Lo scorso agosto era stata annunciata in pompa magna l'entrata dei cinesi nel capitale dell'Inter; a distanza di sette mesi, mentre dei cinesi, forse sperduti nella nebbia di Milano, non si ha più notizia, è il turno della Roma e degli sceicchi: uno di loro, parente alla lontana (dicono) dei regnanti giordani o forse di quelli sauditi, si sarebbe accordato con gli americani attuali primi azionisti della Roma per entrare nel capitale della società giallorossa.
Usiamo il condizionale, non solo perché il curriculum della Roma è ricco di mancati compratori, ma anche perché il comunicato che ne annuncia l'arrivo recita testualmente e stranamente: "l'efficacia di tale accordo è subordinata all'avveramento di determinate condizioni, secondo una tempistica ad oggi non prevedibile", dando quindi per sottinteso che l'accordo potrebbe anche saltare (proprio come deve essere successo per quello di Moratti con i cinesi).
Singolare è l'annuncio della Roma, come singolare era stato a suo tempo quello dell'Inter che prevedeva entro ottobre (2012) tre nuovi Consiglieri per conto dei nuovi (e ignoti) azionisti cinesi, ma aggiungeva che contestualmente si avviava con la China Railway Construction una collaborazione per la realizzazione entro il 2017 del nuovo stadio di proprietà, dando così ad intendere che le due questioni (nuovi azionisti e nuovo stadio) fossero"intrecciate".
Ecco, il nuovo stadio di proprietà sembra fare da sfondo ai due comunicati e da denominatore comune all'arrivo di cinesi e americani, sceicchi e presunti tali: indicato con chiarezza in quello dell'Inter, verosimilmente sottinteso nell'avveramento di determinate condizioni in quello della Roma. Come dire che americani, cinesi e arabi (e dovremmo aggiungere anche gli albanesi frattanto consultati da Moratti) sono in qualche modo sollecitati a entrare nel calcio nostrano non tanto per l'attrattiva delle nostre società quanto invece per quella del possibile business edilizio multimilionario legato alla costruzione di nuovi stadi.
In effetti lo scorso autunno la legge sulla costruzione di nuovi stadi stava per essere approvata (sarebbe bastato l'accordo unanime nell'apposita Commissione in Senato senza passare dal voto in Aula) ed era in grado di sollecitare alla grande sia costruttori cinesi che palazzinari nostrani, visto che prevedeva non solo la semplificazione dell'iter burocratico ma anche e contestualmente insediamenti residenziali e commerciali tali da consentire la sostenibilità economica dei nuovi progetti impiantistici (facile immaginare cosa questo potesse significare per stadi da 70-80.000 posti che possono arrivare a costare 300-400 milioni, come quelli ipotizzati da Inter e Roma per non parlare della Lazio di Lotito).
Qualcuno, in Senato, deve però aver avuto il pudore di bloccarla e qualche grande progetto deve essere così evaporato: ciò potrebbe spiegare come mai, a distanza di sette mesi, non si abbiano più notizie dei consiglieri cinesi dell'Inter (che tanto avevano eccitato la Gazzetta dello Sport). Sicuramente la legge tornerà d'attualità col nuovo governo (e anche, verrebbe da aggiungere, col nuovo presidente del Coni, romanista conclamato) e magari sarà proprio il suo iter a indicare l'avveramento delle condizioni per l'ingresso dello sceicco giordano (o saudita?) nel capitale della Roma (ipotesi che tanto sta eccitando il Corriere dello Sport).
Staremo a vedere; la tempistica, come recita il comunicato della Roma, ad oggi non è prevedibile. Visto, infine, che l'argomento 'stadi di proprietà' (e relativa legge agevolativa) è diventato una specie di chiodo fisso per presidenti e per l'intero sistema calcio, vale la pena notare che dal prossimo esercizio il contributo netto dello Juventus Stadium al bilancio sociale (da un lato l'aumento dei ricavi, dall'altro l'ammortamento del mutuo) dovrebbe essere positivo, a conferma che la programmazione societaria, risalente a Giraudo, è stata accorta e premiante.
Gli stadi che verranno (forse)
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- By Enzo Lombardo