Le cronache hanno narrato che un giorno a Milano, negli uffici della SARAS spa, si tenne una riunione, cui parteciparono il proprietario della Saras e dell’Inter, Moratti, il compianto presidente dell’Inter, Facchetti, e il responsabile del Cnag della Telecom, ossia l’ufficio di collegamento della società con l’autorità giudiziaria per la gestione del servizio di intercettazione telefonica, Tavaroli.
La notizia, a quel che ci risulta, non ha ricevuto alcun commento del diretto interessato e nessuna smentita.
Non siamo però lettori molto attenti a tutto ciò che si pubblica e quindi potrebbero essere sfuggite una replica o una smentita, nel qual caso ce ne scusiamo fin d’ora.
Anzi, vogliamo fare di più: diamo per scontato che smentita o replica vi siano state e concordiamo con l’opportunità di questo segno di chiarimento, anche se non ne conosciamo i termini.
Varie erano le ragioni di opportunità per un intervento chiarificatore e cercheremo brevemente di esporle.
In primis il luogo scelto per l’incontro, gli uffici della Saras, società che non risultava avere alcun rapporto con una struttura Telecom come il CNAG, rapporti che neppure ora si riescono ad immaginare.
Non trascurabile poi che tra i partecipanti vi fosse il presidente dell’Inter, circostanza che induce a pensare che anche la presenza di Moratti fosse attinente ai suoi interessi nella squadra di calcio e non a quelli nella società petrolifera.
Vero è che Moratti, come altri non presenti a quella riunione, rivestiva ruoli e cariche sociali sia in Telecom che nell’Inter, ma pare difficile immaginare un motivo plausibile di interessamento per un servizio tecnico Telecom, coperto dal più assoluto segreto in quanto svolto – a pagamento da parte dello Stato – su incarico e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria di questo Paese, scavalcando le gerarchie interne di Telecom, quasi che il Tavaroli fosse un dipendente della Saras o dell’Inter.
Per quale motivo poi l’Inter potesse avere un qualsiasi interesse per il lavoro svolto da Tavaroli è un mistero impenetrabile, tanto che nessuna televisione e nessun giornale sono riusciti a formulare una benché minima ipotesi.
Può darsi quindi che si sia trattato soltanto di innocui comuni interessi privati, svincolati da qualsiasi problematica attinente alla Saras, all’Inter, alla Telecom e al CNAG.
Proviamo ad indovinare: l’organizzazione di una partita di golf o di polo, una gita propiziatoria a Lourdes, la richiesta di un consiglio tecnico per la sicurezza dei propri telefoni, una raccolta benefica di fondi, chissà cos’altro di lecito e meritevole di apprezzamento, di cui si discusse in quegli uffici solo perché quel giorno si passò tutti casualmente di là.
Non secondaria è anche la circostanza che il Tavaroli si trovi recluso a San Vittore da svariati mesi per uno dei più grandi scandali della Repubblica Italiana, se non il maggiore, che investe la stessa integrità delle Istituzioni democratiche e dei poteri dello Stato, oltre che la libertà del sistema delle imprese e della libera concorrenza.
Non sia mai che futili questioni calcistiche possano essere accostate e coinvolte in uno scandalo di siffatte proporzioni.
Non va infine trascurata neppure l’apparenza: chi ha fatto dell’onestà il suo personale scudetto non avrebbe potuto non provare un qualche imbarazzo nel venire a sapere che quell’occasionale frequentatore era stato poi arrestato con quelle gravissime accuse.
Certo, vale anche per Tavaroli la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, così come per tutti i cittadini liberi accusati di nulla, ma una qualche differenza la si può cogliere, quanto basta almeno per prenderne le distanze o, se si preferisce, per attestargli la propria amicizia e solidarietà, non dimenticando con l’occasione di ribadire la propria fiducia nella giustizia e di rivolgere auspici per il più rapido accertamento della verità.
Ci è sfuggito cosa sia stato detto in proposito, ma l’importante è che qualche cosa sia stata detta e tutti noi, dimenticando la rivalità sportiva e omaggiando di citazione un celebre titolo della Gazzetta dello Sport, ne riconosciamo candidamente il merito, dicendole in tutta onestà: “Bravo Moratti, così si fa!“.
La notizia, a quel che ci risulta, non ha ricevuto alcun commento del diretto interessato e nessuna smentita.
Non siamo però lettori molto attenti a tutto ciò che si pubblica e quindi potrebbero essere sfuggite una replica o una smentita, nel qual caso ce ne scusiamo fin d’ora.
Anzi, vogliamo fare di più: diamo per scontato che smentita o replica vi siano state e concordiamo con l’opportunità di questo segno di chiarimento, anche se non ne conosciamo i termini.
Varie erano le ragioni di opportunità per un intervento chiarificatore e cercheremo brevemente di esporle.
In primis il luogo scelto per l’incontro, gli uffici della Saras, società che non risultava avere alcun rapporto con una struttura Telecom come il CNAG, rapporti che neppure ora si riescono ad immaginare.
Non trascurabile poi che tra i partecipanti vi fosse il presidente dell’Inter, circostanza che induce a pensare che anche la presenza di Moratti fosse attinente ai suoi interessi nella squadra di calcio e non a quelli nella società petrolifera.
Vero è che Moratti, come altri non presenti a quella riunione, rivestiva ruoli e cariche sociali sia in Telecom che nell’Inter, ma pare difficile immaginare un motivo plausibile di interessamento per un servizio tecnico Telecom, coperto dal più assoluto segreto in quanto svolto – a pagamento da parte dello Stato – su incarico e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria di questo Paese, scavalcando le gerarchie interne di Telecom, quasi che il Tavaroli fosse un dipendente della Saras o dell’Inter.
Per quale motivo poi l’Inter potesse avere un qualsiasi interesse per il lavoro svolto da Tavaroli è un mistero impenetrabile, tanto che nessuna televisione e nessun giornale sono riusciti a formulare una benché minima ipotesi.
Può darsi quindi che si sia trattato soltanto di innocui comuni interessi privati, svincolati da qualsiasi problematica attinente alla Saras, all’Inter, alla Telecom e al CNAG.
Proviamo ad indovinare: l’organizzazione di una partita di golf o di polo, una gita propiziatoria a Lourdes, la richiesta di un consiglio tecnico per la sicurezza dei propri telefoni, una raccolta benefica di fondi, chissà cos’altro di lecito e meritevole di apprezzamento, di cui si discusse in quegli uffici solo perché quel giorno si passò tutti casualmente di là.
Non secondaria è anche la circostanza che il Tavaroli si trovi recluso a San Vittore da svariati mesi per uno dei più grandi scandali della Repubblica Italiana, se non il maggiore, che investe la stessa integrità delle Istituzioni democratiche e dei poteri dello Stato, oltre che la libertà del sistema delle imprese e della libera concorrenza.
Non sia mai che futili questioni calcistiche possano essere accostate e coinvolte in uno scandalo di siffatte proporzioni.
Non va infine trascurata neppure l’apparenza: chi ha fatto dell’onestà il suo personale scudetto non avrebbe potuto non provare un qualche imbarazzo nel venire a sapere che quell’occasionale frequentatore era stato poi arrestato con quelle gravissime accuse.
Certo, vale anche per Tavaroli la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, così come per tutti i cittadini liberi accusati di nulla, ma una qualche differenza la si può cogliere, quanto basta almeno per prenderne le distanze o, se si preferisce, per attestargli la propria amicizia e solidarietà, non dimenticando con l’occasione di ribadire la propria fiducia nella giustizia e di rivolgere auspici per il più rapido accertamento della verità.
Ci è sfuggito cosa sia stato detto in proposito, ma l’importante è che qualche cosa sia stata detta e tutti noi, dimenticando la rivalità sportiva e omaggiando di citazione un celebre titolo della Gazzetta dello Sport, ne riconosciamo candidamente il merito, dicendole in tutta onestà: “Bravo Moratti, così si fa!“.