Nel precedente articolo abbiamo ricordato i fatti relativi alla partita Roma-Juventus del 5 marzo 2005, in questo vedremo in che modo essa entra nel lavoro investigativo. Il maresciallo Auricchio ed i suoi uomini le partite incriminate, e oggetto del processo in corso a Napoli, non le visionavano, ascoltavano le intercettazioni e cercavano prove e riscontri sui giornali. Quel Roma-Juventus, invece, Auricchio la vide, come dichiarato durante il controesame dell'avvocato Prioreschi.
Roma-Juventus è trattata da pagina 310 a pagina 314 dell'informativa dell'aprile 2005, dove è scritto che "il favoritismo degli arbitri nei confronti della Juventus è notorio nell’ambiente e soprattutto, fatto questo ancora più grave, è risaputo anche dal presidente federale Carraro". Carraro che, il 6 marzo alle ore 14,29, "con tono di voce adirato immediatamente redarguisce il suo interlocutore, sottolineando i favoritismi arbitrali fatti alla Juventus nell’incontro disputatosi il 5 marzo u.s. con la Roma e vinto dalla squadra bianconera", Carraro che, come già prima di Inter-Juventus, aveva chiesto a Bergamo di istruire l'arbitro: "Le dico mi raccomando, se c’è un dubbio per carità che che che che il dubbio non sia a co... a favore del la Juventus, dopo di che succede... gli dà quel rigore lì!?", "È al limite dell’area! ... allora quando un arbitro dà un rigore al limite dell’area vuol dire che gli scappa che la Juventus voglia... debba vincere la partita!". Scrivono ancora gli uomini di Auricchio: "Più volte il Carraro sottolinea al suo interlocutore i favoritismi fatti alla Juventus dalla terna arbitrale nel corso del citato incontro ed il Bergamo tenta di giustificarsi però lasciando trasparire anche nelle giustificazioni un atteggiamento pro-Juve: «Io non ho sbagliato ieri presidente, perché Racalbuto era preparato e ha sbagliato Pisacreta! Il rigore era un metro dentro...»".
Che Bergamo lasci "trasparire un atteggiamento pro-Juve" è una conclusione che stride con quanto Bergamo dice nella telefonata trascritta subito dopo.
Vero che Bergamo dice: "E anche il secondo è fuorigioco dottore.. c’è anche il fuorigioco di Ibrahimovic", ma subito dopo evidenzia che: "perché Racalbuto era preparato e ha sbagliato Pisacreta! Il rigore era un metro dentro... se Lei si fa suggestionare dalle televisioni io no!"
Carraro Franco: Le ho detto di stare attento ai guardalinee.
Bergamo Paolo: E io... e io l’ho fatto perché ho messo i migliori assistenti e ho fatto la migliore terna possibile e Racalbuto ci ho parlato io e ha fatto quello che poteva fare!... è arrivato in campo in condizioni proibitive.
Carraro Franco: Proibitive perché, scusi?
Bergamo Paolo: Perché... perché l’hanno delegittimato già dal giorno avanti! ...questa probabilmente ce l'ha fatta poco, ma il rigore in campo è un metro dentro e quando lui è andato da Pisacreta, Pisacreta gli ha detto... Salvatore, il fallo è dentro stai tranquillo... ma che deve fare!? Non ha la televisione lui! Io ero in collegamento anche diretto con il quarto che lo informavo di volta in volta delle cose!... e stia tranquillo che io bugie non ne dico... io me ne vado a testa alta!
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Per Auricchio il "favoritismo" degli arbitri nei confronti della Juventus, "notorio nell’ambiente", come nei bar dello sport, è confermato da questa telefonata e "risaputo" anche da Carraro. Carraro, un presidente federale che sembra condizionato dai giornali che misero in evidenza solo gli errori a favore della Juve, che contesta solo quel rigore dubbio, che non ha nulla da dire sul rigore non dato e sul gol regolare annullato alla Juve. Ad ascoltare quella telefonata si ha quasi la sensazione che un ultrà della "maggica" si sia impossessato della voce di Carraro.
Nell'informativa si parla della partita anche nelle pagine da 556 a 561, dove si esamina il potere di controllo che Moggi ha sul Processo di Biscardi. Quel campionato è un testa a testa tra Juve e Milan, squadra del Presidente del Consiglio, che può contare sulle simpatie di ben tre televisioni e altri mezzi di informazione del gruppo. Auricchio ha detto in aula che non gli risulta che il Milan abbia televisioni, ma è uno dei pochi in Italia a non conoscere il legame tra Milan e Mediaset. Gli altri grandi media erano un ventaglio che iniziava dalla Rai romanocentrica, passava per i giornali di Roma, e finiva ai giornali milanesi di cui sono ben note le simpatie, suggellate da patti commerciali. Moggi, secondo gli investigatori, controllava a piacere il Processo. Come fronteggiare con un peschereccio la flotta di portaerei dell'avversario principale e la contraerea romana. La Juve era accerchiata e bistrattata dai media, come emerge anche dalla famosa telefonata tra Moggi e Tosatti, che nessun giornale ha pubblicato pur avendola ricevuta, e Moggi cercava solo di difendere l'azienda per la quale lavorava, chiedendo a Biscardi di bilanciare articoli e servizi a senso unico andati in onda dalla sera prima.
Sulla conversazione intercettata il 07 marzo 2005 alle ore 00,15, nell'informativa c'è scritto che: "Vista la contestatissima partita vinta dalla squadra bianconera con la Roma e viste le critiche ricevute dalle principali testate giornalistiche sportive domenicali, pensa bene di chiamare il Biscardi, senza tener conto affatto dell’orario, impartendogli disposizioni atte a strutturare il palinsesto della trasmissione a favore dei suoi interessi".
Nella telefonata Moggi e Biscardi iniziano parlando dell'assalto al pullman, del comportamento dello speaker, poi:
Moggi Luciano: Ascolta, però tu adesso devi fa' pure un’altra cosa, perché qui, ovviamente, ci vuole anche un certo... c’è una trattenuta di Cufré che era rigore su Del Piero; Dellas addirittura in un’azione ha fatto addirittura due rigori, uno su Cannavaro ed uno su...
Biscardi Aldo: Infatti, due per la Juve... io faccio un attacco a tutto spiano agli arbitri! Ce metto: Ragalbuto, l’arbitro del Milan, Bertini, che Bertini ha regalato la vittoria al Milan, poi ci metto Dondarini che ha fatto ripetere un rigore, tanto per far chiare le cose… e poi ci metto l’arbitro che ha dato, che ha negato un goal alla Lazio… che la palla era entrata di 48 centimetri!
Moggi tace, non interviene per evitare che Biscardi attacchi Racalbuto e Bertini, due arbitri che l'accusa ritiene "affiliati" alla presunta associazione a delinquere.
Moggi dice soltanto: "Tenete presente anche l’ambiente di Roma dove non si può ne giocà, ne arbitrà, non si può fa niente... perché Racalbuto è il meno colpevole, quello è un ambiente di matti". Biscardi illustra da cosa vuole iniziare: "Parto dal tabellone che non hanno fatto vedè né Capello, né…", e Moggi lo corregge "No,no, no l’hanno fatti vedè! Poi lo speaker s’è zittato ed ogni volta che appariva la fotografia, prima di Capello, poi di Emerson, poi di Zebinà, lo speaker non diceva il nome ed aspettava che li fischiassero!".
Auricchio ed i suoi uomini scrivono che questa telefonata "dimostra ancora una volta che Moggi sia il vero “regista” della trasmissione “Il Processo di Biscardi”, che utilizza per “consacrare” o “dissacrare” fatti e avvenimenti che scandiscono il divenire del sistema e che in tal modo può far evolvere seciondo i suoi interessi".
Secondo noi Moggi chiede a Biscardi che venga fatto vedere, almeno al Processo, quello che molti altri non hanno evidenziato in altre trasmissioni e articoli, "consacrando" solo una parte della verità.
Altra riprova del controllo sul Processo sarebbe una telefonata con Franco Melli. Moggi non è contento di come Biscardi ha presentato il servizio su Roma-Juve e si lamenta con Melli della diversa attenzione mostrata dai media nei confronti degli errori favorevoli al Milan "Ehm... hanno fatto più danni col Milan ed a noi viene fuori che poi tra l’altro, tra pro e contro, siamo in favore noi, siamo... ehm... ci va, ci va stretto a noi eh? Perché, un rigore non dato, un goal annullato, due giocatori quantomeno da buttà fuori non buttati... Ti ripeto, a bocce ferme, ti dico: è meglio che non abbia buttato fuori nessuno, perché ci veniva fuori il morto!". Melli concorda: "Eh... sì... sì! Vabbè, se butta fori Totti incendiano lo stadio! Perché pure Totti andava buttato fuori!", e poi sull'ambiente dice: "Sì è una vergogna! E’ una vergogna, è una vergogna! E’ proprio una cosa... ma la colpa, la colpa, è di tutto il casino che fanno qui durante a settimana, capito? Pure i giornali, pure il Corriere dello Sport, non puoi uscì: scandalo... scandalo Racalbuto". Moggi e Melli, dice l'informativa, continuano a parlare del particolare stato di tensione e della situazione ambientale montata ad arte da alcune testate giornalistiche radiofoniche e televisive. Fanno dei commenti sul particolare stato di tensione che ormai accompagna un incontro di calcio, specie a Roma.
In definitiva su Roma-Juventus, leggendo l'informativa, troviamo tracce di verità su cosa fu veramente solo nelle parole, captate al telefono, di Moggi, Biscardi e Melli. Ma uno è il capocupola, e gli altri due giornalisti piegati al suo potere sui media, secondo gli investigatori.
Nell'informativa scrivono: "L’attività investigativa nel suo complesso ha rilevato la particolare attenzione che Moggi presta verso i giornalisti, ben conscio che gli stessi hanno il potere di censurare o inventare o alterare la realtà a propria discrezione, e talvolta possono essere eccellenti strumenti di pressione".
Quello che abbiamo potuto leggere, lo ricordiamo, è solo uno spaccato di quella che poteva essere la realtà dietro le quinte dei media. Sappiamo di questi rapporti perché il telefono di Moggi era sotto controllo, ma non sappiamo se altri dirigenti di società avevano "particolare attenzione" verso giornalisti, o opinionisti, di altre trasmissioni più seguite del Processo biscardiano, o dei TG visti da un pubblico 8 volte superiore, perché i controlli non sono avvenuti a 360°.
Di sicuro il "competitor" Galliani, che telefonava tranquillamente in diretta a ControCampo per rampognare l'opinionista Mediaset Aldo Serena, e dirgli "Serena, Lei non metterà più piede a San Siro quando gioca il Milan", non aveva bisogno della trasmissione di Biscardi perché venissero mostrati in tv anche i torti subiti dalla sua squadra. Degli altri dirigenti non sappiamo, perché non era il telefono di Biscardi ad essere sotto controllo. Come per le telefonate dei Cellino, o dei Facchetti, dei quali possiamo conoscere solo quella porzione di telefonate intercorse con gli intercettati.
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