La prescrizione è, comunque la si voglia vedere, una questione molto italiana, un tratto caratterizzante del dibattito pubblico e privato italiano. In nessun bar del mondo, varcate le Alpi, sentirete parlare così tanto, e così appassionatamente, di prescrizione, come nei nostri affollatissimi bar sport. Al bar, come in tv e in Parlamento, la prescrizione non ha segreti per un italianovero.
Nessun trattatello a riguardo perciò, nessun tecnicismo di sorta. La prescrizione è un istituto giuridico importante e, tra le sue diverse razionalità all'interno del sistema giuridico, è una soltanto quella su cui mi piacerebbe soffermarmi. La prescrizione corrisponde ad un diritto della difesa: dopo un determinato periodo di tempo, per il difensore diventa difficile, assai più che per l'accusa, trovare elementi a propria discolpa. Se nel 2029 venissi accusato di un omicidio commesso proprio ora, probabilmente non ricorderei nemmeno il fatto che proprio ora sto scrivendo un articolo, il mio alibi insomma.
L'istituto della prescrizione si applica naturalmente anche all'Inter e a Massimo Moratti, e non è quindi in discussione. Le intercettazioni di queste settimane, che assimilano l'Inter al gioco incrociato delle pressioni sui designatori, hanno come protagonista Giacinto Facchetti, una persona defunta, evidentemente impossibilitata a difendere se stesso e la propria società.
Non di meno, queste intercettazioni esistono e, considerato anche che c'è chi sostiene che le intercettazioni bastino e avanzino come prova, senza ulteriore riscontro (noi siamo di tutt'altra scuola), bene allora queste intercettazioni, come quelle che riguardavano la Juve, hanno un valore anche giuridico rilevante. Non nei confronti di un possibile imputato in un processo sportivo (defunto) e della sua società (viva e vegeta), per cui vale la prescrizione, ma nei confronti degli altri imputati, accusati di controllare in maniera esclusiva i gangli del potere federale.
La prescrizione nel frattempo è scattata per l'Inter. Si badi bene però che, considerando la chiusura indagini della procura di Napoli avvenuta il 7 aprile 2007, anche la posizione della Juventus in Calciopoli sarebbe perciò risultata in gran parte prescritta: la fuga di notizie e la successiva visita di Borrelli a Napoli hanno invece, provvidenzialmente, bloccato i tempi.
E cosa si sarebbe detto se le intercettazioni della Juventus fossero state sportivamente prescritte? Lo sapete.
La fuga di notizie, già: c'è stata giustizia in questo senso? Macché.
In aula, il 30 marzo, c'è stata la domanda dell'avvocato Gallinelli ad Auricchio:
Avv. Gallinelli: Si ricorda se ci fu un procedimento sulla fuga di notizie poi pubblicate da parte de L'Espresso?
Auricchio: Sono sicuro che c'è stata un'inchiesta attivata proprio da mie dichiarazioni.
Avv. Gallinelli: Venne accertato se questa fuga avvenne all'interno del nucleo investigativo?
Ma il pm interviene e stoppa: "Opposizione, domanda non ammessa".
Nostre fonti dicono che l'indagine partita dalla querela contro ignoti dell'arbitro De Santis, per la fuga di notizie della primavera del 2006, avrebbe stabilito che il materiale proveniva dall'ufficio degli investigatori, ma che, non essendovi certezza sull'identità di chi ha diffuso il meteriale in modo illegale, è stato tutto archiviato (nostro articolo).
Giustizia? Macché.
Andiamo avanti. La Procura di Napoli passò alla FIGC soltanto una "selezione" delle intercettazioni effettuate dalla squadra di Auricchio, selezione che oggi scopriamo assolutamente parziale. E' ben strano, concorderete: gli atti riguardanti l'Inter non avevano forse rilevanza penale, ma la procura di Torino aveva trasmesso non di meno alla FIGC le risultanze di un'inchiesta archiviata, così come ad esempio aveva fatto la Procura di Genova poco tempo prima, per il calcioscommesse.
"Per noi tutto a posto, ora guardateci voi", questa la prassi tenuta dalle altre Procure, ma non da quella di Napoli.
In sostanza, le intercettazioni della Juve arrivano in tempo grazie a una fuga di notizie, ossia a un atto extragiudiziale e illegale, mai chiarito, mentre quelle dell'Inter arrivano fuori tempo massimo, per la "pigrizia" della Procura partenopea, ma anche di quella della FIGC, che in quattro anni non ha mai inteso capire se ci fossero "altre" intercettazioni, tra le 171.000, indagando a tutto tondo, come suggerivano per altro alcune testimonianze davanti agli inquirenti sportivi.
E' chiaro che così non c'è giustizia. la situazione diventa, con tutta evidenza, parossistica: la prescrizione diventa in questo modo uno spartiacque decisivo che mina alle basi il concetto di equità che dovrebbe essere proprio di un qualsiasi sistema giudiziario. Non possiamo accontentarci, dire che ormai è andata così.
Perché è stata archiviata l'indagine sulla fuga di notizie?
Dove stava la discrezionalità nel considerare alcune telefonate pertinenti per la FIGC e altre no?
Qualcuno può restituire giustizia in questo senso?
Io credo debbano essere la Procura di Napoli e la Procura Federale, ferma restando la prescrizione, che non si discute.
In che direzione si lavora invece? Ora addirittura spunta fuori, dalle maniche dei PM, una prova decisiva: il presunto memoriale di Giacinto Facchetti, scovato dal figlio Gianfelice, che inchioderebbe la Juve, raccontandone il marcio.
E allora proprio non ci siamo, c'è chi gioca a un gioco diverso.
Come si può valutare, anni e anni dopo, le intime valutazioni di un concorrente degli imputati, nel frattempo defunto, considerazioni che sono evidentemente inspiegabili se non da lui stesso? Dove ci si vuole spingere: alla metafisica del diritto?
Un morto non si può difendere, e questo noi lo rispettiamo, ma un morto non può nemmeno attaccare, per le stesse ragioni.
Diversamente, la morte diventerebbe di per sé un'attribuzione di valore e questo sarebbe naturalmente assurdo, per quanto reale nella coscienza di molti.
Gianfelice Facchetti vive, comprensibilmente, tutta questa situazione con grande rabbia. Questa rabbia è forse però strumentalizzata, se si arriva fin qui, incanalandola contro un semplice imputato, che ha tutto il diritto di difendersi, avvalendosi di prove, tra le altre cose, obliate per lungo tempo. E' o non è uno scandalo questo?
E' stato sempre Gianfelice a dire: "Restituiamo lo scudetto degli onesti". Subito costretto a far marcia indietro. Da chi? Forse dagli stessi che per quanto concerne l'affare Telecom-Inter hanno scaricato tutto su suo padre, nel frattempo già passato a miglior vita? Veniva comodo, allora.
La figura di Giacinto Facchetti è oggi ricordata con tutti gli onori dal calcio italiano, denomina persino il Torneo Primavera. Nessuno vuole disonorarla, ma un imputato deve potersi difendere, ed è la disparità di giudizio a livello sportivo determinata dalla breccia nella trasmissione degli atti della Procura di Napoli alla FIGC, semmai, a far gridare giustizia.
Il Memoriale aggiungerà solo disonore a tutta questa vicenda, sancendo l'uso della figura di Giacinto Facchetti a livello mediatico/giudiziario, contro chi chiede comprensibilmente giustizia, senza per altro voler immischiare nessun altro. Pensateci.
Era ieri, c'era chi usava la prescrizione come una clava, come sinonimo di colpevolezza, chi invocava che i morti restassero fuori dai processi.
Loro oggi la pensano al contrario, noi sempre allo stesso modo.
Memorial Facchetti
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