Luca Beatrice è nato a Torino nel 1961. Vive a Torino. Insegna Storia dell’Arte all’Accademia di Brera, Milano. E’ critico d’arte contemporanea e curatore, ha realizzato monografie e cataloghi di mostre personali di importanti artisti italiani, internazionali, in particolare delle ultime generazioni. e giovani. Ha curato numerose rassegne e mostre collettive. Collabora con Juve Channel in qualità di opinionista e tifoso. Collabora con i quotidiani Libero, La Stampa, Tuttosport e con il settimanale Torino7 della Stampa, con le riviste Arte, Linus, Giudizio Universale, Rumore, Hurrà Juventus.
1. "L'Italia dovrà chiedere scusa a Moggi". Parole tue. Stai seguendo il processo di Napoli? Arriverà questo momento, secondo te?
No, non sto seguendo “il Processo” (qui il riferimento kafkiano è d’obbligo) perché a una certa età rovinarsi la salute non è più consigliabile. La Juventus, come è noto, è stata condannata dal bar, dalla piazza, dalla vox populi, dalla demagogia del giustizialismo: ciò che non è riuscito in politica ai grilli, ai travagli, ai dipietri è capitato più facilmente nel calcio. Sono convinto che Luciano Moggi non sia colpevole dei reati attribuitigli ma sia responsabile di scivolate nel cattivo gusto procurategli dall’orgia del potere. Censurabile, ma non condannabile. Soprattutto in Italia, un Paese esperto in riabilitazioni. Prima o poi toccherà anche a lui, ma non penso ci restituiranno il maltolto.
2. Calciopoli, in definitiva. Cosa è pesato di più, nell'abnorme e ingiusta punizione riservata alla Juventus: quello che Piero Ostellino ha definito "moralismo d'accatto", insito nella cultura italiana, o i giochi di potere lassù dove stanno i Montezemolo e gli Elkann, come sostiene ad esempio Moncalvo?
L’uno e l’altro. Il primo ha giocato un ruolo determinante nell’opinione pubblica. La Juve doveva essere condannata, punto e basta: per il gol di Turone, per lo scudetto “scippato” alla Fiorentina, per il rigore di Ronaldo, per il doping. Gli altri 40 milioni di italiani, quelli che non tifano Juve, non vedevano l’ora di azzerare i conti con la storia. In quanto alla “cupola”, impossibile non pensare a cosa sarebbe davvero accaduto se fosse stato ancora vivo l’Avvocato. Nessuno è eterno, solo la nostra passione.
3. Abbiamo letto anche alcune tue dichiarazioni in sostegno della nuova dirigenza. Ti sentiresti di difenderli anche allo stato attuale delle cose?
Difendo e difenderò sempre chi rappresenta la Juventus, dal presidente all’ultimo dei magazzinieri. E soprattutto li difendo perché sono stati gli unici a metterci la faccia, nel momento più drammatico della nostra storia. Un conto, infatti, è sedersi in tribuna al Old Trafford o a San Siro, un altro battere la provincia, da Crotone a Frosinone, da Arezzo a Trieste. La dirigenza attuale paga lo scotto non tanto dell’inesperienza quanto l’ingombrante confronto con i monumenti di prima. Però in fondo gli obiettivi prefissati sono stati in gran parte raggiunti, anche se sul mercato non si sono mossi benissimo e nonostante la scelta sbagliata di Ranieri. Attenzione: Ranieri l’ho difeso più volte, ma il casino l’ha fatto lui, è lui che si è reso indifendibile.
4. Un'accusa. Manca una figura che capisca di calcio all'interno dell'organigramma aziendale. Mancano forse anche gli juventini. Come vedi un eventuale ritorno di un'icona come Roberto Bettega?
No, Bettega appartiene al passato e tirarlo fuori ogni qualvolta si avvertono difficoltà è sbagliato. Bisogna certo investire su uomini di sport, carismatici e intelligenti come Montali, e soprattutto di calcio, come Pessotto e, a questo punto, Ciro Ferrara.
5. Un altro scudetto vinto dall'Inter: firma indelebile di Zlatan Ibrahimovic. Anno dopo anno, l'errore di cederlo a una diretta concorrente, sembra sempre più marchiano. Sarebbero andati così gli ultimi 3 campionati, se Zlatan fosse stato ceduto altrove?
Mi sarei “scandalizzato” se Ibra avesse portato l’Inter a vincere la Champions. Per gli scudetti molto meno. Ibra è un grandissimo (infatti non riesco a odiarlo così come odio Balotelli) ma è fondamentalmente un “talento di insuccesso” afflitto dalla maledizione del perdente in campo internazionale. Infatti se ne andrà da Milano, prima o poi. Mi preoccupa piuttosto la “francesizzazione” del campionato italiano: non vorremmo che l’Inter diventasse un secondo Lione, quindi il primo imperativo da parte delle altre grandi è ridurre il gap tecnico, fisico e psicologico che attualmente ci divide dai nerazzurri. Questione di tempo, spero non troppo.
6. Chi vedi alla guida tecnica della Juventus, il prossimo anno?
Ciro Ferrara.
7. Hai lavorato con la nuova dirigenza, come opinionista di Juventus Channel. Sai quanto i tifosi abbiano a cuore i due scudetti perduti. Da insider, che aria si respira in casa Juve nei confronti del passato? C'è qualche rancoroso all'interno, o si guarda tutti avanti?
Una precisazione: non lavoro per la società o la dirigenza ma da opinionista per una tv legata alla Juventus dove, in qualità di ospite, posso dire tutto ciò che mi viene in mente. Il passato, ripeto, è pesante, ingombrante, difficile, e i nostri tifosi non sono traumatizzati dal digiuno di titoli (è capitato altre volte) ma da quanto siamo stati costretti a subire. Solo una vittoria importante potrà pareggiare i conti con la storia: speriamo arrivi presto.
8. Hai lavorato con la Juventus anche per la mostra, molto bella, "Juventus. 110 anni ad opera d'arte.", da te curata, un percorso concettuale all'interno della storia della Vecchia Signora, raccontato attraverso le opere d'arte. Hai scelto di dedicare un percorso a "Classe, estro e fantasia" e un altro ai "Gladiatori". Le due anime delle migliori Juventus: i Platini, gli Zidane, i Sivori e i Benetti, i Tardelli, i Davids. La classe e l'agonismo. E' questa la sintesi della vera Juventus? Riconosci questi valori nel nuovo corso?
Sintesi perfetta, anche se dovevi citare Del Piero. Questa è sempre stata la Juve: la bellezza di un tackle o di un recupero difensivo equivale alla pennellata del Capitano o all’estro fine a se stesso. La penso proprio come Giampiero Mughini su questo tema. Fino a oggi Pavel Nedved ha incarnato alla perfezione queste due anime, in futuro mi aspetto molto da Marchisio e Sissoko.
9. Il percorso "Estetica del bianco e nero" parlava naturalmente del celeberrimo "Stile Juve". Che cos'è, davvero?
Ho una rubrica mensile su Hurrà chiamata proprio “Stile Juve” che parla di questo. In estrema sintesi, riprendo le parole di Omar Sivori che un tempo disse che giocare nella Juve, tifare la Juve era “un’altra cosa”. Ecco, noi siamo un’altra cosa…
10. Noi azzardiamo la nostra: lavoro, serietà, rispetto dei ruoli. Una fabbrica che funziona bene, dove tutti si rispettano. Molti hanno dipinto il "contadino" Moggi come l'antitesi di questi valori, il rappresentante dell' ostile Juve. Eppure quei valori di cui parliamo li abbiamo visti in questi 12 anni: Zidane che rientra in difesa, Montero che china il capo davanti a Pessotto, Nedved che non molla mai davanti a niente. Poi, è ovvio, c'era la politica che facevano tutti. Ma quei valori rimangono. Ed è forse per questo che i tifosi non si rassegnano.
Tu come la pensi? Era solo un'illusione: lo stile Juve è morto in quei 12 anni?
Vincenzo Jaquinta continua a rientrare in difesa, Giorgio Chiellini trascina la sua squadra come un leone, Gigi Buffon va sotto la curva a sventolare un bandierone dei nostri tifosi, come a dire “sono uno di voi”, mentre Alessandro Del Piero ne compie 602 di partite con la nostra maglia, mentre in panchina c’è Ciro Ferrara, uno juventino vero, e Pavel è ancora con noi, e forse neppure se ne andrà. Cosa sarebbe morta?
11. Provocazione: e se ti dicessi che è morto nel 2006? Che questi dirigenti non sono in grado di creare quell'ambiente e quindi quello stile, a prescindere dall'estetica dei sorrisi, delle dichiarazioni e dei comunicati stampa?
Sulla mia spalla sinistra è tatuato lo stemma ufficiale della Juventus. Sai a quando risale il tatuaggio? All’anno della B. Non ci poteva essere occasione migliore per sottolineare un’appartenenza che se ne frega delle polemiche e degli errori e pulsa ogni mattina, quando mi guardo allo specchio.
12. Un'altra provocazione. Anche la Juve è caduca. Lo stile Juve era quello dei fratelli Agnelli, loro le figure carismatiche che sapevano infondere quello stile. Morti l'Avvocato e il Dottore, siamo una squadra come tutte le altre. Oppure pensi che Lapo, John o Andrea, sappiano cos'è la Juve e la riporteranno dove merita? A proposito chi preferisci tra i tre per la Juve?
Noi non siamo una squadra/società di presidenti/padroni, come l’Inter o il Milan. Non furono gli Agnelli a portarci in alto ma gli Allodi, i Boniperti, la Triade, tecnici come Trap e Lippi, i giocatori soprattutto. Andrea non lo conosco, John mi sembra una persona molto seria, Lapo è simpaticissimo, geniale e creativo, ma comunque mi tengo Giovanni Cobolli Gigli…
13. Una lezione di arte per noi e i nostri lettori. Perchè Andy Warhol decise di fare quel celeberrimo ritratto dell'Avvocato?
Warhol realizzò un ampio ciclo di dipinti dedicati ai grandi della terra: uomini e donne di potere, star del cinema e dello spettacolo, ecc… Tra i pochi italiani ci sono appunto l’Avvocato e Donna Marella: era il 1972, Gianni Agnelli aveva 50anni, era un uomo bellissimo e carismatico, un grande amante dell’arte.
14. "Torino siamo noi" è stato un altro percorso della mostra. La Juventus è la più "italiana" tra le squadre di calcio. Spiegaci un po', da torinese, il rapporto tra la Juve e la sua città.
Non c’è cosa più falsa di attribuire ai granata la torinesità e a noi un ruolo marginale. La Juve è dappertutto ma nasce e cresce a Torino. Gli altri sono solo un incidente di percorso: comincino a studiarsi gli schemi tattici del Gallipoli.
15. Come critico di arte, ti spetta l'ingrato compito di sostituire l'Avvocato nella sua funzione evocativa. Baggio-Raffaello, Del Piero-Pinturicchio...questo Diego è un artista o un mestierante?
Un giovane artista di grandi potenzialità che da noi spiccherà il volo per il pantheon della pittura. Un paragone? Aspetto di vederlo all’opera.
16. Siamo i committenti di un'opera d'arte che racconti compiutamente Farsopoli, come la chiamiamo noi. In tutta la storia dell'arte, chi ci consiglieresti?
Vi consiglierei di indagare tra i falsari, come nel recente caso del pittore futurista Bot esposto a Piacenza, le cui opere in mostra erano davvero tutte false. E ci sono cascati in molti, Sgarbi compreso.
17. O forse sarebbero bastati dei buoni giornalisti?
E chi?
18. Il calcio e l'arte: un rapporto empatico, lo definisci. Entrambi, aggiungiamo noi, una rappresentazione di valori. Ritorniamo in basso: cosa simboleggia il ritorno di Cannavaro in maglia bianconera?
Partendo dal presupposto che Cannavaro prenderà il posto di Mellberg o Knezevic, beh direi che non c’è partita. Il resto sarebbe meglio lasciar perdere.
19. L'addio di Nedved e quello, assai presumibile, di Trezeguet. Come li ricorderemo all'interno della nostra storia?
Due tra i più grandi campioni stranieri che hanno indossato la nostra maglia. Di Pavel si è detto tutto, vorrei allora spendere due parole su David, che ci lascia un po’ in sordina dopo una stagione sfortunata. Beh, un giocatore che ho amato molto, che ci ha dato grandi soddisfazioni pur senza sbandierare particolare attaccamento o tentare di arruffianarsi i tifosi. Ci mancherà.
20. Abbiamo parlato di Juve, parliamo un po' anche dei nostri nemici. L'Inter, il Milan, la Roma, il Torino. Se la Juve rappresenta uno stile che abbiamo provato a definire in quest'intervista, loro cosa rappresentano? Meramente l'antitesi alla Juve, o c'è qualcosa di sostanziale anche in loro?
Per me non rappresentano nulla, sono squadre contro cui dobbiamo giocare perché così vuole il calendario.
21. Ultima domanda: ma allora questo Mourinho è juventino o interista?
Grande allenatore, grande personaggio, professionista serio che misura i risultati con i quattrini. Troppo intelligente per essere interista, troppo cinico per diventare juventino.