Partiamo da una premessa doverosa: Luciano Moggi è stato comunque condannato, Antonio Giraudo è stato comunque condannato. Entrambi, da due tribunali diversi, per diversi episodi di frodi sportive e per associazione per delinquere. Impossibile non manifestare rammarico alla luce delle motivazioni, spesso risibili e contraddittorie quelle della sentenza De Gregorio a carico dell'ex amministratore delegato, decisamente tirate per i capelli e, diremmo, "eteree" quelle della sentenza Casoria a carico dell'ex direttore generale.
Ciò detto, però, credo che sia cosa buona e giusta concentrarsi su ciò che le motivazioni uscite lunedì scorso possono significare in riferimento alle questioni ancora aperte della giustizia sportiva, non tanto per le posizioni personali di Moggi e Giraudo ma per quello che è, ad oggi, crediamo l'obiettivo comune della società Juventus e di milioni di tifosi: riottenere indietro i due scudetti che le sentenze del 2006 ci hanno sottratto.
Sappiamo che il codice di giustizia sportiva pone un limite di 30 giorni entro il quale fare richiesta di revisione delle sentenze sportive, secondo il dettato dell'articolo 39. Permane in alcuni l'idea che questa non sia una strada ancora percorribile, perché i fatti dicono che Moggi e Giraudo hanno comunque sul groppone due condanne e almeno per il secondo è pacifico il suo rapporto organico e diretto con la società Juventus, visto che all'epoca dei fatti ricopriva la massima carica operativa all'interno della società.
La mia sensazione è che invece la sentenza Casoria apra degli spiragli molto importanti, che auspico la Juventus sia decisa a cogliere tempestivamente.
Sappiamo che la sentenza sportiva del 2006 colpì con una durezza inaudita la Juventus, come ricorda in questi giorni un opinionista non certo filojuventino come Mario Sconcerti. Fu durissima perché creò alla Juventus danni economici e tecnici elevatissimi, colpendo il passato (scudetto 2005), il presente (scudetto 2006, retrocessione in serie B e penalizzazione) e il futuro, a causa del grande depauperamento tecnico ed economico che ne conseguì.
Oggi la sentenza Casoria scrive nero su bianco due cose importantissime:
1) l'indagine di Auricchio, che è l'architrave su cui si è poggiata quella sportiva e le relative sentenze, fu un'indagine parziale, a senso unico, e conteneva molti elementi che all'esame del dibattimento si sono rivelati inconsistenti;
2) l'esito del campionato 2004/2005 non risulta alterato dai tentativi di frode che la sentenza individua e punisce e nemmeno dall'attività complessiva dell'associazione per delinquere, anche qui individuata e punita dai giudici. Questo è l'esatto contrario di quanto sostenuto dalle sentenze sportive, nelle quali, attraverso l'istituzione ex novo del cosiddetto "illecito strutturato", si asseriva come le attività, telefoniche e non, di Moggi nel loro complesso avessero alterato l'intero campionato a favore della Juventus, in quanto avevano minato la terzietà e imparzialità della classe arbitrale. C'era, ricordiamo, un'alterazione della classifica finale del torneo pur in mancanza della prova di illeciti su singole partite.
Questi due elementi a mio avviso mettono la Juventus in una posizione di rinnovata forza nell'ottica della restituzione degli scudetti, perché sanciscono come sia quello del 2005 quanto quello del 2006 (sul quale non c'è mai stata alcuna ombra, non essendo oggetto di indagine) siano due campionati vinti in maniera REGOLARE e che quindi siano stati ingiustamente sottratti da processi sportivi che, lo ammetteva anche il CONI nel documento proposto e poi non condiviso da tutti al tavolo della pace, sono stati sommari e frettolosi.
A mio avviso, quindi, esistono oggi le premesse affinché quelle sentenze vengano rivedute non già in merito alle condanne personali subite da Moggi e Giraudo ma in merito a quella, ormai da molti riconosciuta sproporzionatamente dura, subita della Juventus. E' cioè più che sufficiente e altamente afflittiva, alla luce dei fatti nuovi emersi dal 2006 a oggi, la punizione (ormai non più cancellabile) della retrocessione con penalizzazione e multa in denaro, per quelle che sono state le responsabilità emerse. Non ha invece più ragione di esistere la sanzione accessoria della sottrazione di due scudetti che risultano entrambi vinti regolarmente, uno perché lo ha stabilito una sentenza penale e l'altro perché mai oggetto di indagine.
Sarebbe questo il modo per chiudere, almeno dal versante Juventus vs Figc, i conti con quella stagione. La Juventus poserebbe le armi dei ricorsi milionari in corso e riotterrebbe ciò che è suo, la Federazione renderebbe, a sei anni di distanza, quelle sentenze meno dure e più aderenti alla verità dei fatti per come è emersa realmente in questi anni, ossia ben diversa da quella frettolosamente propalata in quella calda estate del 2006. E attraverso l'istituto della revisione verrebbe meno ogni remora che ha impedito, da luglio ad oggi, di revocare lo scudetto del 2006 dalle maglie di chi non lo aveva mai vinto, attraverso l'ostentazione della non competenza a decidere. La revisione è la via che elimina ogni incompetenza ed è l'occasione, forse ultima, di restituire un po' di dignità e credibilità alla Figc e di giustizia alla società più gloriosa del calcio italiano.
I due scudetti devono ora ritornare a casa
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