Uno dei temi più discussi sui giornali e sul web in queste ore è il comportamento di Conte e Marotta alla fine di Juventus-Genoa. Qualcuno, tra cui il presidente Agnelli, giustifica l’allenatore e il Direttore Generale, dicendo che non si può sempre "fare i Lord inglesi" e porgere l’altra guancia. Qualcun altro, invece, parla di stile Juventus da rispettare, o in alcuni casi da recuperare.
La mia idea, per quello che conta, è molto più pragmatica. Non pretendo che tutti i tifosi la accettino, mi piacerebbe però che almeno dalle parti di Corso Galileo Ferraris la leggessero, anche se, a giudicare dalla conferenza stampa di Conte dopo Lazio-Juventus, mi pare che siano ormai perfettamente allineati a quanto sto per scrivere.
Dalle parti della FIGC e delle redazioni dei principali quotidiani, sportivi e non, io credo che non aspettassero altro e che si siano leccati i baffi guardando Conte agitarsi col dito puntato verso l’arbitro a fine partita. E che abbiano goduto altrettanto nel sentire Marotta rosicare sottolineando la napoletanità dell’arbitro in questione. Io invece ho semplicemente abbozzato davanti alla TV e al mio computer, vedendo in anteprima il film che in queste ore ci è stato proiettato. Un film fatto di squalifiche e multe, visto che dalle parti della FIGC non vedevano l’ora di sottolinearci ancora una volta chi in questo momento comanda.
Nessuno pensi, altresì, che io sia tra quelli che predica il mutismo assoluto. Al contrario ritengo che certe cose vadano dette, eccome. Tuttavia, quando si è l’allenatore e il Direttore Generale di una squadra di calcio come la Juventus, e quando si è nel periodo più delicato dell’anno, bisogna mettere in conto che ci si potrebbe trovare in situazioni del genere e bisogna essere preparati psicologicamente a reagire con razionalità, tenendo ben presenti quali possano essere le vere priorità della squadra e della società.
Nel nostro caso, ritengo che non ci siano dubbi che la priorità della Juventus sia quella di mantenere un adeguato profilo di competitività delle squadre che vanno in campo. La squadra, per vari motivi (assenze per Nazionali, per malattie e per infortuni) ha già gli uomini contati e siamo alla vigilia di appuntamenti importanti. Rischiare la squalifica dell’allenatore, del DG e di importanti giocatori, come in effetti è avvenuto, credo sia alquanto tafazziano e rischia di vanificare il duro lavoro fatto finora.
Ciononostante, per la gravità di quanto accaduto, è sacrosanto lamentarsi, anzi oserei dire indispensabile. Va però fatto con intelligenza, senza porgere il fianco a facili rappresaglie che i nostri nemici hanno istantaneamente messo in atto. Ottima quindi la decisione di Conte di andare in TV e in conferenza stampa, dove ha sfoderato grinta ed argomenti (ed in quella post Lazio-Juve anche una geniale ironia), senza farsi intimorire e senza scendere in volgarità. Male invece, a mio parere, la sceneggiata a fine partita, che, ripeto, oltre a ricordare pateticamente il Gigi Simoni del 1998, lo costringe a lasciare la squadra senza allenatore sul campo per due partite, ancora una volta.
Stesso discorso vale per Marotta. Partito composto nella sua dissertazione sulla dinamica dei fatti, ad un certo punto sbraca miseramente, ricordando a tutti le origini napoletane dell'arbitro e la discutibilità della designazione. Queste sono le regole base della comunicazione pallonara. Atteso che sono certo che lui sapesse delle origini di Guida anche prima della partita, questa osservazione avrebbe dovuto farla subito, tra il serio e il faceto, al momento della notizia della designazione. Avrebbe acceso un faro sulla possibile anomalia (ma davvero lo è?) e contemporaneamente avrebbe messo la giusta pressione sull’arbitro. Segnalare la cosa a fine partita, anche in questo caso, perdonatemi, ricorda certe lamentele di epoca pre-calciopolara, che venivano esibite davanti alle telecamere a giustificazione di sonore sconfitte. Ma soprattutto affossa pacchianamente il dubbio che ad ognuno sarebbe venuto, se solo quella annotazione fosse stata fatta prima della gara.
Benissimo infine il comportamento del presidente Agnelli, che l'altra sera al galà dell’AIC, ha orgogliosamente difeso l’operato dei suoi due tesserati. Se deve dir loro qualcosa, lo farà senz’altro lontano dai riflettori, senza dare l’appiglio ai giornalai per rinfocolare inutili polemiche.
In definitiva, come già detto altre volte, siamo in guerra e dobbiamo accettarne le regole. In due partite ci sono stati negati cinque o sei rigori e complessivamente gli arbitraggi sono sembrati chirurgici anche nel permettere ai nostri avversari un certo tipo di gioco duro. Giusto difendersi, giusto sottolineare ad alta voce le ingiustizie, se ci sono. Giusto magari usare l'ironia, se le condizioni lo permettono. Giusto infine, a mio parere, anche chiedere spiegazioni ufficiali agli organi federali di certe frasi udite a fine partita. Indispensabile però fare sempre tutto ciò senza creare episodi che, strumentalizzati, possano creare danni al potenziale tecnico della squadra nel momento più importante dell’anno.
Il diritto di lamentarsi. Il dovere di farlo con intelligenza
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- By Salvatore Cozzolino