“E’ vero. Ho comprato delle schede straniere”.
E’ bastata questa dichiarazione di Luciano Moggi alla presentazione del suo libro, “Un calcio nel cuore”, per stimolare l’erezione degli allupati colpevolisti di Calciopoli:
“Avete visto? Le prove ora ci sono. Vi prego, ora credeteci. Non è stato uno scandalo fomentato in malafede. Il caso stavolta è davvero chiuso”.
Strano però che a distanza di oltre un anno, si è ancora alla ricerca di prove “vere” per giustificare il più grande processo mediatico della storia italiana.
Ogni volta si scrive che il caso è chiuso salvo poi rimarcarlo ad ogni successivo sviluppo ed occasione.
Analizziamo onestamente quanto dichiarato da Moggi. Partiamo dal presupposto che in base all’art.15 della Costituzione Italiana la segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni è inviolabile. Cosa vuol dire questo? Intanto che a livello penale dotarsi di schede straniere non comporta assolutamente nessuna conseguenza. Semmai è l’uso che se ne fa di esse che può esser oggetto di indagine.A livello sportivo, il solo possesso o la distribuzione di esse senza secondi fini non comporta assolutamente illecito, mentre invece, nel caso fosse dimostrato che il loro acquisto è stato finalizzato alla costituzione di “un’associazione a delinquere” sarebbe certamente reato senza nemmeno dover indagare sul contenuto delle conversazioni intercorse tra le parti. Il tutto va comunque dimostrato. Altro che caso chiuso.
E’ proprio su questo quindi, che, se si in è buona fede, bisogna riflettere: se io compro delle schede straniere, e successivamente le distribuisco a collaboratori ed amici, magari davanti a 200 testimoni nel corso di una cena pubblica, si può credere che queste possano servire per costituire un’associazione a delinquere?
L’onestà intellettuale non può che farci propender per una sola risposta: no. Altro che caso chiuso. Ma perché allora Moggi ha comprato queste schede? Che uso ne ha fatto? Non sarà che, venuto a conoscenza di una rete vastissima di “spioni”, si è voluto tutelare legalmente? Vieri, Mutu, Jugovic, De Santis, Dossier Ladroni, Pratica Como.
Nell’ultimo anno è venuto fuori un quadro che Christian Vieri, per la sua parte, lo scorso giorno non ha esitato a definire “uno schifo vergognoso”. Altro che caso chiuso.
Perché quindi non dovremmo credere alla versione descritta da Moggi nel suo libro, sopratutto alla luce di quanto emerso in questo squallido quadro di spionaggio? Luciano Moggi non è di certo un santo, ne adesso gli si addice la figura di martire, però trovo vergognoso che nessun organo di stampa, si sia posto queste semplici domande:
“Chi ha fatto spiare? E soprattutto perché?”.
Se per la giustizia sportiva spiare non è reato (chissà in base a quale logica poi) , ancor di più lo deve esser difendere la segretezza della propria corrispondenza.
Perché non bisogna dimenticare mai che sempre secondo la Costituzione Italiana è reato spiare e non il contrario, salvo atto motivato delle autorità giudiziarie, con le garanzie stabilite dalla legge.
Nulla di quanto emerso in questo anno e mezzo giustifica ancora le condanne emesse da Calciopoli. “Calciopoli? Un'aborto giuridico. Le squadre coinvolte meritavano al massimo solo qualche punto di penalità”. E le parole del giudice De Biase diventano una voce sempre più forte, che si espande sempre di più e in tutte le direzioni. Perché Internet è una voce che non si può condizionare e far tacer a piacimento. E se diventa un coro……Altro che caso chiuso.
E’ bastata questa dichiarazione di Luciano Moggi alla presentazione del suo libro, “Un calcio nel cuore”, per stimolare l’erezione degli allupati colpevolisti di Calciopoli:
“Avete visto? Le prove ora ci sono. Vi prego, ora credeteci. Non è stato uno scandalo fomentato in malafede. Il caso stavolta è davvero chiuso”.
Strano però che a distanza di oltre un anno, si è ancora alla ricerca di prove “vere” per giustificare il più grande processo mediatico della storia italiana.
Ogni volta si scrive che il caso è chiuso salvo poi rimarcarlo ad ogni successivo sviluppo ed occasione.
Analizziamo onestamente quanto dichiarato da Moggi. Partiamo dal presupposto che in base all’art.15 della Costituzione Italiana la segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni è inviolabile. Cosa vuol dire questo? Intanto che a livello penale dotarsi di schede straniere non comporta assolutamente nessuna conseguenza. Semmai è l’uso che se ne fa di esse che può esser oggetto di indagine.A livello sportivo, il solo possesso o la distribuzione di esse senza secondi fini non comporta assolutamente illecito, mentre invece, nel caso fosse dimostrato che il loro acquisto è stato finalizzato alla costituzione di “un’associazione a delinquere” sarebbe certamente reato senza nemmeno dover indagare sul contenuto delle conversazioni intercorse tra le parti. Il tutto va comunque dimostrato. Altro che caso chiuso.
E’ proprio su questo quindi, che, se si in è buona fede, bisogna riflettere: se io compro delle schede straniere, e successivamente le distribuisco a collaboratori ed amici, magari davanti a 200 testimoni nel corso di una cena pubblica, si può credere che queste possano servire per costituire un’associazione a delinquere?
L’onestà intellettuale non può che farci propender per una sola risposta: no. Altro che caso chiuso. Ma perché allora Moggi ha comprato queste schede? Che uso ne ha fatto? Non sarà che, venuto a conoscenza di una rete vastissima di “spioni”, si è voluto tutelare legalmente? Vieri, Mutu, Jugovic, De Santis, Dossier Ladroni, Pratica Como.
Nell’ultimo anno è venuto fuori un quadro che Christian Vieri, per la sua parte, lo scorso giorno non ha esitato a definire “uno schifo vergognoso”. Altro che caso chiuso.
Perché quindi non dovremmo credere alla versione descritta da Moggi nel suo libro, sopratutto alla luce di quanto emerso in questo squallido quadro di spionaggio? Luciano Moggi non è di certo un santo, ne adesso gli si addice la figura di martire, però trovo vergognoso che nessun organo di stampa, si sia posto queste semplici domande:
“Chi ha fatto spiare? E soprattutto perché?”.
Se per la giustizia sportiva spiare non è reato (chissà in base a quale logica poi) , ancor di più lo deve esser difendere la segretezza della propria corrispondenza.
Perché non bisogna dimenticare mai che sempre secondo la Costituzione Italiana è reato spiare e non il contrario, salvo atto motivato delle autorità giudiziarie, con le garanzie stabilite dalla legge.
Nulla di quanto emerso in questo anno e mezzo giustifica ancora le condanne emesse da Calciopoli. “Calciopoli? Un'aborto giuridico. Le squadre coinvolte meritavano al massimo solo qualche punto di penalità”. E le parole del giudice De Biase diventano una voce sempre più forte, che si espande sempre di più e in tutte le direzioni. Perché Internet è una voce che non si può condizionare e far tacer a piacimento. E se diventa un coro……Altro che caso chiuso.