Nel mondo immaginario e parallelo di Moratti e dei suoi sodali di tifo e di penna lo scudetto di cartone è il simbolo essenziale di un'intera esistenza sportiva.
Sta a significare che prima di esso l'Inter non poteva raggiungere la gloria per la presenza di maneggioni che si davano da fare contro di lei e che, dopo di esso, sbaragliato ogni ostacolo, i ripetuti trionfi confermano la verità rivelata sul passato.
Diventa oggi scomodo prendere coscienza che anche dalla sponda nerazzurra si maneggiava come, se non peggio - vi risulta che Moggi abbia mai caldeggiato il taroccamento di un sorteggio per scegliersi un arbitro gradito per Juve-Inter, oppure che abbia sollecitato o fatto sollecitare un arbitro designato per una partita di smuovere la casella delle vittorie della Juve nello score personale dell'arbitro stesso negli incontri dei bianconeri? -, di quanto si sostiene confusamente che si facesse da parte di Moggi e Giraudo.
Ancor più scomodo prendere coscienza che di ciò si sia venuto a sapere da parte di tutti, anche da parte di chi fino ad allora avrebbe messo la mano sul fuoco sulle verità di Calciopoli.
La revoca dello scudetto di cartone comporterebbe anche la revoca della prima parte del teorema morattiano, in realtà l'Inter perdeva perché inferiore alla Juve.
Resterebbe, sia pure indebolita, la seconda parte del suo teorema, ossia che l'Inter vince ora perché superiore agli altri, ma con la consapevolezza che, se i giudici napoletani dovessero sentenziare che i fatti addebitati alla Juve non sussistono, il turbamento per il cartone revocato si tramuterebbe in tragedia: l'Inter è diventata superiore e vincente grazie ad un'ingiustizia commessa ai danni della Juve da parte di inadeguati e frettolosi, se non orientati, organi di "giustizia sportiva".
Con il supporto, non dimentichiamolo, di un intero ceto, quello del giornalismo sportivo, che persiste, ora meno compatto e con qualche distinguo, nel suo atteggiamento di rifiuto acritico del principio di realtà. Per loro non è in discussione alcun titolo di cartone, ma i titoli di piombo spesi sui propri giornali, oltre che la propria faccia.
Non stupiscano quindi l'apatia di questi cronisti nel rendicontare le novità di Calciopoli, né la fretta degli editorialisti di annunciare ad ogni stormir di fronda, da ultima l'archiviazione per prescrizione di Palazzi, che "il caso è chiuso".
E' evidente invece che il caso non è affatto chiuso, anzi che se ne apre per il momento un altro.
Sulle responsabilità di Moggi e Giraudo, e quindi della Juve, c'è tempo per trarre delle conclusioni, quanto ce ne vorrà alla magistratura napoletana per arrivare a verdetti affidabili. All'esito si porrà o meno la questione della restituzione dei due scudetti ai legittimi titolari. Il caso che si apre ora è invece quello di una giustizia sportiva che non può pensare di uscirsene con quattro formulette scritte in giuridichese per dirci "l'avessimo saputo prima ...!" e quindi archiviare per prescrizione, come se si trattasse di una calamità naturale.
Quali verifiche ha fatto la Procura Federale a suo tempo riguardo alle dichiarazioni di Bergamo circa i contatti anche telefonici con i designatori arbitrali da parte di tesserati e circa i motivi di questi contatti? Quali verifiche di attendibilità delle testimonianze recepite dalle informative di Auricchio ha compiuto e come mai quegli stessi testi al dibattimento di Napoli hanno reso dichiarazioni con valenze così diverse? Quale seguito è stato dato alle raccomandazioni di Borrelli di approfondire le indagini anche in altre direzioni? Cosa ha impedito alla Procura Federale di chiedere nel 2006 alla magistratura napoletana tutte le registrazioni delle intercettazioni, della cui esistenza si sapeva in gran numero?
Se qualcosa non è stato fatto, perché non è stato fatto? Già un'altra volta, al tempo del caso del passaporto di Recoba, taroccato alla grande e sanzionato dalla giustizia penale, per il quale, invece di dare penalizzazioni per ogni partita disputata dal calciatore, la giustizia sportiva ha comminato il buffetto dell'ammenda, avremmo voluto sentire risposte convincenti o quantomeno coerenti con la filosofia sanzionatoria di Calciopoli, ricevendo invece le solite formulette in giuridichese.
Il caso che si apre è quindi sulla "giustizia sportiva" in generale e sulla Procura Federale in particolare. E qui la FIGC dovrebbe dare una prima risposta.
Se vuole, può darla in occasione della decisione sulla revoca di quello scudetto, che ormai per tutti - e non solo per quell'isolato avventore di un bar milanese - è uno scudetto di cartone.
Da come deciderà la FIGC si comprenderà quali siano i rapporti tra questa e la "giustizia sportiva", se le carenze della seconda siano funzionali o coperte dalla prima, oppure se, riconosciuta qualche patologia, si impongano provvedimenti urgenti.
In definitiva, le decisioni della FIGC ci diranno se questo ordinamento sportivo ha ancora una ragion d'essere così com'è o sia opportuno reclamare radicali ristrutturazioni di organi e sostituzioni di persone.
Per quanto riguarda la società Juventus, la decisione della FIGC porrà necessariamente la questione se rimanere o meno all'interno di questo ordinamento.
Lo scudetto di cartone e il mondo immaginario di Moratti
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