Eravamo preoccupati perché nel nostro turnover al bar, mission sfogliare il quotidiano più diffuso sui banconi dei gelati per vedere come venivano sintetizzate le cronache delle udienze, nei resoconti delle ultime due mancava la sua firma e c'era solo quella di Piccioni. Allarme rientrato già l'8 novembre, perché Galdi stava benissimo e, dopo la sentenza su quell'indagine, che è anche un po' sua per avervi "collaborato" perché la cosa "lo gratificava", ha prodotto diversi articoli ed interviste ai vincitori: Lepore, Narducci, Auricchio e finanche De Gregorio.
La parte relativa alle dichiarazioni di Lepore l'abbiamo trattata, oggi è il turno del secondo in grado: Giuseppe Narducci.
Galdi, sottobraccio a Piccioni, si interessa di Narducci anche dopo che ha lasciato il processo, per risolvere i problemi di Napoli, accettando l'incarico di assessore contro il parere del CSM e dell'ANM. Il 13 settembre 2011 il duo Galdi&Piccioni intervista Narducci che, dopo aver reso edotti i lettori rosa del suo primato "ho battuto il mio record personale con oltre diciotto ore di requisitoria", riceve un assist sul famoso "Piaccia o non piaccia..." e dichiara: "Quella frase è stata sempre e volutamente equivocata. Era inserita nel contesto del processo e significava che non avevamo altre telefonate 'penalmente rilevanti' nel fascicolo".
Chiaramente Galdi&Piccioni non hanno domandato al pm come mai non avesse chiesto la rettifica dell'equivoco a TUTTI i media che la sbandieravano da anni. Per due anni ogni volta che qualcuno provava a dire "forse delle telefonate di altri dirigenti ci sono" si sentiva sbattere in faccia, come risposta: "Lo ha garantito Narducci che non ci sono MAI telefonate di altri e che SOLO gli imputati parlavano con le istituzioni del calcio, andate a rileggervi quella dichiarazione... se non vi fidate neanche di quello che un pm dice davanti ad un giudice è la fine". Narducci avrebbe fatto bene a dire subito qualcosa del tipo: "Quello che dicono Bergamo ed altri, ovvero che ricevevano telefonate di altri dirigenti oltre gli imputati, è vero, ma quelle telefonate le abbiamo valutate penalmente irrilevanti". La storia, invece, dice che Narducci non ha chiesto rettifiche, che non l'ha spiegata neppure in aula, e che lo ha fatto solo nell'intervista con Galdi&Piccioni.
Ora veniamo a quanto Narducci ha dichiarato dopo la sentenza e che abbiamo trovato sul quotidiano colorato.
Narducci: "È stata spazzata via la più grande operazione di mistificazione mai condotta in questo paese attorno a un processo".
E' il parere di Narducci e lo rispettiamo, ma è parere di molti, per fortuna, che non di mistificazione si sia trattato, bensì di "Operazione verità", quella che non si vedeva osservando dallo spioncino del 2006, che resta la più grande operazione di propaganda mai condotta in questo paese attorno ad un processo, con tutti i media che per mesi hanno portato nel più sperduto angolo della penisola le carte dell'accusa, atti monchi delle intercettazioni a discolpa, che quel Codice di Procedura Penale più volte richiamato da Narducci nelle sue opposizioni prevede all'art. 358. Operazione di propaganda che ha raggiunto almeno 50 milioni di italiani, mentre l'informazione sulle nuove prove emerse nel dibattimento ha raggiunto solo i lettori di Tuttosport e di pochi siti online, registrato lo scarso interesse dei media a sostegno dell'accusa. Poche intercettazioni nuove pubblicate, alcune tagliate delle parti scabrose come quella sull'escamotage dei preclusi, nessuna pubblicazione di alcuna delle oltre 40 telefonate di Meani "ritrovate". Giustificazione: "Il penale ci nausea", salvo farsela passare per i "colpi di tosse di Bergamo" e per il "rilevantissimo Memoriale".
Presto paragoneremo la potenza di fuoco mediatico in appoggio all'accusa per cinque lunghi anni e le fionde della controinformazione, numeri alla mano, giusto perché non si mistifichi su questo punto. Dicono a Roma che "chi mena per primo mena due volte", e non può essere diversamente in un processo perché parte per prima l'accusa, ma per Calciopoli possiamo dire che si è superato questo detto popolare. Molto più di due volte, perché chi ha menato per secondo non ha avuto neppure un decimo dell'attenzione mediatica del primo.
L'accusa di questo processo mediatico può annoverare dalla sua parte, cosa mai avvenuta in questo paese, anche l'appoggio di una fiction-docu-accusa, basata solo sulle carte dell'accusa, con audio e filmati delle indagini e dell'accusa, con l'esaltazione della squadra Off-side, e nessun accenno a "buchi", lacune investigative, Coppola e "l'Inter non interessa", senza baffi gialli e rossi messi dal carabiniere che ascoltava e spuntati da chi "selezionava", senza le telefonate "scartate" che il magistrato Palazzi ha valutato in modo opposto a chi le ha scartate o valutate non meritevoli di approfondimento investigativo. Un'orgia mediatica accusatoria di tv e giornali, dal 2006 ad oggi, che non ha lasciato indifferente proprio nessuno, e Narducci parla di grande operazione in appoggio alle difese? Mah, forse non ha conoscenza dell'audience e del numero di lettori che tanti media gli hanno portato "a favore". Le diverse serate di Porta a Porta, Matrix, Primo Piano, con oggetto solo l'accusa, le ricordiamo solo noi e Narducci se le è perse?
L'accusa di questo processo ha potuto giovarsi anche della propaganda che, compatta e come un sol uomo, ha trasformato il "Tutti innocenti, nessun colpevole" della difesa in "Tutti colpevoli , nessun colpevole" mai pronunciato da nessun difensore. Questa non è mistificazione? Questa non è propaganda?
Narducci: "La sentenza riconosce l'assoluta verità probatoria raggiunta dalle nostre attività investigative e accoglie in pieno la nostra impostazione".
E' corretto dire, secondo noi, che la sentenza riconosce parzialmente la verità probatoria, perché sarebbe stata "assoluta" se avesse condannato anche gli 8 imputati andati assolti e sul conto dei quali, quindi, la verità dell'accusa è stata bocciata, come bocciate erano state le accuse per ben 7 imputati assolti nel rito abbreviato.
Un totale di 15 imputati, non pochi davvero, accusati e tenuti sulla graticola per anni, la cui vita e reputazione è stata distrutta mediaticamente nel 2006 e al quale i media hanno restituito solo un "assolto" accanto al nome cinque anni dopo.
Narducci spieghi cosa è emerso, durante il dibattimento, per convincerlo di aver commesso un errore chiedendo il giudizio per Ambrosino, Ceniccola e Gemignani e chiederne l'assoluzione nella sua requisitoria. Siamo molto contenti per queste assoluzioni e per primi abbiamo scritto ci sembrava immotivato il coinvolgimento dei tre assistenti, ma Narducci non ha mai spiegato il suo dietro-front su questi imputati, anche perché i soliti giornalisti che ne raccolgono il pensiero non gliel'hanno mai fatta e, forse, mai gliela faranno una domanda scomoda. Noi che abbiamo seguito ed ascoltato tutte le udienze non abbiamo potuto apprezzare nessuna novità nel caso di questi imputati, anzi, ricordiamo la domanda del pm a Mitro sul suo numero di cellulare che risultava aver chiamato la sim attribuita ad Ambrosino.
Narducci: "L’atteggiamento della difesa di Luciano Moggi non ha pagato, si è rivelato inconsistente: non ha provato in alcun modo a confutare quello che noi sostenevamo, o almeno a fornire una versione diversa dei fatti per come noi li prospettavamo. In sostanza è un atteggiamento di chi non è teso a dimostrare la propria innocenza o estraneità, ma piuttosto a dire che c’erano anche altri a fare quelle cose: operazione buona solo dal punto di vista mediatico".
E' la visione di Narducci e sarà senza dubbio buona per chi si è accontentato degli stringatissimi resoconti delle udienze fatti da pochissimi giornali e tandem di giornalisti che hanno seguito il processo. Chi ha ascoltato le udienze sa, invece, che l'accusa di "esclusività dei rapporti" è stata confutata con le molte telefonate di tanti altri dirigenti. I rapporti non erano esclusivi, non "colloquiavano solo quelle persone", non era vero che "non ci sono MAI telefonate di altri dirigenti", le telefonate a discolpa di Racalbuto, Bertini, e le telefonate fatte riemergere dalle difese, erano ignote, fino al 2009, persino a Beatrice, che con Narducci ha condotto le indagini.
Le conosceva e le ha potute valutare, invece, solo Narducci? Sapeva da Auricchio cose ignote al suo collega Beatrice?
Ma se Auricchio, rispondendo alla domanda dell'avvocato Messeri, ha dichiarato di non aver mai ascoltato una telefonata con Bertini come interlocutore, ed invece c'è quella "imbarazzante" su Facchetti ed il "4-4-4", chi l'ha fatta la valutazione di quella ed altre telefonate?
Al collegio le tante prove a discolpa portate da alcune difese non sono apparse convincenti, questo senza dubbio, e aspettiamo le motivazioni sperando di non trovarci di fronte ad un De Gregorio bis, con Dondarini reo di aver annullato un gol del Chievo mai segnato, perché al massimo poteva essere un rigore non concesso, inesattezza fotocopia dell'errore contenuto nelle informative di Auricchio su quel punto. Non si può dire, però, che la rivelazione delle 5 telefonate di Racalbuto, prima ignorate, siano il tentativo di coinvolgere altri, per esempio. La propaganda impone la sua verità, quella alla quale vuole "orientare" la gente, non vuole le risposte per scrivere la verità storica della vicenda Calciopoli, ché altrimenti non sarebbe propaganda ma giornalismo vero; ma non si parli di mistificazione davanti alla mancanza di risposte su aspetti ancora avvolti dal mistero.
Narducci sulle intercettazioni "scartate" e la cui esistenza è stata negata fino alla loro pubblicazione: "Quelle intercettazioni non avevano lo stesso valore probatorio dei colloqui che hanno riguardato gli attuali imputati e la sentenza ci ha dato ragione anche in questo".
Certo, mica il collegio poteva esprimere condanna o assoluzione per chi non era imputato perché in fase di indagine "non interessava". Quelle telefonate fanno parte della verità storica, che spesso è diversa da quella giudiziaria, e resteranno il segnaposto della voragine investigativa dell'indagine (voragine, non i "buchi" ammessi persino da Palombo), perché i pm come avrebbero potuto provare i reati imputati a Bergamo e Pairetto se, dopo una "normale" telefonata di Pairetto a Moggi, non fossero state autorizzate le intercettazioni dei due designatori, in quanto per Auricchio era anomalo già che un designatore ed un dirigente si sentissero?
Auricchio non valutò altrettanto anomalo, pochi giorni dopo, che un altro dirigente di nerazzurro vestito sentisse un designatore, quindi non ha senso paragonare i risultati di un'indagine svolta con quelli di una mancata indagine, resta la sperequazione tra la telefonata che portò Pairetto tra gli intercettati e le tante, più esplicite, che non hanno provocato identico interesse investigativo.
Portiamo un esempio per "confutare" quanto ha detto Narducci: abbiamo ascoltato le telefonate di Moggi a Biscardi, ma Aldone dice che lo chiamavano e pressavano diversi dirigenti e si sarebbe potuto sentirlo se fosse stato intercettato anche lui e non solo Moggi.
Ma, guarda caso, le telefonate di altri dirigenti a Biscardi non le potremo mai sentire, perché la discrezionalità che è concessa all'investigatore ha portato ad "isolare" solo le telefonate di Moggi e a presentare Moggi come l'unico "regista occulto del Processo di Biscardi", ma questa è la verità giudiziaria dell'accusa, peraltro smentita da Biscardi, non la verità storica.
Biscardi, il 29 maggio 2006 a Panorama, dichiarò: "Sa qual è il problema? Che hanno intercettato il cellulare di Moggi. Se avessero intercettato il mio avrebbero scoperto che parlo così con tutti, che tutti mi chiamano per chiedere cose, «e fammi 'sto piacere», «e aiutami qui», «e m'hanno negato un rigore, dagli addosso con la moviola». E io a tutti dico: «Sì vabbe, poi vedo che posso fare» eccetera. Io sono fatto così, parlo in questo modo con tutti. Poi però, ciò che conta è quello che io faccio vedere in tv, se accetto le richieste dei potenti o se me ne fotto e faccio di testa mia".
Il 10 novembre altra intervista a Narducci su Retesport.
Narducci: "Il mondo dell'informazione ha grandi responsabilità perché non è riuscita a contrastare questa campagna martellante e ossessiva di disinformazione".
Questa è il colmo, ci sono le prime pagine di Gazzetta, Corriere, Repubblica, La Stampa e Corriere dello Sport del 2006 e quelle da aprile del 2010 a provare l'enorme differenza di pressione mediatica a favore dell'accusa. Sulle telefonate "ritrovate" abbiamo visto media e giornalisti che si sono addirittura avvinghiati a giustificazioni come "Conta il tono", altri sono finiti nel ridicolo per difendere le loro posizioni del 2006 che coincidevano con l'accusa, un direttore ha pubblicamente ammesso la loro mission di "preservazione ed orientamento dell'opinione pubblica", non hanno pubblicato nuove intercettazioni dopo aver divulgato quelle ottenute dalla fuga illegale del 2006, e Narducci si lamenta? E chi dovevano contrastare? Tuttosport con un quarto dei lettori della rosea? Ju29ro.com e altri siti che sommati tutti arrivano ad un altro quarto roseo? Cari direttori dei grandi media, non avete fatto abbastanza, il vostro silenzio non è stato apprezzato, beccatevi l'irriconoscenza e le critiche. Per fortuna il web impedisce, ancora, la propaganda totale simil paese dittatoriale.
Ed ora il punto dell'intervista a Retesport sulla fuga di notizie del 2006.
Narducci: "Abbiamo detto più volte nel corso degli ultimi anni che l'indagine ha subito un danno, nella primissima fase del maggio 2006, quando vennero pubblicati quasi integralmente gli atti protetti dal segreto. Questo avvenne per responsabilità che non sono mai state individuate. [...] Noi abbiamo aperto un procedimento penale con i reati di violazione del segreto istruttorio e una pubblicazione arbitraria di atti del procedimento. A Napoli facemmo una rapidissima indagine con i CC di Roma, ritenemmo di aver individuato alcune responsabilità, poiché questi fatti si erano verificati a Roma e non a Napoli abbiamo inviato alla Procura della Repubblica di Roma tutti gli elementi raccolti. Da quel momento noi non conosciamo il risultato di questa indagine e l'attività della Procura di Roma."
Quindi neppure loro, che hanno sconfitto la piovra del calcio, sono stati capaci di individuare con certezza il colpevole della fuga di atti coperti dal segreto istruttorio?
E' una sconcertante costante tutta italiana il non riuscire a "beccare" chi fa fuggire gli atti d'indagine.
Narducci dice che "i fatti", ovvero la fuga, si erano verificati a Roma, ma a Roma si svolgevano solo le indagini nella caserma di Via In Selci. Quindi sta dicendo che l'indagine è fuggita dalla casa della squadra investigativa? E loro la rapidissima indagine l'hanno fatta con gli stessi CC?
Perché non riusciamo ad avere mai una notizia meno nebulosa su questo reato ormai del 2006?
Riletto il giudizio espresso da Narducci il 21 gennaio 2009 su Repubblica: "... la consapevolezza di aver potuto lavorare a stretto contatto con una squadra di polizia giudiziaria straordinaria", e poi quanto lascia intendere a Retesport, sorge spontaneo pensare che gli atti di indagine non fossero protetti dalla fuga in modo altrettanto "straordinario", giusto?
Narducci non conosce il risultato dell'indagine romana, ma ricordiamo che non ne voleva nemmeno sentire parlare in aula, perché quando l'avvocato Gallinelli rivolse ad Auricchio una domanda sulla fuga di notizie ci fu opposizione alla domanda.
Udienza 30 aprile 2010:
Avv. Gallinelli: "Si ricorda se ci fu un procedimento sulla fuga di notizie poi pubblicate da parte de L'Espresso?"
Auricchio: "Sono sicuro che c'è stata un'inchiesta attivata proprio da mie dichiarazioni".
Avv. Gallinelli: "Venne accertato se questa fuga avvenne all'interno del nucleo investigativo?"
Il pm interviene e stoppa: "Opposizione, domanda non ammessa".
Ultima considerazione: l'accusa si è sempre dichiarata "danneggiata" da quella fuga di atti, perché avrebbe scompaginato i piani; ma cosa avevano fatto dal 2005 a maggio 2006, visto che non ne sappiamo nulla, a parte che non era stato neppure ascoltato il padre di Teodosio De Cillis cui sapevano, dal febbraio 2005, che erano intestate le prime tre sim svizzere? Amici, mica un lato minore dell'indagine, stiamo parlando delle "svizzere"!
Non sappiamo cosa la fuga di notizie abbia tolto come possibilità ai pm, di sicuro ha portato grande beneficio sportivo ed economico a due squadre su tutte, di sicuro ha dato ai pm un enorme appoggio mediatico, di grande valore ed impatto anche a livello giudiziario, un valore che gli riconosce Narducci in persona quando rimprovera l'informazione per non essere riuscita a contrastare "questa campagna martellante e ossessiva di disinformazione". Il grosso del lavoro, quello difficile da rimuovere dalla testa della gente e persino di alcuni giornalisti come Focolari (Paparesta per lui è stato sequestrato perché "il fatto non sussiste è una cosa, il fatto non è successo è un'altra"), lo avevano già fatto nel 2006, del resto.
Visto quante domande, volendo, sarebbero da fare a Narducci, e quanti aspetti sono ancora da chiarire sulla vicenda denominata Calciopoli, rispetto a come la rappresenta ancora la propaganda?
Chiudiamo consigliandovi un vecchio e simpatico Carosello: "Cala Trinchetto".
Narducci, la mistificazione e la propaganda
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