Per il calcio italiano si è appena conclusa una settimana fondamentale che ha visto la conferma di Giancarlo Abete alla presidenza della FIGC e di Maurizio Beretta alla guida della Lega Calcio.
In questo desolante quadro di conservazione del fallimentare assetto politico del mondo calcistico ha fatto notizia il comportamento della Juventus, che ha votato per la rielezione di Abete ed è invece rimasta all'opposizione in Lega. In particolare, il voto favorevole nei confronti di Abete ha scatenato il dibattito tra i tifosi bianconeri, fornendo l'occasione per tracciare un bilancio dell'operato del presidente Agnelli a partire dal suo insediamento fino ad oggi.
Anche tra i nostri redattori si è sviluppato un vivace dibattito, per cui riteniamo qui di rappresentare due diverse posizioni emerse dal confronto, quella di due figure ben note, Crazeology e Claudio Amigoni. Il primo traccia un bilancio negativo della gestione Agnelli, e si dimostra piuttosto pessimista per il futuro. Al contrario Amigoni promuove a grandi linee l'operato di Agnelli e prevede un ottimo futuro per la società guidata dal giovane manager.
Ai lettori di ju29ro.com consigliamo di leggere entrambi i pezzi, e di trarre solo alla fine le proprie conclusioni.
Andrea Agnelli è presidente della Juventus dal 28 aprile del 2010.
Non sono neppure passati tre anni, e in un periodo così breve mi pare che il Presidente abbia cercato di muoversi il più possibile in direzione di un certo tipo di juventinità.
Andrea ha rivoltato la società come un calzino, sia dal punto di vista gestionale che quanto a mentalità.
Non c'è dubbio che oggi in Juventus si pensi "da Juventus", fatte salve alcune operazioni che lasciano perplessi (parlo di giocatori non da Juve che hanno vestito il bianconero anche in questi anni) ma che non sono da ascrivere alle responsabilità del presidente.
Alzi la mano chi si ricorda solo un momento, un atteggiamento "da Juventus" associato alla dirigenza che ha gestito la società dal giugno del 2006 fino all'insediamento di Andrea.
Quanto per rispondere a chi accosta Andrea Agnelli a Giovanni Cobolli Gigli, un paragone che a mio parere suona peggio di una bestemmia in un luogo di culto.
E sempre per chi sostiene che Andrea dovrebbe dimettersi, ricordo che se ciò dovesse accadere lo scenario migliore che ci si possa attendere è quello di ritrovarsi un nuovo Cobolli Gigli.
Se non proprio lui stesso.
Quindi al momento Andrea prende schiaffi a destra e a manca, ma è l'unica speranza che abbiamo.
Prima ce ne rendiamo conto, e meglio è.
E tutto questo nonostante sia straconvinto che il buon John Elkann abbia altri pensieri, gliene freghi bellamente zero della Juve, tranne che per le occasioni in cui si fa vedere allo Juventus Stadium.
Forse perché giova alla sua immagine?
Forse per spiegare a tutti, con la sola presenza, che il padrone di questa Juve nuovamente bella a e vincente è pur sempre lui?
Forse perché "Gianfilippo" deve cercare di allontanare da sé l'immagine pilatesca - per non dire quasi connivente - che i rapporti stretti - e tuttora vigenti - con molti dei carnefici della Juventus hanno costruito, suscitando nel popolo juventino disgusto nei confronti della sua persona?
Personalmente credo che in questi 28 mesi Andrea si sia fatto un sacco di nemici, per tanti motivi.
1) Andrea rappresenta la continuità della Juve umbertiana e giraudiana, quella che tutti volevano distruggere molto più di quanto volessero rovinare Moggi. Uno che come capo-Cupola è credibile quanto una pornostar nel ruolo di una monaca di clausura.
Però, quattro anni dopo Giraudo, è arrivato il suo figlioccio, bello arrabbiato e per nulla disposto a sorvolare sui temi delicati e spinosi che ci trasciniamo dal 2006.
C'è chi sostiene che il revisionismo promosso da Agnelli sia tutta una recita atta a tenere buono il popolino gobbo.
Può essere tutto.
Però una certezza è innegabile: chi è stato toccato sul vivo dalle parole e dalle azioni di Andrea avrebbe fatto volentieri a meno di scoperchiare nuovamente il pentolone di Calciopoli.
2) Il figlio di Umberto ha riportato la Juve alla competitività sportiva che le era consona prima del maggio del 2006, e questo ha fatto dissolvere 5 anni di proclami al miele sullo status "immacolato" del nuovo calcio post-Cupola.
Si è tornati magicamente a: "La Juve è tornata a vincere? Allora il marcio c'è ancora! Ladri!"
3) Andrea ha sfidato apertamente Moratti, non gli ha risparmiato battute e dialetticamente lo ha messo all'angolo; ha provocato imbarazzo in un ambiente teso a conservare lo status quo e per questo si è attirato antipatie feroci; ha difeso il suo allenatore quando i media quest'estate erano unanimemente convinti dell'equazione: "squalifica Conte = nuovo allenatore".
Significava ripartire da capo e abortire un futuro che prometteva (e sta mantenendo) un numero imprecisato di fegati spappolati (altrui).
Ha attaccato Abete.
Ma il problema è che lo ha fatto da solo.
E dico che, seppur la mossa di cedere e votare la conferma di "Giancarlo: non dico nulla ma parlo" sia un colpo dritto alla bocca nello stomaco di ogni juventino, strategicamente sarebbe stato poco furbo votare contro.
Perché?
Semplice: avrebbe fatto la figura del Gaucci di turno.
Solo che Gaucci se lo sono cucinato per bene e, seppur Andrea di cognome fa Agnelli, in questo momento gli interessi della Famiglia non sono mai stati così distanti dal calcio, e soprattutto la Famiglia stessa non ha mai avuto un livello di "appeal" così scarso.
Non serve fargli fare la fine di Gaucci, basterebbe un piccolo sputtanamento.
Anche un'accusa di avere l'abitudine di mettersi le dita nel naso in pubblico, per dire, verrebbe cavalcata.
Esempi in famiglia ce ne sono, mi pare.
C'è poco da fare: altre "casate", altri "grumi di potere" (cit.) in questo momento contano di più.
E' anche un problema generazionale: alla FIAT ma anche alla Juve ha nuociuto terribilmente la fine prematura di Giovannino Agnelli, che - erede designato o meno, non è importante - in vita difficilmente avrebbe avallato certe schifezze.
Di quanto fosse juventino il fratellastro di Andrea è lì a testimoniarlo l'immagine in tribuna a pochi giorni dalla morte quando, in una gelida serata di dicembre al già gelido di suo "Delle Alpi", volle rivedere un'ultima volta dal vivo la sua Juve battere il Manchester Utd in una partita di rara emotività.
Paghiamo tantissimo questo salto generazionale nei "rami" che contano in Famiglia.
Dai settantenni/ottantenni si è passati ai trentenni, anche se i due tutori ottantenni ci sono ancora.
Ma non fanno parte della Famiglia e credo facciano fondamentalmente gli interessi loro.
4) Legato all'aspetto generazionale si ricava quello che a mio parere è proprio il problema più grosso.
Andrea è, dal punto di vista della visione globale del calcio, avanti vent'anni rispetto a tutti i suoi colleghi presidenti.
Solo che della maggior parte dei colleghi, lui potrebbe tranquillamente essere figlio.
Il presidente esprime concetti da manager moderno, di respiro internazionale, mentre i suoi colleghi più influenti, ognuno con la propria "corte dei miracoli", si distinguono per il ricorso sistematico al trash, allo stile "cafonal", come direbbe Dagospia.
Pensate a Galliani e ai suoi amiconi Cellino, Preziosi e Lotito; a Moratti che tuba con De Laurentiis e Zamparini; al Della Valle senior che non risparmia mai critiche agli altri (anche casa Agnelli, of course) ma in casa sua non guarda mai.
A parte Baldini (che qualcosa contro la Juve abbia sempre nutrito, pare...) c'è appunto l'aspetto anagrafico: ognuno di questi "signori" potrebbe essere il padre di Andrea.
Che poco più di un mese fa ha compiuto 37 anni.
L'età di Ghirardi, un altro che non mi dispiace ma rappresenta il Parma, che non conta nulla.
Finché ci saranno questi "baroni", sarà dura per Andrea.
La speranza è che il ragazzo lavori per creare una base di relazioni con certe realtà (penso appunto al Parma e a quelli con i quali stiamo facendo mercato in questi anni: Udinese, Atalanta, Bologna, e probabilmente pure la Samp) e che la... natura faccia il suo corso avviando l'inevitabile ricambio generazionale.
Mai pensato potesse essere facile, chi ci ha affossato - per fare quello che ha fatto - ha pianificato le cose per anni, probabilmente per decenni.
E in quei decenni ha ingoiato merda, mentre noi ci deliziavamo con la cioccolata.
Si tratta solo di aspettare, prima o poi le cose svolteranno ancora.
E torneremo nuovamente noi a fare indigestione di cioccolata.
Andrea Agnelli va sostenuto. Non dileggiato
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- By Claudio Amigoni