La domanda ce la pongono spesso molti lettori e amici juventini, in pubblico e in privato, sul web e altrove. Sottintendendo "come siamo messi... per il ritorno a casa degli scudetti n.28 e n.29?". Buon segno. Segno che il problema è sentito, e che le vittorie di questi anni non hanno (ancora) anestetizzato la voglia di giustizia. Segno che non si può e non si vuole dimenticare. Segno che quella ferita è aperta, e resterà aperta ancora a lungo. Ma anche indice del fatto che c'è probabilmente la necessità di provare a fare un po' di chiarezza sulla materia.
 
Processo sportivo
 
Roma, sentenza Caf: luglio 2006 - sentenza Corte federale: luglio 2006.
Le sentenze sportive sono definitive, passate in giudicato. E confermate, in funzione del fatto che la Juventus dell'allora Presidente Cobolli Gigli ha colposamente rinunciato all'impugnazione delle stesse nell'agosto 2006. O meglio, ne aveva annunciato l'impugnazione, attraverso un ricorso al Tar del Lazio, facendo marcia indietro pochi giorni dopo.
Va precisato che non fu ravvisato alcun illecito sportivo in nessuna delle partite, e che l'illecito strutturato per il quale la Juventus fu condannata non era comunque contemplato dal Codice di giustizia sportiva. Così come giova ricordare che, anche in assenza delle telefonate rese pubbliche solo qualche anno dopo (che avrebbero demolito il teorema della esclusività dei rapporti), le numerose anomalie del frettoloso giudizio sportivo portarono Debiase (il Giudice del calcioscommesse 1980) a dire che su calciopoli "è stato partorito un autentico aborto giuridico".
La sola strada percorribile per superare le sentenze sportive definitive (la retrocessione e la sottrazione degli scudetti) è quella di richiederne la revocazione, avvalendosi dell'art.39 del Cgs, puntando ad ottenere la revisione del processo sportivo. A patto che la giustizia sportiva della Figc sia disponibile ad accogliere la suddetta richiesta.
 
Processo penale di Napoli: i numeri
Dopo il proscioglimento di Carraro dalle due accuse di frode già nell'udienza preliminare, al processo penale per Calciopoli erano imputate in totale 36 persone, parte delle quali ha scelto di farsi giudicare con il rito abbreviato. Dei 36 imputati, 19 sono stati assolti. Per 9 dei rimanenti imputati è intervenuta la prescrizione nel corso del procedimento d'appello, per uno (Bergamo) occorrerà rifare il processo. In 7 sono stati condannati in appello: Moggi, Giraudo, Mazzini, Pairetto, De Santis, Bertini, Dattilo.
Il capo d'imputazione principale (associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva) vedeva coinvolte 20 persone. 11 di esse sono state assolte, per una è intervenuta la prescrizione, e per un'altra occorrerà rifare il processo. Per le 7 persone sopra citate, compresi Moggi (promotore) e Giraudo (partecipante), c'è stata condanna in appello.
Ognuna delle 30 frodi sportive contestate vedeva imputate più persone, per un totale di 108 imputazioni. In 58 casi c'è stata l'assoluzione, in 34 casi la prescrizione. Per 10 frodi (Bergamo) si deve rifare il processo, mentre in soli 6 casi c'è stata la condanna. In particolare, per le 16 frodi delle quali era accusato Moggi si sono registrate 8 assoluzioni e 8 prescrizioni, mentre, per le 6 frodi contestate a Giraudo, ci sono 5 assoluzioni e una condanna.
 
Processo penale di Napoli: le certezze
Il campionato 2004/05, oggetto dell'indagine, non risulta essere stato alterato dall'attività dell'associazione per delinquere. La cosiddetta cupola moggiana non avrebbe fini di lucro (non c'è corruzione, non c'è alcun passaggio di denaro), né altri moventi criminosi: le frodi contestate non si sono mai realizzate e i risultati delle partite non sono frutto di manipolazione.
Gli arbitri (teoricamente) associati non guadagnano più degli altri, non ricevono benefici in termini di carriera, e la loro condotta in campo non ha agevolato le squadre coinvolte. Non ci sono arbitri corrotti, addomesticati o chiusi in stanzini, e non si registrano espulsioni compiacenti per favorire la cupola o ammonizioni preventive mirate.
E' stata dimostrata la regolarità dei sorteggi, e le griglie arbitrali ipotizzate o le designazioni auspicate da alcuni dirigenti non si verificano in pratica mai. I rapporti dei dirigenti juventini coi designatori non sono esclusivi: i designatori parlano con tutti, e l'ascolto delle telefonate di altri dirigenti ha evidenziato comportamenti ben più censurabili. Ad intrattenere rapporti (vietati, e spesso impropri) con gli arbitri sono i dirigenti di altre società: Milan e Inter.
Il teorema delle schede svizzere, intercettabili come tutte le altre, si è rivelato essere un’accozzaglia di dati imprecisi, con numerosi errori di attribuzione, di tempistica e di ricostruzione. Le conversazioni non contengono illeciti, ed è comunque perfettamente legale possedere sim svizzere.
L'indagine sembra essere stata condotta a senso unico, con imprecisioni, occultamenti, omissioni e negligenze. Non ci sono reati accertati, e le condanne appaiono basate su valutazioni non oggettive, illazioni o convinzioni prive di riscontri, presunzione di comportamenti non verificati e fatti oggettivamente non veri.
 
Processo penale Moggi (rito ordinario)
Napoli, sentenza 1°grado: novembre 2011 - sentenza appello: dicembre 2013.
Roma, sentenza Cassazione: da fissare.
Nel processo penale a carico di Luciano Moggi, direttore sportivo della società, c'è stata la condanna, tanto in 1° grado quanto in appello, come promotore della associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di frodi sportive. Si attende il giudizio di Cassazione, per il quale non è ancora stata fissata la data, ricordando che davanti alla Corte di Cassazione si discute di questioni di legittimità e principalmente della sussistenza di vizi logici nelle motivazioni della sentenza d'appello. Nessun teste da sentire, solo discussione tra le parti.
Moggi, promotore dell'associazione per delinquere, è condannato senza che venga comprovata l'illiceità delle sue azioni, ipotizzando il reato di pericolo e sulla base di "comportamenti al limite della sussistenza del reato di tentativo". Nelle motivazioni della sentenza, ci si limita a dare un giudizio sulla persona, e lo si dipinge come individuo di non comune spregiudicatezza. Senza provare alcunché e senza far emergere le finalità né le modalità con le quali sarebbe stato esercitato il potere che gli viene attribuito.
Nel processo svolto con rito ordinario i giudici hanno avuto a disposizione anche il materiale probatorio successivo al 2006, frutto dell'attività del collegio difensivo. Valevano non i rapporti degli investigatori, ma le deposizioni rese dagli stessi in udienza. E tutte le prove maturate e le dichiarazioni rese nel corso del dibattimento, e non quelle rese durante le indagini. Inoltre, affermando l'estraneità della condotta di Moggi al suo rapporto con la Juventus (della quale non era amministratore o rappresentante), è stata esclusa la responsabilità civile della società, che era stata citata per danni dalle parti civili (possibilità prevista solo nel giudizio ordinario).
 
Processo penale Giraudo (rito abbreviato)
 
Napoli, sentenza 1°grado: dicembre 2009 - sentenza appello: dicembre 2012.
Roma, sentenza Cassazione: attesa per gennaio 2015.
Nel processo penale a carico di Antonio Giraudo, amministratore delegato della società, c'è stata la condanna, tanto in 1° grado quanto in appello, come partecipante alla associazione per delinquere (creata da Moggi) finalizzata alla realizzazione di frodi sportive. Si attende il giudizio di Cassazione, per il quale è stata fissata la data del 22 gennaio 2015. Anche qui, si punta ad ottenere in Cassazione l'annullamento della sentenza d'appello, con o senza il rinvio ad un diverso giudice di appello.
Il ruolo di Giraudo, senza sim svizzera, nell’associazione per delinquere consisterebbe nell’aver condizionato la formazione della griglia arbitrale di una partita non truccata, con arbitro e assistenti tutti assolti e sorteggio regolare, attraverso una telefonata tra Moggi e Bergamo (che neppure lo nominano), nella quale Moggi ipotizza una cinquina di nomi della quale non fa parte Rodomonti, che sarà l'arbitro della partita, poi comunque assolto.
I giudici all'abbreviato hanno avuto a disposizione gli atti delle indagini preliminari, rapporti di Auricchio compresi. Non essendoci nel giudizio abbreviato il dibattimento, valevano le dichiarazioni rese dai testi alla polizia giudiziaria o al Pm. Parte delle prove dibattimentali emerse nel processo ordinario è stata accettata anche nel processo con rito abbreviato. Restano comunque due processi distinti con materiale probatorio diverso. Così come, per le sorti juventine, diverso è il peso della figura di Giraudo (Ad della società, con poteri di firma) rispetto a quella di Moggi (Ds).
 
Ricorso alla Corte d'Appello di Roma
Non ha nulla a che vedere con il ricorso presso il Tar del Lazio. E' stato presentato dalla società Juventus a febbraio 2012, contro la decisione del Tnas (assunta a novembre 2011) di non decidere e di dichiararsi incompetente in merito al procedimento di annullamento dell'atto di assegnazione dello scudetto 2006 all'Inter.
La società aveva chiesto alla Figc, nel luglio 2011, di revocare all'Inter lo scudetto "di cartone", in funzione delle risultanze della relazione presentata in data 1° luglio dal Procuratore federale Palazzi. La Federazione, non volendo entrare nel merito della questione (presumibilmente perché non in grado di motivarne la conferma) si dichiarò incompetente. Dichiarazione di incompetenza poi confermata dal Tnas: da qui, la legittima impugnazione da parte della Juventus della pronuncia del Tnas.  
L’udienza preliminare si è svolta a settembre 2012, la discussione in aula è fissata per il 17 giugno 2014.
 
Ricorso al Tar del Lazio
Il ricorso, che contiene la richiesta di risarcimento danni alla Figc per quasi 444 milioni, è stato presentato dalla Juventus a novembre 2011, richiedendo anche (così come previsto dalla legge) la fissazione dell’udienza. Non è ancora stato esaminato, e bene fa la società a non aver particolare fretta di discuterlo e a non presentare istanza di prelievo (equivalente alla richiesta di esaminarlo con motivazione d’urgenza).
Così com'è, il ricorso ha poche possibilità di essere accolto, stante il fatto che il danno da retrocessione ad oggi non può essere riconosciuto, perché cozzerebbe contro il giudicato (con sentenza definitiva) della giustizia sportiva. Peraltro, anche in caso di accoglimento, appare evidente che la Federazione non sarebbe in grado di far fronte alla richiesta di risarcimento. Ad oggi, il ricorso appare importante soprattutto in funzione dell'effetto mediatico ottenuto.
Il ricorso è basato sulla disparità di trattamento (i due scudetti non c'entrano), e aggira l'effetto preclusivo delle sentenze sportive: sono messi in discussione i due pesi e le due misure usati dalla giustizia sportiva contro la Juventus. Un'eventuale azione di risarcimento danni per retrocessione e revoca degli scudetti è legata alla revisione del processo sportivo e al suo esito positivo. Prima della revoca delle sentenze sportive, non c'è spazio per altre azioni.
In sostanza, quel ricorso servirà, se e quando sarà il momento (quindi, dopo una sentenza favorevole passata in giudicato), come strumento di pressione (e di trattativa) verso la Figc nella battaglia per gli scudetti.
 
Art. 39 del Cgs (revocazione e revisione)
Il conseguimento dell'obiettivo di riportare a casa gli scudetti passa necessariamente attraverso la possibilità di appellarsi dell’art. 39 del Cgs, per chiedere la revocazione delle sentenze del 2006 e puntare alla revisione del processo sportivo. Stante il fatto che (così come per l’assegnazione degli scudetti) per le sentenze sportive non è prevista la prescrizione, è sensato che la società Juventus non abbia fretta: lo farà quando sarà ora, quando riterrà cioè di avere ragionevoli possibilità di successo. Anche perché lo si può fare una sola volta.
Le motivazioni definitive delle sentenze (anche eventualmente sfavorevoli) vanno viste a sentenze definitive, e non va dimenticato che le motivazioni del processo Giraudo (abbreviato), che è sicuramente legale rappresentante della società a differenza di Moggi, sono diverse perché diverso è il processo (prove comprese). Ad oggi, ci sono condanne in appello per entrambi: non è il momento migliore per giocare la carta dell'art. 39. Con l’Ad e il Ds dell’epoca condannati in appello in sede penale (l’uno all’abbreviato, l’altro all’ordinario) per associazione per delinquere e frodi sportive, e radiati dalla stessa giustizia sportiva, avanzare ora una simile richiesta equivarrebbe ad un suicidio. Meglio farlo in presenza di sentenze positive, e magari passate in giudicato. Logico che si preferisca attendere il giudizio di Cassazione.
Appare quindi saggia la dichiarazione del Presidente Andrea Agnelli di qualche giorno fa: "Prima di chiedere la revisione del processo sportivo su calciopoli, aspettiamo che vengano esauriti tutti i percorsi della giustizia ordinaria. La normativa prevede che la revisione possa essere chiesta una sola volta, perciò è opportuno aspettare, per avere più elementi, che la giustizia ordinaria esaurisca il suo corso".
Va ricordato inoltre che ad istruire l'eventuale nuovo processo sportivo e a giudicare sarebbero ancora gli stessi giudici visti in azione anche un paio d’anni fa, nel caso Conte-calcioscommesse. La Figc ci restituirà i due scudetti solo con la minaccia di sicure o probabili condanne a risarcimenti in caso di mancata restituzione. Solo a quel punto andrà proposta la revisione del processo sportivo: fa bene la società a non muoversi ora. E’ necessario che prima si costruiscano delle alleanze con pazienza, strategie chiare e intelligenza.