E' di questi giorni la notizia che l'estensore delle informative sulle intercettazioni di Farsopoli diffuse alla stampa nel maggio 2006, il Maggiore Attilio Auricchio, ha ammesso di aver avuto rapporti di amicizia con l'ex DS della Roma Franco Baldini.
"Avevo conosciuto Baldini - ha detto l'ufficiale dei Carabinieri in qualità di teste al processo Gea - quando era venuto a presentare un esposto contro ignoti a nome della Roma per la vicenda delle false fideiussioni".
Auricchio, ai tempi in forza alla caserma di via in Selci a Roma, era stato citato anche da Bruno Bartolozzi e Marco Mensurati, che nel loro "Calciopoli, collasso e restaurazione di un sistema corrotto" (una ricostruzione che traccia un bilancio sostanzialmente negativo dello scandalo, licenziandolo come un fuoco di paglia che non ha intaccato il vero potere) dipingono come una sorta di eroe. Sulla sua scrivania si presenta la patata bollente delle fideiussioni false dell'A.C. Roma; lui vuole indagare, ma "i poteri forti" lo fermano; da qui, secondo gli autori, nascerebbe Calciopoli.
Ora facciamo un piccolo passo indietro, al 20 marzo 2005, e cioè a intercettazioni in corso.
La romanista Serena Dandini, nella romana RAI, intervista il DS giallorosso. Solo 15 giorni prima la Juve aveva espugnato l'Olimpico per 2-1 al termine di una partita incandescente, accompagnata sia prima che dopo da roventi polemiche. Nella Capitale la vittoria della Juve non viene proprio digerita. La Dandini interpella Baldini sul suo deferimento in seguito a dichiarazioni del gennaio precedente ("Vorrei vedere una partita senza sapere prima il risultato"), e gli chiede molto allusiva: "Crede che i giochi orientati prima?". Noi, che abbiamo letto BENE le intercettazioni, sappiamo che le direttive del presidente Federale Carraro al designatore Bergamo riguardo a quella partita erano state chiare: "Nel dubbio, fischiare contro la Juve", e sappiamo che le informative dei Carabinieri, al riguardo, interpretarono curiosamente quell'indicazione come un elemento a supporto della tesi della cupola juventina (le stesse informative in cui il regalo dei Rolex agli arbitri da parte di Sensi viene incredibilmente interpretato come un "tentativo di Sensi di proporsi in chiave di simpatia con la struttura arbitrale" manipolato dai media per danneggiare la Roma). Per questo, suona spudorato il vittimismo di Baldini: "Gli arbitri sono condizionati dal potere".
Ma d'altronde lui gioca in casa e dice ciò che i suoi tifosi amano sentirsi dire. La Dandini, che se lo coccola e vezzeggia, lo presenta addirittura come una specie di intellettuale prestato al calcio per caso, uno che legge i classici come "Bungalow" (cit.). Non stupisce quindi che anche la vicenda delle false fideiussioni, per la quale la Roma, nell'estate 2003, venne risparmiata con ogni artifizio dal destino che ebbero la Fiorentina e molte altre società in quegli anni, con uno spettacolare salto mortale logico e argomentativo venga raccontata agli spettatori come un ennesimo abuso nei confronti della società capitolina, sempre più "parte lesa".
Il passaggio più impressionante dell'intervista è però quello in cui il DS romanista descrive il sistema calcio dal suo punto di vista. Due squadre, Juve e Milan, hanno vinto troppi campionati. Basta guardare l'albo d'oro, un trucco dev'esserci. Pur ammettendo la qualità dei loro organici, a suo avviso praticherebbero una serie di condizionamenti che definisce "scientifici", e li elenca (e cioè arbitri, politica federale, giustizia sportiva, diritti televisivi, opinione pubblica) paragonandoli a "tessere" di un mosaico. Praticamente espone la tesi che sta alla base delle informative firmate dal suo amico Auricchio.
Allora la Dandini, sempre più insinuante e ironica, lancia un assist: "Basta pianti. Se quelli vincono, è perché saranno più forti, no? Facciamocene una ragione". E Baldini raccoglie:"Bisogna far notare le storture fintanto che uno è nel mondo del calcio, perché quelli che lo fanno da perdenti fanno solo pianti sterili". Bei propositi, senza dubbio, esposti con molta sicurezza, mentre sulle labbra affiora un sorriso molto chic.
E sì che una delle maggiori stranezze delle informative romane era stata la totale assenza di due società, l'Inter e la Roma, che a livello di potere federale non avevano niente da invidiare alle quattro che invece ci finirono. Strano che non un'intercettazione riguardi loro.
Lasciando per una volta da parte il discorso Inter, i cui legami con la security Telecom sono documentati in maniera quantomeno imbarazzante, viene da chiedere come sia stato possibile che la società giallorossa non sia stata indagata al pari di Juve, Milan, Lazio e Fiorentina quando, ad esempio, in un'intercettazione del 2002 Bergamo avrebbe parlato di ingerenze da parte di Sensi a livello arbitrale, almeno secondo un'inchiesta che proprio nel luglio del 2005 era assurta agli onori della cronaca. E' vero che il 6 settembre 2006 il PM Palamara (sì, sempre lui, quello del processo Gea) avrebbe sollecitato il giudice per le indagini preliminari ad archiviare l’indagine, ma almeno qualche sospetto gli investigatori avrebbero potuto averlo.
Invece niente, nessun dirigente romanista intercettato in via in Selci. La Roma parte lesa, sempre. Baldini che, nell'estate 2006, dopo essersi permesso di rifiutare il posto di Direttore che fu del mostro bianconero finito sotto linciaggio mediatico, vola beffardo a Madrid a raggiungere quel Fabio Capello che quella sera del 2005, nell'arena giallorossa della Dandini, aveva degnato di allusioni tra l'ironico e lo sprezzante per la sua scelta di andare a lavorare per il diavolo bianconero.
Chissà se, dalla Spagna prima e dall'Inghilterra poi, l'ex DS giallorosso si sarà ricordato di mandare almeno un saluto ai vecchi amici di Roma, tra i quali il maggiore Auricchio, anche lui ora non più dov'era ai bei tempi della loro amicizia, e cioè alla caserma di via in Selci.
Ma la vera domanda è: chissà se un magistrato si accorgerà mai che il passaggio alla stampa di quelle informative fu un atto illegale, da perseguire penalmente. Almeno in uno stato di diritto.