Continuiamo la nostra miniserie di articoli dedicati alla sentenza di primo grado di Calciopoli con particolare riferimento alle condanne subite dall’ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi.
Chiudiamo la parte relativa alle accuse ai capi G ed I, due condanne collegate tra loro per via della “dolosa ammonizione da parte del De Santis dei calciatori Petruzzi, Nastase e Gamberini, difensori del Bologna F.C.” nella partita, oggetto del capo G, che precede Bologna-Juventus del capo I. Infatti, “attraverso l’opera prestata dall’arbitro Tiziano Pieri, alteravano la regolarità e l’andamento dell’incontro tra la squadra felsinea e quella juventina, in quanto la gara del Bologna, anzitutto, risultava condizionata dalle squalifiche inflitte a due difensori titolari della formazione e in secondo luogo l’arbitro Pieri si adoperava per il raggiungimento di un risultato comunque favorevole alla squadra di cui Moggi era dirigente”.
Premesso che gli altri accusati verranno tutti assolti per questo capo d’imputazione, i giudici lasciano la frode soltanto sulle spalle di Moggi e Pieri, con quest'ultimo però a sua volta assolto in sede di Appello del rito abbreviato, questa condanna, per la quale dunque Moggi ad oggi è rimasto il solo colpevole, è molto simile a quella subita per il capo M e poggia sostanzialmente soltanto sul binomio schede svizzere-Biscardi. Da un lato, quindi, abbiamo tre contatti su schede svizzere (la 958 finale per Pieri, la 138 per Moggi), teorizzate nel solito modo artigianale dal maresciallo Di Laroni, in particolare, di un contatto “avvenuto il giorno precedente alla partita l’11/12/04, alle ore 17,37, di altro contatto, il giorno stesso della partita, 12/12/04, alle ore 18,37, di un ulteriore contatto alle ore 0,41 del 13/12/04” (pag. 154, nelle motivazioni della sentenza). E dall’altro, come abbiamo già avuto modo di vedere in tutte le circostanze di questo 'Speciale Calciopoli' in cui compare il Processo di Biscardi, la solita salvaguardia della reputazione della Juventus nell’arena dei bar sport televisivi, attacchi spesso fomentati da dietrologi anti-juventini. Salvaguardia che, dato il contesto, deve necessariamente passare attraverso la difesa dell’arbitro, come per altro avviene nelle tre telefonate, 7032, 7040 e 7045 del 13/12/04, tra Moggi ed una responsabile della redazione del Processo di Biscardi. In tali conversazioni Moggi lamenta la diversità di trattamento alla moviola tra la partita Bologna-Juventus appena conclusa e la famosa Reggina-Juventus del mese precedente, diretta da Paparesta poi "chiuso" negli spogliatoi, in cui la squadra bianconera subì una serie di torti arbitrali, evidentemente, a giudizio di Moggi, non messi in dovuto risalto durante la corrispondente trasmissione, rispetto al modo enfatico degli episodi controversi di Bologna. C’è anche la 7063 del 14/12/04, tra l’ex direttore e Baldas, in cui Moggi invece si complimenta con l’ex designatore arbitrale per il modo con cui ha difeso l’arbitro durante la trasmissione.
A corredo delle accuse c’è infine una telefonata tra Moggi e l’allora presidente del Messina, Pietro Franza, la 7150 del 14/12/04, in cui emerge la pretesa di Moggi, dopo le controversie arbitrali di Reggio Calabria, di avere nelle trasmissioni televisive parità di trattamento per quanto riguarda le moviole e relativi giudizi. A riprova del fatto che quel programma era tutto fuorché un ambiente succube di Moggi, in quella conversazione traspare oltretutto la forte irritazione per il trattamento ricevuto in quella sede dall’ex dirigente bianconero, “a li mortacci, ieri sera hanno fatto delle guerre che tu non hai neppure l’idea, e con me non si devono pigliare confidenza, guarda, perché io non piglio mai per il ‘culo’ nessuno, ma non voglio neppure essere preso”.
A differenza di quanto successo per l’arbitro Pieri, il quale ci fa piacere ricordarlo nuovamente, è stato prosciolto dalle accuse durante l’appello del rito abbreviato, laddove lo stesso tribunale aveva sentenziato che “il tenore delle citate conversazioni smentisce l’assunto accusatorio secondo cui il Pieri aveva ricevuto, attraverso colloqui telefonici con Moggi, suggerimenti su come comportarsi durante la direzione di gara, esortazioni e/o promesse”, in questo giudizio, tuttavia precedente all’altro, a nulla sono valse quelle stesse telefonate che dimostrano chiaramente la buona fede dell’arbitro e dunque l’assenza di ciò che invece il tribunale in questa occasione ritiene essere sostanzialmente l’elemento di condanna, ovvero “l’avvicinamento clandestino del Pieri in funzione del condizionamento dell’arbitro, quand’anche generico, stante la mancanza di conoscenza delle parole adoperate da Moggi” (pag. 161). A noi sembra un giudizio superato dai fatti ed è quello per il quale nutriamo la maggior fiducia di un "ribaltone" in sede d’appello. E se il capo F era quello più avventuroso, ed il capo G quello più confuso, questo è sicuramente quello con il minor numero di stampelle, visto che è stata tolta addirittura quella principale, ovvero l’esecutore materiale del presunto disegno criminoso. Diciamo questo, tuttavia, con un po' di cautela, dovendo sempre tenere in debita considerazione il fatto che nei vari giudizi farsopolari finora espressi, il tribunale di Napoli, pur di condannare, si è dimostrato molto creativo e determinato a sfidare il comune senso del ridicolo.
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