L'ottimo Christian Rocca, una delle poche penne che, a prescindere da come la si pensi sui temi che solitamente tratta, può meritare il titolo di giornalista e non quello di giornalaio (senza offesa per gli edicolanti, ma è il termine col quale, con massimo disprezzo, siamo soliti definire chi scrive articoli su commissione, anche se forse sarebbe meglio dire 'pennivendolo'), ha spiegato meglio di chiunque altro in questi ultimi giorni, con due illuminanti post sul suo blog, lo stato vegetativo in cui versa la libera informazione e, con essa, la democrazia in questo disastrato Paese. "In Italia c'è il Fascismo", titolo forte ma quanto mai efficace. Ancor di più se si pensa che lo stesso termine viene adoperato negli stessi giorni da una penna con un background ideologico agli antipodi rispetto a quello di Rocca, Piero Sansonetti, ex direttore di Liberazione. Entrambi attingono dalla stessa metafora per descrivere quell'intreccio tra media e magistratura che sta strangolando questo Paese, calpestando i principali fondamenti dello Stato di Diritto, facendo brandelli delle fondamentali garanzie democratiche a colpi di articoli manganello e documenti giudiziari all'olio di ricino.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la vicenda Buffon, calciatore per indole distante dalle banalità alla "sono a disposizione del mister", uno che quando parla di solito non emette solo dei suoni ma dice qualcosa. Le ventiquattr'ore passate tra la sua invettiva contro magistrati e giornalisti e i colpi di manganello che proprio costoro gli hanno riservato a stretto giro di posta dovranno un giorno essere raccontate sui libri di Storia quando, speriamo, questo Paese sarà ritornato ad essere un posto civile in cui vivere e si sarà liberato dal giogo asfissiante della simbiosi media/procure che oggi fa venire voglia di chiedere asilo politico a qualche Nazione più evoluta. Se per Orson Welles i giornali erano il "Quarto potere" e per Sidney Lumet la televisione era il "Quinto", oggi sembrerebbe che dalla commistione tra gli ultimi due e il terzo, quello giudiziario secondo la classica suddivisione di Montesquieu, ne sia nato un Sesto, una specie di mostro a tre teste che da alcuni anni tiene sotto scacco i destini politici, economici e sociali dell'Italia.
Il Sesto Potere è un partito trasversale che a colpi di manganello si fa strada estromettendo chi non si adegua. La vicenda scommesse è l'ultimo terreno sul quale il partito del manganello si sta esercitando per perseguire i suoi fini, con gli stessi metodi che in passato erano stati usati in Calciopoli e in altri scandali che hanno interessato la vita politica ed economica italiana, sempre all'insegna di notizie che fuoriescono in maniera proditoria dalle Procure e giungono immancabilmente nelle redazioni dei giornali (sempre gli stessi, per primi) al fine di indirizzare gli eventi, colpire avversari politici o sportivi, renderli più malleabili o eliminarli del tutto. La tecnica è quella dello sputtanamento, della pubblica gogna, del processo da celebrare sulla piazza mediatica e i cui esiti saranno ben più importanti e forieri di conseguenze rispetto a quelli giudiziari che si celebrano a distanza di anni, quando l'attenzione dell'opinione pubblica è ormai scemata e soprattutto gli obiettivi iniziali sono già stati raggiunti.
Buffon è stato manganellato perché un personaggio così noto non può permettersi di far aprire gli occhi all'opinione pubblica segnalando i vergognosi metodi del Sesto Potere. Ha ricevuto la sua razione di olio di ricino e manganellate: prima il sorso più grosso con la pubblicazione del documento "riservato" della Procura di Torino e poi le manganellate di contorno sotto forma di articoli e titoloni da parte di quelli che in questi giorni qualcuno ha definito le "Nuove Cancellerie dei Tribunali".
E' manganello utilizzare con disinvoltura la parola "scommesse" come è stato fatto in tanti articoli di Repubblica, della Gazzetta dello Sport, persino de La Stampa, dando per scontata un'ipotesi che sino ad oggi non è stata suffragata da alcun riscontro, tanto che lo stesso Buffon non risulta nemmeno indagato.
E' manganello scrivere "le puntate di Buffon", scrivere "la tabaccheria di Buffon", scrivere "l'agenzia di scommesse dove Buffon puntava" (trasformando miracolosamente una tabaccheria in un centro Snai).
E' manganello fare finta di interrogarsi (es. Maurizio Crosetti) sull'arrivo ad orologeria della manganellata anti Buffon per poi concludere velocemente che: vabbè, ma in fondo l'importante sono i "fatti" (le virgolette ce le ho messe io, mica lui) e non è il caso di stare a sottilizzare sulla tempistica.
E' manganello Marco Travaglio, il più acclamato dei Cancellieri delle Procure, quando ribalta la logica e la realtà presentando non già le manganellate sue e dei suoi accoliti come la conseguenza della conferenza stampa di Buffon, ma quest'ultima come una sorta di gioco d'anticipo in previsione delle manganellate in arrivo.
E' manganello l'opera di sputtanamento che è stata compiuta a scopo dimostrativo, per far capire a coloro ai quali venisse tale sghiribizzo che non bisogna permettersi di ragionare con la propria testa come Buffon e tanto meno deviare dal copione che il Sesto Potere ha già prestabilito.
E' manganello la maniera in cui il Procuratore Federale Stefano Palazzi sta portando avanti la prima tranche dei processi sportivi, che dovrà servire come punto di riferimento per il secondo round di luglio, quando alla sbarra finiranno i nomi grossi, ossia quelli di giocatori e tecnici della Juve: regalare sconti di pena a chi ha compiuto gravi illeciti ma li ha barattati in cambio di nomi succosi e di una "attendibilità" certificata dallo stesso Palazzi. Il messaggio è chiaro: non è importante accertare la verità, bisogna andare veloce; chi ha parlato e ha fatto i nomi che servivano è sicuramente attendibile, chi prova a difendersi o a dichiararsi innocente verrà manganellato con pene anche superiori rispetto ai truffatori rei confessi. Quindi juventini, decidetevi: o ammettete e patteggiate oppure non provate a passare per innocenti, perché il manganello è qui nella fodera.
Questa è la tanto declamata, sempre dai fanatici del manganello, giustizia sportiva; ne esaltano la rapidità, la sommarietà, proprio perché è il paradigma della loro "giustizia", quella del Sesto Potere: flusso di notizie dalle Procure ai giornali, giudizi immediati senza alcun approfondimento, appiattimento totale su ciò che esce dalle procure, colpevoli da inculcare velocemente nella testa della gente, nessuno scrupolo per accertare e soppesare la verità. Sputtanare chi dà fastidio e condannarlo seduta stante. Mala tempora currunt.
Il manganello
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