Hanno il dovere di informarne, senza indugio. Nel Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 2006 si esprimeva in questi termini l'articolo 6 comma 7 (dal 2007 diventato art. 7 comma 7).
Nel 2006 la FIGC aveva il DOVERE di giudicare quei tesserati e quelle società che avevano contravvenuto ad una norma che, con le parole "dovere" e "senza indugio", non lasciava margini alla discrezionalità dei singoli. Non c'era, e non c'è, scritto "a piacere, o a seconda della fiducia, o meno, che si ha nella FIGC". Questo non è avvenuto. Da allora ci sentiamo dire che la giustizia sportiva è "diversa", che è una "giustizia domestica", "cotta e mangiata". Chiamatela come volete, ma una giustizia che per la violazione dello stesso articolo deferisce uno e omette di farlo con un altro, non è più giustizia. Chiamatela, allora, la "cosa" sportiva, ma non giustizia. Ed una Federazione che avalla tutto questo non dimostra di essere super partes ma, piuttosto, matrigna.
Dal maggio 2006 doveva essere aperta un'indagine per violazione degli art. 1 e 6/7 del Codice di Giustizia Sportiva a carico di Facchetti e dell'Inter, con tanti saluti ai "comportamenti limpidi" che furono ritenuti rispettati per l'assegnazione dello scudetto di cartone.
Già dall'11 maggio 2006, sulla stampa, erano riportate delle vere confessioni pubbliche rese note da Repubblica, non un giornaletto di provincia poco letto. Il quotidiano quel giorno dette grande enfasi alle "confessioni" dell'ex arbitro Danilo Nucini, come potete rileggere in questi articoli:
De Santis, Nucini e il giro-Moggi di Luca Fazzo
"Un rigore contro la Juve di Marco Mensurati
Il caso veniva ancora ripreso, sempre da Repubblica, pochi giorni dopo, nell'articolo Dall'Inter a Telecom i 100mila file degli spioni di Giuseppe D'Avanzo.
Allora, maggio 2006, mentre scorreva già il fiume delle intercettazioni e delle informative fatte pervenire alla stampa da una mano infedele delle istituzioni, come al solito rimasta impunita, c'erano anche questi articoli che dicevano molto sul rapporto tra Facchetti e Nucini, che confessava "Io credo che non sia corretto riferire i contenuti dei molti incontri che ebbi con Facchetti. Dico solo che non è stato un incontro casuale. Con Facchetti siamo stati in confidenza, se non amici, per anni".
Facchetti intratteneva rapporti stretti con l'arbitro Nucini. Rapporti diretti, personali e continui, tra il presidente di una squadra di calcio ed un arbitro, che erano lampanti: violazione dell'articolo 1, senza se e senza ma. A Napoli, ancora oggi, gli inquirenti faticano a portare una prova di un contatto diretto tra Moggi ed un arbitro, al di là di ogni ragionevole dubbio.
I giornali, gli stessi che ci dicevano che il solo parlare di Moggi con i designatori era illecito, non scrissero neppure una riga per segnalare che anche per Facchetti e l'Inter si doveva procedere al deferimento per violazione dei principi di lealtà previsti dall'art. 1, e per violazione dell'art. 6/7. Neppure Repubblica, negli articoli citati, fece notare queste violazioni.
Perché Nucini, Facchetti e l'Inter avevano omesso di fare il loro dovere denunciando i fatti a loro noti all'Ufficio Indagini? Nucini dirà, dopo, che non si fidava dell'Ufficio Indagini, mentre Moratti dichiarò a Sabelli Fioretti, in un'intervista del 31 agosto 2006:
Sabelli Fioretti: Poteva denunciare la cosa Lei.
Moratti: "Temevo fosse una trappola per farci fare brutta figura. Però nacque la voglia di capire cosa ci fosse di vero".
Che la stampa non mettesse in rilievo quelle evidenti violazioni del CGS da parte dell'Inter non ci stupì, conoscendo le sovrastrutture che governano un po' tutte le redazioni.
Ci stupì, invece, la differenza di comportamento della FIGC. Quante volte l'Ufficio Indagini, e ora la Procura Federale, hanno aperto indagini su dichiarazioni rese alla stampa? Tantissime volte, e ogni sportivo lo sa bene, per cui non ci dilungheremo in esempi.
Perché non fu aperta questa indagine?
Eppure Borrelli, allora a capo dell'Ufficio Indagini, gli articoli 1 e 6 li conosceva bene. Eppure Borrelli ebbe modo di interrogare Nucini, anzì, andò ad interrogarlo a domicilio. Dopo che gli aveva dato "buca", Borrelli si recò a Bergamo, il 12 ottobre 2006, per sentire Nucini; ce lo racconta, in modo misurato, Marco Mensurati nell'articolo "Quell'arbitro nella stanza 404"
Ricordiamo ancora come fosse oggi, per averne preso conoscenza dalla lettura di forum e siti sul web, che le suddette violazioni furono segnalate all'Ufficio Indagini e alla FIGC da tanta gente, tanto che l'allora commissario molto straordinario Guido Rossi arrivò a minacciare di denunciare gli autori di quelle segnalazioni perché intralciavano l'azione della giustizia sportiva.
Chi, o cosa, invece, intralciò l'azione investigativa di Borrelli sulle violazioni dell'Inter?
Per la FIGC quella dell'estate 2006 resterà una pagina con molte ombre, una fase nella quale si amministrò la "cosa" sportiva con due pesi e due misure.
Rassicurarci, a parole, sul ruolo super partes della FIGC, come ha fatto Abete, non può cambiare la percezione della Federazione e della giustizia sportiva che si è formata in milioni di appassionati e tifosi. La gente giudica basandosi sui fatti, ed i fatti dicono che nell'estate 2006 la FIGC aveva una forte colorazione nerazzurra, con Guido Rossi ed il suo vice Nicoletti (La Burani accusa: Nicoletti uomo Inter?), e che anche l'Inter doveva essere deferita e, invece, venne omaggiata di uno scudetto di cartone.
Ma anche dopo le cose non sono cambiate molto, come abbiamo analizzato nell'articolo "Tempo scaduto: devono dimettersi!"
Ridurre, ora, la violazione esplicita di norme, ed il mancato controllo che dovrebbe operare una stampa libera, a "legittima difesa", non rende un gran servizio né all'informazione né alla giustizia.
Ricordiamo, infine, cosa prevedeva il vecchio Codice Giustizia Sportiva in vigore nel 2006:
Art. 1- Doveri ed obblighi generali.
1. Coloro che sono tenuti all'osservanza delle norme federali devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva.
Art. 6 - Illecito sportivo e obbligo di denunzia.
1. Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica, costituisce illecito sportivo.
2. Le società, i loro dirigenti, i soci di associazione ed i tesserati che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1, ne sono responsabili.
3. Se viene accertata la responsabilità diretta della società ai sensi dell'art. 2, comma 4, il fatto è punito con le sanzioni di cui all'art. 13, comma 1, lettere g) o h), salva la maggiore sanzione in caso di pratica inefficacia di tale pena.
4. Se viene accertata la responsabilità oggettiva o presunta della società ai sensi dell'art. 9, comma
3, il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui all'art. 13, comma 1, lettere f), g), h) e i).
5. I dirigenti, i soci di associazione ed i tesserati riconosciuti responsabili di illecito sportivo sono puniti con una sanzione non inferiore all'inibizione o squalifica per un periodo minimo di tre anni.
6. In caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato, oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate.
7. I dirigenti, i soci di associazione ed i tesserati che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti, ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno il dovere di informarne, senza indugio, la Lega od il Comitato competente ovvero direttamente l'Ufficio indagini della F.I.G.C..
FIGC, super-partes o pro-Inter?
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