registra le telefonate, le riascolta e poi trascrive quelle che possono "condurre" a prove.
Eccesso di zelo da parte dei carabinieri di Roma e, quindi, dovevamo aspettarci la trascrizione totale delle quasi 100.000 telefonate? Non è stato così.
Ed allora la trascrizione di quelle 2 telefonate citate sembra indicare che, chi le ha passate ai media, avesse come intento quello di mettere nel calderone tutto quello che poteva essere utile ad incrementare l'immagine di "mostro" per l'indagato da copertina, Luciano Moggi.
D'Avanzo e Bonini su Repubblica del 15 giugno 2006 scrivono che:
"Le cose dovevano andare così. Il Mondiale "liscio". Poi, a luglio, la luna nera. A giochi chiusi, Luciano Moggi, Pierluigi Pairetto e Paolo Bergamo devono essere arrestati.[....]E' il loro maligno mestiere: indebolire gli attori per comprendere la trama della storia. A questo servivano anche gli arresti. Sarebbero stati domiciliari. Senza possibilità di comunicare con l'esterno. L'accusa voleva isolare Moggi, Pairetto e Bergamo dal loro ambiente. Da pressioni, complicità, magari ricatti. I pm falliscono. E tuttavia il peggio deve ancora affacciarsi.[....] Vengono pubblicate anche intercettazioni mai trascritte e colloqui mutilati o manipolati per sottrazione. Conversazioni scherzose, e per questa ragione eliminate dai pubblici ministeri. Addirittura, appare un atto di indagine che non risulta agli atti. Il contenuto è soltanto verosimile, riguarda il rapporto tra il Milan e gli arbitri. Il numero di protocollo è un falso (Borrelli è venuto a capo del trucco, appena l'altro giorno)"
I due giornalisti scrivono che a Napoli avrebbero capito l'origine della fuga di notizie: "La novità è che a Napoli, l'ufficio del pubblico ministero individua il luogo e le persone che, uniche, hanno potuto violare il segreto. I nomi sono ora, nero su bianco, negli atti trasmessi alla Procura di Roma. C'è un'accusa grave in queste carte. La fuga di notizie, sostengono a Napoli, è stata così imponente e distruttiva che deve essere stata "autorizzata dal comando del Nucleo Provinciale dei carabinieri di Roma e da alti ufficiali dell'Arma da cui gerarchicamente dipende quella struttura"."

Bonini e D'Avanzo chiudono il loro articolo parlando di quali carte i pm mantengano nelle mani ed insinuando un significativo sospetto: "I pubblici ministeri si conservano tre sole carte, ancora. Le presunte responsabilità della Commissione di appello federale (i giudici di merito della Figc). Le rivelazioni di segreto di ufficio che coinvolgono carabinieri, poliziotti, finanzieri, magistrati. E, infine, l'indagine accurata sulla "madre di tutte le partite truccate". Lecce-Parma 3-3 (29 maggio 2005). C'è un sospetto.
Perché quella partita, ultima di campionato, doveva finire proprio con quel risultato, 3-3? Perché tra le 2.187 combinazioni ancora possibili e capaci di decidere il destino di chi doveva andare in serie B, è stato combinato proprio quell'esito? L'arbitro De Santis avrebbe potuto lavorare di fino, come ha dimostrato di saper fare, per dare la vittoria al Lecce e dannare alla B il Parma. Era il modo più semplice per salvare la Fiorentina, come stava a cuore al Sistema. Il 3-3 è un risultato astruso, ma forse assai fine. Quel 3-3 può portare diritto nel cuore dell'affare che il Sistema non governava, ma di cui si approfittavano gli uomini del Sistema. Le scommesse clandestine."

Il terzo punto segnalato dai due giornalisti, quello sul 3-3 di Lecce-Parma e sul calcio scommesse, ci riporta alla "genesi" dell'indagine ma, se è stato approfondito dai pm, sembrerebbe non aver prodotto risultati, ad oggi.
Sulla rivelazione del segreto d'ufficio indaga la Procura di Roma. Noi siamo in attesa di notizie ma notiamo lo scarso interesse della stampa. Come è sempre avvenuto in casi simili si vede il sasso ma quasi mai si riesce a sapere e punire chi lo ha lanciato.
Il Corriere della Sera del 10 settembre 2006 anticipa quello che succederà dopo poco:
"Terremoto in arrivo al Nucleo Operativo dei Carabinieri di Roma. Saranno trasferiti i principali artefici dell'inchiesta su Calciopoli: il tenente colonnello Giovanni Arcangioli, comandante del Nucleo Operativo di Roma, e il maggiore Attilio Auricchio, titolare dell'indagine per conto dei pm di Napoli Narducci e Beatrice, «passeranno ad altro incarico». […] Le loro informative alla Procura di Napoli che si basavano sulle oltre diecimila telefonate intercettate durante l'anno calcistico 2004-2005 sono state ritenute figlie di una ricostruzione parziale, molto spesso lontana dalla realtà. Ma gli uomini dell'Arma che hanno condotto l'inchiesta sono finiti nell'occhio del ciclone anche per la fuga di notizie che ha portato alla pubblicazione integrale di tutte le informative redatte per conto della Procura di Napoli."
Il sipario dei media si alza per i due pm napoletani più di quanto fosse accaduto per le inchieste sulla camorra e sul calcio scommesse. Il pm Narducci dice a Repubblica: "Ora pulizia, chi sa parli. La giustizia sportiva non basta, serve il codice penale. Altri campionati nel mirino, è come combattere la camorra".
L'accusato principale Luciano Moggi, attraverso il suo avvocato Gianaria, inizia a disegnare uno scenario diverso: "Moggi proteggeva la Juve. Il potere è del Milan. Fuorviante pensare che fossero tutti al servizio di Luciano, di Bergamo e della Fazi. E’ una ipotesi che serve solo a creare il mostro".

CACCIA AD ALTRE PROVE.
Ora che l'indagine è alla luce del sole i pm napoletani sembrano avere fretta di trovare ulteriori riscontri non cercati prima. La Stampa del 18-05-2006 scrive:
"La caccia al tesoro di Big Luciano. I magistrati ipotizzano anche il reato di corruzione.
I due pm Giuseppe Narducci e Filippo Beatrice, si stanno concentrando su questioni di sostanza e hanno già ordinato accertamenti bancari sui principali protagonisti dello scandalo del calcio, e in particolare su Luciano Moggi e gli uomini, dagli arbitri ai designatori che, secondo l’ipotesi d’accusa, costituivano «la cupola» del calcio italiano."

Un passaggio di soldi sarebbe stato una bella prova ed avrebbe aggiunto valore all'imputazione per associazione a delinquere. Ad oggi non risulta che quegli accertamenti abbiano dato i risultati sperati dai pm.
Quello stesso 18 maggio la stampa informa che le indagini sono solo sul campionato 2004/5:
"Dalle indagini di Napoli non ci sono elementi per potere allo stato investigare sul campionato 2005-2006". Lo ha detto il procuratore aggiunto di Napoli, Roberti, coordinatore della DDA di Napoli. Le intercettazioni, ha spiegato, si sono concluse nel giugno del 2005. "Siamo quasi al termine delle nostre indagini - ha aggiunto Roberti - Siamo consapevoli della duplice esigenza: da un lato di terminare l'indagine penale in tempi brevi, e dall'altro di mettere a disposizione della Figc e dell'Ufficio Indagine il materiale perché possa procedere la giustizia sportiva con i tempi ristretti che le sono assegnati".

LO ZELO DELLA PROCURA CON BORRELLI.
La cronaca di quei giorni ci dice che il Commissario Straordinario della FIGC, Guido Rossi, si reca in visita pastorale dai pm napoletani ma torna a Roma senza aver ricevuto le carte desiderate. I giornali riferiscono che i pm napoletani si sono rifiutati di consegnarle. Forse chiedevano determinate garanzie, perchè le cose cambiano quando Pappa si dimette ed al suo posto viene nominato Borrelli. L'ex Capo di mani pulite si reca a Napoli il 26 maggio ed ottiene materiale d'indagine. Questo sarà portato alla luce nell'audizione di Borrelli, a settembre 2006, davanti alla Commissione Giustizia del Senato di cui riportiamo uno stralcio:
"BORRELLI: ....Quindi, in seguito ad intese telefoniche preventive tra l’avvocato Nicoletti e la procura della Repubblica di Napoli, lo stesso 26 maggio, quando ho preso possesso dell’ufficio a Roma, l’avvocato Nicoletti ed io ci siamo trasferiti a Napoli su una macchina dei Carabinieri e dietro mia richiesta verbale, perché non avevo ancora firmato nulla, il procuratore della Repubblica di Napoli, come risulta dalla lettera di accompagnamento datata 26 maggio, mi ha consegnato il cd-rom contenente la copia delle informative dei Carabinieri.
Sen. MANZIONE: Lei ha selezionato atti o si è limitato solo a ricevere quello che non aveva chiesto?
BORRELLI: Ho ricevuto degli atti.
Sen. MANZIONE: Atti che non aveva ancora chiesto formalmente e che non era titolato a chiedere perché non aveva assunto le funzioni. Questo è un limite."

CHI BENEFICIA DELLA FUGA DI NOTIZIE?
La fuga di notizie sembra danneggiare tecnicamente l'inchiesta dei pm napoletani ma l'attenzione dei media, tutta schierata dalla parte dell'accusa, sembra rafforzarla, almeno mediaticamente. Nella gogna mediatica e nei processi sportivi finiscono soprattutto Moggi e la Juve, ma vi sono coinvolte anche altre squadre tranne due squadre abituè dei lamenti post-partite: l'Inter e la Roma. Possibile che si lamentassero solo attraverso giornali e Tv e non anche con i designatori? Eppure nelle indagini di Torino compaiono due intercettazioni che dimostrano familiarità tra Pairetto e Facchetti. Eppure Bergamo dichiara a più riprese che lo chiamavano tutti, comprese l'Inter e la Roma. I giornali riferiranno che da ambienti giudiziari napoletani si viene a sapere che le telefonate dei "non indagati" erano telefonate normali e prive di interesse.
In quel periodo sono state molte le illazioni sul fatto che le due società, Inter e Roma, per vie diverse potessero sapere dell'indagine in corso. Molti avanzavano ipotesi basate sul fatto che il CNAG, che assicurava le intercettazioni, fosse della Telecom e che il suo CDA fosse quasi sovrapponibile a quello dell'Inter, mentre per la Roma venivano ipotizzate amicizie con chi indagava. Nel tempo queste illazioni sembrano rafforzarsi sulla base di notizie di cronaca che esamineremo dopo.

LE INFORMATIVE
Forse il vero scopo di chi ha provocato la fuga di notizie con tanto anticipo era che si potessero celebrare i processi sportivi in tempo utile per sovvertire i risultati del campo, perchè qualcuno traesse dalle sentenze sportive una boccata d'ossigeno per casse e bacheche vuote. Senza voler entrare nei processi sportivi, ampiamente trattati, giova ricordare che si basano soprattutto sulle informative dei carabinieri e su poche intercettazioni. Chi ha letto entrambe le informative dei CC, reperibili nella nostra sezione Download, non può non notare subito che sembrano vergate da una mano tifosa o "ispirate" da qualcuno.

INCROCI CON CALCIOPOLI
Due fatti di cronaca, all'apparenza scollegati, incrociano l'inchiesta calciopoli. Il primo esplode nel settembre 2006 e riguarda il più importante e sconcertante caso Telecom, ovattato dal silenzio con cui opera la Procura di Milano e dal poco interesse dei media che gli preferiscono lo scandalo del pallone. Prima di allora ne aveva parlato Giuseppe D'Avanzo, su Repubblica, già il 23 maggio in piena calciopoli, nell'articolo "Dall'Inter a Telecom i 100mila file degli spioni".
D'avanzo indaga sul caso e, in anticipo su tanti, scrive: "Il pasticcio spionistico incrocia anche lo scandalo del calcio. Per quanto racconta Emanuele Cipriani ai magistrati, nei file illegali della Polis d'Istinto ci sono alcuni dossier raccolti, su input dell'Inter di Massimo Moratti e ordine di Marco Tronchetti Provera, contro l'arbitro Massimo De Santis, il direttore sportivo di Messina e Genoa Mariano Fabiani, il direttore sportivo del Catanzaro Luigi Pavarese". E' il dossier Ladroni. Mariano Fabiani non entra nella prima fase dell'inchiesta, quella del 2006, ma entrerà nella seconda del 2007
Il 27 settembre 2006 Repubblica esce con una notizia sconcertante:
"Anche Juventus, Figc e la Gea nella ragnatela degli spioni. I tabulati telefonici in entrata e uscita finirono in un dossier con il nome in codice "Pratica Como". Lo rivela ai magistrati una dipendente di Telecom.
La documentazione che mi mostrate è relativa agli sviluppi sul traffico telefonico in entrata e uscita su utenze intestate a Federazione Gioco Calcio, Enrico Cennicola, Football Management, Juventus f. c., Gea World". È la "Pratica Como". "Mi fu richiesta da Adamo Bove l'11 febbraio 2003. Non so che uso ne abbia fatto e la dicitura "pratica Como" era un promemoria solo a lui noto". È il dossier segreto degli uomini Telecom sul mondo del calcio, quello della Juventus e delle società di procuratori sportivi che facevano capo a Alessandro Moggi (la Gea e la Football Management). È una donna, impiegata
Telecom al servizio prima di Adamo Bove e poi di Fabio Ghioni, a stretto contatto con Giuliano Tavaroli (ex numero uno della Security Telecom) a svelare ai magistrati i legami tra "spioni" e mondo del calcio. [...] Tra questi documenti, quelli appunto contrassegnati "dai progressivi 112 al 119 con tutte le telefonate della Juventus di Luciano Moggi, la Gea ma anche del guardalinee Enrico Ceniccola, finito nell'inchiesta di Napoli per la partita Lecce-Juve 0-1."

Questa notizia convince molti che Moggi non era da deridere quando sosteneva: "Usavo schede estere per non farmi intercettare dai concorrenti in trattative di mercato". Stranamente altri nomi coinvolti nell'indagine di Napoli si ritrovano anche nelle pratiche "Ladroni" e "Como" .
Questa notizia è preceduta, il 21 settembre, da quella dell'arresto di Tavaroli: "Venti ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dalla Procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta sulle intercettazioni coordinata dai pm Nicola Piacente, Stefano Civardi e Fabio Napoleone che tocca anche Telecom. Tra gli arrestati vi sono anche l'ex manager della società ed ex sottufficiale dell'Arma Giuliano Tavaroli, a lungo braccio destro di Marco Tronchetti Provera e capo della sicurezza del gruppo fino al maggio 2005, ed Emanuele Cipriani, titolare dell'agenzia di investigazioni fiorentina Polis d'Istinto. I due sono stati arrestati rispettivamente a Milano e a Firenze."
Dossier sulla Juve, su Moggi e su altri indagati a Napoli, Tavaroli attivo in Telecom fino al 2005 e le intercettazioni dell'inchiesta calciopoli, che si interrompono giusto nel 2005, sono notizie che molti mettono in relazione, fino a vederci un ruolo occulto del CNAG della Telecom nell'inchiesta di Napoli.
L'Espresso in una intervista ai pm Beatrice e Narducci tocca il tema, che era molto dibattuto:
"Oggi l'accusato numero uno solleva dubbi sulle intercettazioni Telecom.
Narducci: Qualche persona interessata avanza una tesi né dimostrata né dimostrabile: ci sarebbe stato un input iniziale, ovvero una regia occulta da parte della struttura Telecom che ha rapporti con l'autorità giudiziaria. Qualche indagato avanza sospetti: non si ritroverebbero telefonate o conversazioni che pure ci sarebbero state. Sono tutte sciocchezze grossolane. Sul campionato 2004-2005 il percorso investigativo è partito in modo che più lineare non si può: nelle richieste al giudice per le indagini preliminari si indicano gli elementi di prova in base ai quali, nell'autunno 2004, nascono queste intercettazioni. Il resto sono illazioni gratuite".
Quante sono state le intercettazioni?
Beatrice: "Trentamila circa; mille quelle utilizzate. Tutte le altre potrebbero essere trascritte su richiesta del difensore. È assolutamente chiaro che cosa è stato fatto dalla Procura di Napoli e dai carabinieri di Roma. Quei telefoni sono stati sotto intercettazione 24 ore su 24, tutti i giorni. Quello che non c'è non ci può essere, semplicemente perché non esiste nelle intercettazioni"


La dichiarazione che le intercettazioni sono state solo 30.000 non combacia con quanto riportato dalla Gazzetta del 27 giugno 2007: "Lunedì 15 maggio 2006, caserma dei carabinieri di via In Selci a Roma, ore 11.25: comincia l’interrogatorio di Luciano Moggi davanti ai pm della Procura di Napoli, Giuseppe Narducci e Filippo Beatrice [...] i giudici sono coadiuvati da cinque ufficiali dei carabinieri, su tutti il maggiore Attilio Auricchio, l’investigatore numero uno di "Moggiopoli". La Gazzetta è entrata in possesso del testo integrale del lungo confronto [...]
Maggiore dei carabinieri a un avvocato di Moggi: "Il suo cliente aveva 350 chiamate al giorno".
Avvocato: "Avete ascoltato 20.000 telefonate...".
Maresciallo: "Siamo arrivati a 100.000. (...) Solo del signore 100.000"
Se è riportata bene la risposta di Beatrice a L'Espressso e se è vero quanto riportato come "verbale di interrogatorio" da La Gazzetta, emerge uno dei tanti misteri senza risposta dell'inchiesta: le telefonate intercettate sono 30.000 o 100.000?

Dicevamo di due fatti che incrociano l'inchiesta di Napoli. Il secondo è del 1 aprile 2008: durante il controesame degli avvocati difensori, nel corso dell'udienza del processo GEA, si scopre che tra il maggiore Auricchio e Franco Baldini intercorrono da anni rapporti di amicizia: "Avevo conosciuto Baldini - ha detto il maggiore dei Carabinieri - quando era venuto a presentare un contro ignoti a nome della Roma per la vicenda delle false fideiussioni".
Inter e Roma, uniche tra le grandi società a rimanere fuori dall'inchiesta. La domanda logica che molti si sono posti è: avevano, potenzialmente, la possibilità di sapere che c'era una indagine in corso?

ACCUSE DEBOLI
Nel frattempo i gradi della giustizia sportiva si sono conclusi con sentenze paradossali. La Juve distrutta e Carraro quasi assolto (multa di 80.000 euro) sono gli opposti estremi. I giudici che emettono le sentenze sportive non riscontrano illeciti ed adottano formule creative per giustificare le pene inflitte. Giuristi estranei al processo affermano che si è confusa la slealtà con gli illeciti mentre avvocati di fama affermano che negli atti che si conoscono dell'indagine di Napoli "non c'è nulla di penalmente rilevante".
Il pm Beatrice non esiterà poi a bacchettare la giustizia sportiva: "La delusione e lo scetticismo per le istituzioni sportive credo sia generale. Alcuni risultati erano stati conseguiti nella sentenza di primo grado, poi sono stati annacquati fino agli arbitrati".
Sembra quasi che a Napoli si aspettassero una "nobilitazione" delle prove che, invece, pure all'esame della sommaria giustizia sportiva, sembrano deboli. Forse devono pensarlo gli stessi Beatrice e Narducci se si mettono a cercare qualche prova in più per rafforzare l'ipotesi accusatoria. Prove che cercano nelle carte vecchie, quelle informative datate 2005. Prove che avrebbero potuto essere nella pratica già a maggio 2006 e che invece vi entreranno solo un anno dopo, nel 2007, con un lavoro a ritroso sulle "schede svizzere" che, giova farlo notare, compaiono già nella prima informativa dell'aprile 2005. Ma questo, insieme a nuovi misteri irrisolti, sarà argomento del prossimo articolo.