Sabato sera, dopo Juve-Inter, il Presidente Moratti ci ha regalato un’altra delle sue frasi illuminanti: “Nei primi dieci minuti di partita abbiamo visto la vera storia dei due club”.
Frase arrogante, provocatoria? Sicuramente istigatrice di violenza per certe teste calde che girano negli stadi, e che fanno del calcio l’unica loro ragione di esistenza. Al riguardo non ho sentito nessuna voce importante parlare del pericolo che frasi del genere, dette da un numero uno di società, potrebbero arrecare. L’importante era commentare, con gli occhi iniettati di sangue, il fuorigioco di Asamoah.
Io non risponderò a tale affermazione, essendo troppo di parte, ma citerò due frasi sulle quali cercherò di argomentare questo mio pezzo, premettendo che sarà difficilissimo in quattro, cinque pagine di word ripercorrere pagine di storia di due club così importanti; ancora più difficile sarà sintetizzare, con il rischio di non riportare particolari che invece potrebbero risultare fondamentali.
La prima frase è di Mario Sconcerti, notoriamente conosciuto come grande giornalista ma, sicuramente, non propriamente juventino. Frase pronunciata su Sky Sport:
“ Sono venute fuori valanghe d'intercettazioni diverse, che hanno messo in seria difficoltà l'Inter; non ci scordiamo che l'Inter sta usando la prescrizione, perché altrimenti sarebbe stata deferita, e deferita con argomentazioni, usate dal pubblico ministero della Federcalcio, molto molto pesanti. [...] Ma quando Moggi e Facchetti telefonavano agli arbitri, perché telefonava anche Facchetti, ce ne sono le registrazioni, era per avere che cosa? Quando Bergamo gli disse, perché Facchetti si lamenta che con quell'arbitro non vincono mai, Bergamo gli risponde alla lettera 'Vedrai che questa volta non dovrai più dire così', l'avversario non era la Juve, ma era un danneggiato che andava a giocare e perdere con l'Inter con un arbitro favorevole all'Inter. Io non voglio rientrare a quel tempo, ma anche Moratti deve stare attento a quello che dice, perché lui nel 2006 faceva pedinare i suoi dipendenti, faceva pedinare e mettere sotto controllo il telefono dell'arbitro De Santis".
Questa dichiarazione è facilmente reperibile su YouTube, per un’eventuale conferma di ciò che sto scrivendo.
Proprio in questi giorni ho scritto che Sconcerti che risponde a Moratti equivale ad “un fungo porcino che nasce sulla corsia di sorpasso della Firenze Mare”, talmente è un caso più unico che raro.
E’ la prima volta che una voce autorevole del settore urla la verità che tutti gli altri addetti ai lavori stanno nascondendo ad arte.
La seconda frase che voglio citare è di Roberto Bettega, proprio di questi giorni:
“Io prima del 2006 avevo vinto 14 scudetti, più di quelli vinti in tutta la sua storia da parte dell’Inter”.
Chiaramente Penna Bianca ricordava i suoi successi sia da giocatore sia da dirigente.
La leggenda della “Juve ladra” è nata, o per lo meno si è ingigantita, durante gli anni settanta, proprio a Milano, e proprio durante il periodo in cui le due squadre lombarde erano sprofondate in una crisi nera che sembrava non avere mai fine.
Poi, come vedremo, il tam- tam milanese arriverà forte e chiaro anche a Firenze, Roma, e sino in fondo allo stivale.
Ma torniamo all’affermazione di Bettega.
Gli anni settanta, a parer mio, sono stati quelli della consacrazione definitiva della Società Bianconera, guidata in quei magici anni da Giampiero Boniperti, intenditore di calcio sopraffino, oltre che comunicatore terribilmente efficace: nel senso che liquidava i giornalisti, onesti o meno, con tre battute mirate e ficcanti. Boniperti era decisamente la proiezione di sua maestà Gianni Agnelli, anche lui sbrigativo, pungente ed ironico di fronte ai microfoni.
Erano però altri tempi. Adesso le battute non bastano più: di fronte a certi hooligans della parola occorre documentare, portare prove, dare risposte articolate e concrete, senza possibilità di replica.
Gli anni settanta. Boniperti raccolse una Juve decisamente incolore ed insignificante che stava chiudendo miseramente il decennio precedente.
Ringiovanì il gruppo e creò un team di futuri campioni, rimasti nella storia del calcio, che domineranno per quasi due decenni.
Bettega, l’angelo volante, Causio, la farfalla imprendibile, Anastasi, il siciliano goleador, Capello, il grande geometra, Furino, la roccia, ed a seguire Gentile, Scirea, Cabrini, Tardelli e tutti gli altri, che solo a nominarli fanno vibrare le corde dell’emozione.
L’allenatore era il grande Trap, allenatore con la A maiuscola.
L’Inter, al contrario, stava vivendo ed ammirando il tramonto dei suoi grandi giocatori, come Mazzola, Facchetti, Burgnich, mentre gli acquisti più importanti rispondevano ai nomi di Libera, Massa, Doldo, Bini, Gasperini, Muraro, Scanziani, Pavone, tutti giocatori che per ricordarli occorre andare a sbirciare gli Almanacchi Panini.
Boniperti, addirittura, fu talmente astuto che si affrettò ad acquistare proprio dall’Inter l’unico giocatore che stava ritardando il tramonto: Roberto Boninsegna, che a Torino avrebbe segnato goal a grappoli.
Quindi, la leggenda “Juve ladra” è nata proprio nel periodo in cui la squadra bianconera non aveva rivali.
Ecco che era ricorrente udire, nei bar e nei circoli, che la “Juve regalava le Fiat agli arbitri”, solo perché era più facile gridare al ladro che fare l’inchino ai più forti.
Intanto la Juve “ladra” arrivò a prestare ben nove calciatori alla Nazionale di Bearzot per Argentina '78, contro il solo Bellugi interista. Contro l’Argentina, padrona di casa e futura campione, furono addirittura schierati tutti quanti per una vittoria storica con goal di Bettega. Quella è stata, a livello di gioco, la Nazionale più spettacolare di tutti tempi, a detta dei professionisti del settore.
Ognuno di noi dovrebbe fare propria una frase di Trapattoni, tratta da un’intervista rilasciata alla fine del campionato '81-'82: “Alla fine di ogni torneo i torti ed i favori si compensano, e alla fine vince sempre la più forte”.
Frase che gli attuali addetti ai lavori hanno volutamente dimenticato.
Come dicevo, non tardarono romani e fiorentini ad accodarsi ai meneghini: il grido “Juve ladra” stava diffondendosi ormai in tutta Italia, dall’Arno al Tevere, colpa di due campionati “assassini”, quello '80-'81 e quello '81-'82, dove gli episodi incriminati furono rispettivamente il famoso goal di Turone ed una rete annullata al viola Graziani nella partita decisiva di Cagliari, ultima giornata del campionato successivo.
Il goal di Turone è stata la scena finale di un film antijuventino iniziato molti anni prima, divenendo (insieme a quello di Ronaldo in seguito) il totem della diffamazione, il corpo del reato, la prova inconfutabile dei furti sul campo perpetrati dalla Juventus.
Nessuno ricorderà mai ai posteri che durante quel campionato a Tardelli fu annullato, contro il Toro, un goal regolarissimo, che avrebbe consentito alla Juve di pareggiare, e portare via un punto, quando il punto era importante e la vittoria ne valeva due. Nessuno ricorderà mai ai posteri gli aiuti che furono dati alla squadra capitolina per poter reggere il passo della Vecchia Signora. L’unica cosa che conta alla vigilia di ogni Juve-Roma è correre ad intervistare Turone. Lo faranno anche quando l’ex giocatore romanista si avvicinerà ai novanta anni.
Invece sul secondo episodio la cosa buffa è che gli amici fiorentini e molti giornalisti ricordano un rigore 'inesistente' per la Juve a Catanzaro (parata del difensore Celestini sulla linea di porta) e non parlano più dell’episodio di Cagliari.
Proprio come i bugiardi che non ricordano più a distanza di tempo la balla raccontata: ma l’importante è diffamare la Juve ed organizzare una festa provocatoria per festeggiare lo scudetto '82, vero, Della Valle? Come se io ne organizzassi una per festeggiare la mia medaglia d’oro nei 100 metri vinta a Los Angeles nel 1984 davanti a Carl Lewis.
E l’Inter che fine aveva fatto durante quel periodo? Aveva acquistato il “fuoriclasse” Bachlechner, e faceva da comparsa alle altre duellanti.
Intanto la “Juve ladra” aveva prestato sei giocatori alla futura Nazionale Campione del Mondo di Spagna '82.
E’ doveroso ricordare che anche l’Inter, comunque, contribuì con Oriali, Bergomi ed Altobelli a quella indimenticabile impresa. Ma lo scheletro della squadra era tutto juventino. Sei ladri juventini alzarono la Coppa del Mondo.
Ed eccoci arrivati agli anni di Platini, Boniek, e dei sei Campioni del Mondo, che dominarono la scena italiana ed europea per cinque anni.
L’Inter rispondeva con tale Ludo Coeck, Hansi Müller, Pasinato ed il “grande” Antonio Sabato, che andarono a completare la rosa dei veterani Beccalossi, Baresi, Bergomi, Collovati, Marini, Altobelli. Una squadra di valore medio che non poteva competere con una Juve stellare, di cui solo un tiraccio di Magath e la sanguinosa Curva Zeta hanno leggermente offuscato le gesta.
Con qualche ottimo ritocco, Laudrup, Manfredonia, Mauro e Serena, la Juve conquistò il Mondo a Tokio e l’ennesimo scudetto, 1986.
L’Inter, intanto rispondeva, con l’acquisto di Marco Tardelli, ormai al capolinea, e Franco Selvaggi dall’Udinese, che vennero inseriti in una squadra incapace di esplodere e maturare.
Ma la Juve continuava a rubare.
Ed ecco “finalmente” il periodo buio per Madama, che coincise, guarda caso, con l’esplosione del Milan di Berlusconi e dell’Inter dei tre tedeschi, Matthäus, Brehme e Klinsmann, che andarono a dare un contributo essenziale ad una formazione ormai pronta per i trionfi. A dimostrazione che nel calcio nulla s’inventa e chi è più forte alla fine vince.
A sostituire i disastrosi Montezemolo e Maifredi tornarono intanto Boniperti e Trapattoni i quali, con la conquista della Coppa Uefa, fecero da apripista alla Triade, protagonista assoluta della storia recente juventina.
Non starò a ricordare i troppi trionfi ed i moltissimi campioni che hanno illuminato il Delle Alpi, anche se negli occhi di tutti noi resteranno per sempre le magie di Del Piero, Zidane, Ibra, Nedved, Trezeguet e di tutti gli altri fuoriclasse bianconeri.
Anni di gloria assoluta, che l’Inter ha cercato di contrastare acquistando i vari Gresko, Vampeta, Coco, Martins, Luciano, Kily Gonzales, Adani, Morfeo, Kallon, Belozoglu e vendendo Seedorf, Pirlo, Crespo e Roberto Carlos.
Altro grande acquisto: Alvaro Recoba, proprietario di un passaporto falso e di un contratto da 7 miliardi l’anno delle vecchie lire per essere prestato a destra e sinistra.
Ma la cosa divertente era che la Juve comprava i fenomeni con i bilanci sempre in attivo, mentre il Petroliere dilapidava capitali per giocatori di modesta caratura.
Ma la Juve rubava. E addirittura riuscì a rubare, e non riusciamo a capire come possa avere fatto, visto che giocava ad Udine, il giorno che l’Inter perse lo scudetto a Roma contro la Lazio. Era il 5 maggio.
“Quel giorno si scatenò Poborsky”, ama ripetermi il mio amico Luciano, durante le nostre cene. Grande Direttore!
Intanto la Juve ladra e retrocessa in Serie B prestava cinque giocatori alla Nazionale di Lippi (ex juventino) Campione del Mondo a Berlino 2006, che insieme a Thuram, Trezeguet e Vieira, prestati alla Francia Vice Campione, fanno nove. Da ricordare la presenza di Zidane ed Henry nella finale, altri due grandi del calcio, che hanno dato lustro, assolutamente il primo, alla Juve della Triade.
Ma la Juve rubava e ruba.
Vorrei concludere con la frase di Sconcerti: “L'Inter sta usando la prescrizione... anche Moratti deve stare attento a quello che dice".
Infatti solo inventando Calciopoli l’Inter poteva distruggere la Juve e tornare a vincere.
Ma il sig. Moratti non aveva fatto i conti con Andrea Agnelli, che dal nulla è riapparso e insieme a Conte ha rivestito la Juve da Regina.
Manca ancora qualcosa però, caro Moratti: quello scudetto che ci deve restituire, e sarà bene che lo faccia al più presto, perché Lei si sta avvalendo di una prescrizione che lo sta salvando dalla Serie B.
E noi juventini non accettiamo più critiche ed offese da Lei. Noi sappiamo accettare il verdetto del campo, ma non possiamo accettare continue paternali da un Prescritto.
Inoltre, un ultimo consiglio: ripassi la storia calcistica, la sua preparazione è da quattro in pagella.
Ripassiamo la storia calcistica
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- By Riccardo Gambelli