HorrorSi è concluso lo speciale di “Un giorno in pretura” dedicato al processo di Calciopoli, con la terza e ultima puntata intitolata “La palla è rotonda”. Come avevamo fatto notare nell’analisi delle due precedenti puntate, la trasmissione è stata imperniata sul romanzo delle informative auricchiane, ignorando quasi completamente tutte le storture, le contraddizioni delle indagini e le intercettazioni scomparse. Tuttavia questa terza parte dello speciale è stata forse quella in cui è stato dato più spazio ai controinterrogatori delle difese, anche se un paio di particolari non tradiscono l’impostazione data fin dall’inizio alla trasmissione: c’era un “Sistema Moggi” che cercava di alterare il campionato 2004-2005. In questa puntata di Orrori di Stampa analizzeremo alcune delle deposizioni “evanescenti” dei testimoni dell’accusa che sono state trasmesse, approfondiremo il “metodo” usato per citare le intercettazioni, omesse e non, relative alle altre squadre, fino ad arrivare al momento “solenne” della condanna. 

Cellino, Zamparini, il sorteggio e De Santis. Questa è la volta delle deposizioni di Cellino e Zamparini, il primo interrogato su Reggina-Cagliari e il secondo su un colloquio avuto con Moggi, il quale gli avrebbe fatto “avere” Rizzoli per arbitrare Verona-Palermo. Fortunatamente però hanno trasmesso anche il controinterrogatorio di Prioreschi durante il quale Zamparini ammette di non ricordare se, al momento del colloquio incriminato, fossero già stati sorteggiati gli arbitri ed hanno fatto vedere come lo stesso Cellino, pur ribadendo di fidarsi poco del De Santis arbitro, abbia notevolmente ridimensionato le accuse fatte alla Reggina, presumibilmente “protetta” dai moggiani secondo l’accusa. Capitolo sorteggio: è stata trasmessa la testimonianza di Manfredi Martino, nella quale l’ex assistente dei designatori si è palesemente contraddetto, facendo alterare non poco Narducci. Forse sarebbe stato meglio dire chiaramente che la sentenza Casoria ha decretato come quei sorteggi fossero regolari e non, per bocca della Petruzzelli, che “nessuno è stato condannato per il sorteggio”. Si passa poi alla figura di De Santis e alle varie partite nel quale è coinvolto il fischietto romano: Juve-Parma del 2000, Lecce-Juve e Lecce-Parma del 2004-2005. Ci ha pensato l’avvocato Gallinelli a ricordare al Tribunale e ai telespettatori che in quell’anno la Juventus perse la Supercoppa Italiana contro l’Inter, di nuovo contro l’Inter in campionato e contro il Palermo grazie ad errori di De Santis. Alla faccia dell’arbitro della cupola. 

Le intercettazioni degli “altri”. Una delle cose che abbiamo messo più in risalto analizzando queste tre puntate è che delle telefonate degli altri dirigenti di Serie A non c’è stata traccia. Però, nell’ultima puntata, incredibilmente si possono ascoltare ben due “Meani-Collina” che dimostrerebbero il potere juventino sulla classe arbitrale. Cosa alquanto strana questa. Potevano scegliere tante altre intercettazioni di Meani: per esempio quella con Collina durante la quale si fissa l’appuntamento famoso a mezzanotte nel giorno di chiusura del ristorante dello stesso Meani, o quella con Galliani del ”se abbiamo un po’ di potere anche nelle categorie inferiori è meglio”, oppure sceglierne una delle tantissime con arbitri e assistenti nelle quali il co.co.co più pagato della storia spiegava come si dovesse alzare la bandierina, che mica ”siamo il Palermo noi”.  Insomma ce n’erano una marea da poter scegliere, senza considerare i dirigenti di tutte le altre squadre. Ma gli autori del programma hanno ben pensato di trasmettere le chiacchiere di Meani che riportava “sensazioni”  apprese da Ancelotti (peraltro poi smentite dallo stesso mister in aula). Dopo tutti questi anni io mi sto convincendo che le informative dei “magnifici 12” siano una specie di malattia contagiosa: chiunque le legge e le ripropone adotta pedissequamente il metodo del “taglia e cuci” auricchiano: quello che mi serve lo prendo, quello che non mi fa comodo lo scarto. E sembra anche un metodo duttile da utilizzare: che siano informative, articoli di giornale o trasmissioni televisive poco importa. Esilarante la precisazione della conduttrice secondo la quale “la difesa Moggi lamenta che intenzionalmente l’accusa non avrebbe preso in considerazione tutta una serie di intercettazioni telefoniche”. Frase piuttosto sbrigativa per trattare la questione. Penso che quella (includendo tutto il modus operandi degli inquirenti) sia la questione più importante di tutta la vicenda e che un qualsiasi approfondimento serio non possa prescindere dall’analizzare soprattutto questo. Ma per qualcuno sono più importanti, Nucini, Zeman, Baldini e compagnia cantante, testimoni di un’accusa che ha visto demolita quasi per intero la sua teoria dalla sentenza Casoria. De gustibus non disputandum est. E il codice deontologico dei giornalisti?

Il gran finale: la condanna. A fine puntata ovviamente è stata trasmessa la lettura del dispositivo della sentenza che vede condannati  Moggi, De Santis e i due designatori. E’ legittimo, quando si parla di un processo, far sapere che cosa abbia sentenziato la Corte giudicante, così come è legittimo seguire le teorie accusatorie per narrare una vicenda, se così si è sempre fatto. Però una sentenza o la si cita sempre o non la si cita mai. Chi, come noi, questa sentenza la conosce bene sa quanto sia complessa e a volte perfino contraddittoria. Si condannano delle persone “per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva”, condanne date anche e soprattutto per una consegna di schede telefoniche estere la cui attribuzione ancor oggi non è chiara. Allo stesso tempo si dichiara il sorteggio regolare, il campionato regolare e si bacchettano gli inquirenti a causa di indagini mirate solo su un soggetto. Non si è fatto nemmeno un accenno al “record” di tre ricusazioni del collegio giudicante (nemmeno una promossa dalle difese) e allo sfogo del Presidente Casoria dinanzi al Csm. Se si trasmette la lettura della condanna, non si possono omettere tutte queste cose per dare un quadro chiaro della querelle “Calciopoli”. Chi pensa che il famoso “sentimento popolare” sia roba del 2006 o comunque degli anni immediatamente successivi si sbaglia di grosso: l’antijuventinità dei media è ancora viva e presente a difesa di una versione dei fatti farlocca smentita quasi del tutto dalla verità giudiziaria e che sarà un giorno completamente abiurata dalla Verità storica. Qualcosa che se ne frega dell’audience.  


Puntate precedenti:
ORRORI DI STAMPA: "Un giorno a via In Selci"- Vol. 1
ORRORI DI STAMPA: "Un giorno a via In Selci"- Vol. 2