La sentenza del GUP De Gregorio, le cui motivazioni sono state depositate lo scorso 26 aprile, ha ritenuto Antonio Giraudo colpevole tra l'altro del reato di frode sportiva per aver indotto l'arbitro Dattilo ad ammonire dolosamente i giocatori dell'Udinese Pinzi, Muntari e Di Michele e ad espellere dolosamente il giocatore Jankulovski.
Ora a prescindere dal fatto che il bislacco teorema delle "ammonizioni mirate" non è stato ritenuto credibile nemmeno dalla cosiddetta giustizia sportiva (vedi anche qui), si deve ricordare che secondo l'articolo 43 c.p. il delitto è "doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione".
Quindi il primo elemento che doveva essere valutato era l'evento, il secondo l'elemento psicologico di chi l'avrebbe messo in atto: ma di queste valutazioni nella sentenza non v'è la benché minima traccia. Vi sono invece considerazioni e illazioni su quello che sarebbe successo prima (una cena in cui si sarebbero presi accordi sulle griglie relative alle designazioni) e quello che è successo dopo (una telefonata nel quale Giraudo commentava con Moggi l'operato dell'arbitro Dattilo nella partita in questione).
Di quello che accade durante la partita nulla di nulla. Si afferma semplicemente, in base ad elementi estrinsechi allo svolgimento della gara stessa, che "nello specifico contesto probatorio la decisione di espellere il giocatore Jankulovski è compatibile con la ritenuta parzialità dell'arbitro". E' il caso di aggiungere che tale presunta compatibilità può essere mantenuta unicamente prescindendo da tutti i riscontri oggettivi relativi allo svolgimento della gara in oggetto: perché per appurare i fatti non c'è nemmeno bisogno di andarsi a procurare il referto della partita (nel quale per inciso si dice che l'arbitro espelle il giocatore dell'Udinese su segnalazione del guardalinee perché questi aveva colpito a mano aperta un giocatore avversario). E' sufficiente rifarsi ad una delle "fonti" predilette dal tenente colonnello Auricchio, il Corriere della Sera, nel quale si legge: "L'uomo del giorno, ironia della sorte, è figlio di un portiere. Si chiama Daniele Mannini, ha 21 anni e sul suo primo gol in A pesa un dubbio che ha il sapore dell' ignominia: ha visto o no il portiere dell'Udinese rotolarsi a terra, prima di calciare quel pallonetto che ha regalato al Brescia la prima vittoria in campionato? La scelta della traiettoria fa pensare alla colpevolezza. Daniele Mannini da Pisa nega, giura che se avesse visto De Sanctis a terra avrebbe calciato fuori. Una bugia? La sensazione è che lo sia, il resto è processo alle intenzioni. Di certo c'è che il fallo di Sculli su De Sanctis c'era: la testimonianza lasciata da un tacchetto sulla spalla del portiere è attendibile. Ed è certo pure che Dattilo, fin lì bravo, doveva fermare il gioco, se non altro perché a terra c'era il portiere. Il tempo per intervenire prima che la palla finisse sul sinistro di Mannini c'era: 4 secondi, per l'esattezza. De Sanctis parla di due errori: il primo, tecnico, dell' arbitro, il secondo, sportivo, di Mannini. «È stato un comportamento assolutamente scorretto dei giocatori del Brescia»".
Dunque fermiamoci un attimo. L'arbitro "fin lì bravo" non vede un fallo di un giocatore del Brescia sul portiere dell'Udinese; a quel punto un altro giocatore del Brescia, anziché fermarsi, calcia in porta con il portiere avversario accasciato a terra. A quel punto scoppia una colossale rissa della quale, in termini sanzionatori, fa le spese Jankulovski che viene espulso. Ben lungi dal risultare dolosa, l'espulsione di Jankulovski si rivela come un atto dovuto. Chi, come il nostro giudice, intendesse sostenere la malafede di Dattilo potrebbe forse puntare sul fatto che l'arbitro abbia intenzionalmente fatto continuare il gioco, ma questo imporrebbe di considerarlo dotato di poteri paranormali tali da fargli prevedere non solo la mancanza di fair play di Mannini, ma anche la successiva rissa con reazione violenta di Jankulovski.
Ma quello che smentisce qualunque teorema complottista è il successivo comportamento dell'arbitro che, presumibilmente perché si accorge successivamente dell'errore commesso e si sente almeno in parte in colpa per l'accaduto, contrariamente agli auspici di Giraudo, non calca in alcun modo la mano nel referto, tant'è che oltre a Jankulovski non viene squalificato alcun altro giocatore dell'Udinese. Pertanto l'arbitro potrebbe eventualmente, e ritengo involontariamente, aver favorito il Brescia, ma non ha in alcun modo favorito la Juventus. Di conseguenza vi sono tutti i presupposti perché in un successivo giudizio cada l'imputazione di frode sportiva. Purché, beninteso, il giudice dell'appello non viva sotto una campana di vetro come il GUP De Gregorio...
Il magistrato sotto la campana di vetro
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