NON VEDE. Sulle pagine del Corriere della Sera del 3 febbraio Mario Sconcerti propone la sua analisi dell’ultima giornata di campionato, al netto della vittoria dell’Inter sul Bari, focalizzando in particolare l’attenzione sull’argomento più caldo, ovvero la crisi di risultati di inizio anno della Juventus
Per quanto concerne la sopraccitata questione il bersaglio ha nome, cognome e ruolo ben precisi: Luigi Del Neri, allenatore. Secondo l’opinionista la sconfitta di Palermo ha minato decisamente le sicurezze dell'allenatore e la fiducia concessagli, patrimoni peraltro faticosamente accumulati con le buone prestazioni della sua squadra da ottobre a dicembre, e gettati al vento in questo primo mese del 2011 da incubo. Curiosamente non una parola sull’arbitraggio del signor Morganti. Anzi, qualcuna sì, ma pesate col bilancino; Sconcerti liquida questione in breve: “Melo ha impallato l’arbitro Morganti impedendogli di vedere la mano netta di Bovo. Era calcio di rigore, ma sono cose che capitano. Non ne farei una ragione definitiva.” Tutto qua? Certo.
Un arbitraggio capace di far scatenare le ire di una società solitamente poco incline (forse a volte anche troppo poco) alla polemica arbitrale, se non quando è lei stessa trovarsi sul banco degli imputati, commentato in un paio di righe. Per non parlare del fatto che, come si vedeva chiaramente in diretta, al replay anche nelle singole immagini, Felipe Melo non ostruisce minimamente la visuale dell’arbitro, e sarà poi lo stesso Morganti, come giura la Bibbia rosa, ad ammetterlo, dato che il direttore di gara sta ad un paio di metri o poco più ed è nella posizione ideale per vedere e sanzionare il clamoroso fallo di mano di Bovo (braccio parallelo al terreno, più simile a una mossa di karate o di pallavolo che ad un movimento spontaneo di un calciatore). Ma Sconcerti sembra sposare la tesi del “non ho visto” di Morganti, piuttosto che quella dell’”errore evidente” del presidente dell’AIA Nicchi. E preferisce tacere sulle altre topiche del direttore di gara, come la trattenuta su Matri, parimenti passibili della massima punizione.
“Sono cose che capitano”, il ritornello che tanto va di moda dal 2006, come se qualcuno per queste “cose che capitano” non fosse finito in serie B privato di due scudetti, della propria squadra e, vista la situazione, anche del proprio futuro, come lo stesso Sconcerti aveva correttamente fatto notare dagli studi di Sky. Se poi ci mettiamo che su uno di questi scudetti c’è un esposto che da mesi sta creando più di qualche imbarazzo in Federazione, direi che forse sarebbe il caso di farne sì una ragione, invece. Probabilmente alla Juve le risposte più che da Del Neri le aspettano dal signor Giancarlo Abete.
NON SENTE. Se Sconcerti sembra avere qualche problema di vista come Morganti, Emanuele Gamba sembra averlo di udito, a giudicare dal suo articolo post-Palermo. Gamba scrive "Dunque, la crisi della Juventus è colpa degli arbitri: così ci hanno raccontato. Delneri e Marotta hanno smesso di parlare dei motivi per i quali la loro squadra perde sovente trovando altrove la causa di tutti i mali bianconeri". Gamba deve aver sentito male, perché nessuno ha detto che la squadra è esente da errori difensivi o in attacco. Del Neri ha semplicemente chiesto che sia dato alla Juventus quello che è della Juventus, anzi ha anche detto che non vuole tutti i rigori che ci sono, e ce ne erano ben tre, ma almeno quelli solari. Questa è una richiesta motivata o non è supportata dai fatti accaduti? Questo deve dire Gamba. Ma Gamba invece continua: "La tiritera continuerà, a Palermo Delneri era molto alterato ("Molto incazzato, per la precisione") e così anche i giocatori, che hanno chiesto alla società di essere dispensasti dalle interviste. Quando le cose vanno male, se si ha un alibi a portata di mano lo si prende al volo". Veramente chi aveva qualcosa a portata di mano, e con la mano l'ha presa al volo, è stato Bovo. Se Morganti avesse fatto il suo dovere di giudice imparziale, e avesse fischiato il rigore che non può non aver visto, non ci sarebbe stata protesta. La "tiritera" esiste perché c'è, da Catania (palla in rete di mezzo metro e rete non assegnata) a Palermo, una tiritera di arbitraggi a dir poco sbagliati e sempre contro la Juve. Un errore a sfavore ogni tanto è "umano", accettabile, ma quando la serie è costante si è superato anche il carrariano invito che nel dubbio è meglio decidere contro la Juve piuttosto che a favore. A Palermo non c'era il minimo dubbio.
Ancora Gamba, dopo aver sposato la difesa di Delio Rossi sul fatto che il gol di Marchisio è venuto come sul corner successivo: "In effetti, l'errore di Morganti è stato grave ma ininfluente". Fantastico come le moviole a caldo abbiano mostrato almeno altre due occasioni da rigore su Matri ed il tutto sia stato ridotto dai giornali al solo fallo di mano di Bovo. Fantastico come gli errori a danno della Juventus siano ininfluenti, e quindi i bianconeri meglio farebbero a tacere, ed invece non si è mai scritta la stessa cosa quando l'avversario di turno contestava una decisione arbitrale anche in presenza di sonori 3 o 4 a zero.
QUOQUE TU. Non si può più leggere un'inesattezza come quella del sequestro del povero Paparesta, chiuso nello spogliatoio da Moggi, dopo l'archiviazione "perché il fatto non sussiste" da parte della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Eppure ci tocca aggiornare la lista di chi racconta la favola del "Paparesta sequestrato" aggiungendoci, nientepopodimenoche, l'ANSA. L'agenzia di stampa scrive: "Poi venne Calciopoli e le rivelazioni dell'arbitro Paparesta chiuso nello spogliatoio di Reggio Calabria da Luciano Moggi dopo una partita persa con la Reggina".
L'ANSA si aggiunge ad un elenco composto da nomi prestigiosi e giornalisti di importanti giornali come Marco Travaglio, Fabio Monti, Massimiliano Gasperini, Malcom Pagani, Furio Focolari e Federico Vespa, l'unico che ha sentito il dovere di rettificare un'informazione errata fornita ai suoi lettori.
DISINFORMAZIONE A PAGAMENTO. Solo l'Ansa da aggiungere alla lista? No, anche SKY, l'informazione che costa una cifra. E che cosa dicono dopo la partita Palermo-Juve? Ricordano anche loro il sequestro di Paparesta, notizia che legge Lia Capizzi vedendosi sommersa da mail di protesta di gente che, oltre a pagare per essere disinformata, si informa gratis sul web e sa che la storia è fasulla quanto una banconota da 25 euro. La risposta in ciclostile della Capizzi alle tante mail ricevute finisce sul web (dicono anche su Facebook, ndr). La giornalista si giustifica dicendo che lei ha solo letto un lavoro preparato da altri, aggiungendo: "Il nostro è un lavoro di squadra, la nostra redazione aveva provveduto a scrivere un testo che io ho letto con le immagini relative all'episodio del 2004. Le dò ampiamente ragione. E' vero, non è mai stato accertato in sede penale che Paparesta sia mai stato chiuso nello spogliatoio. E' però ricordo di tutti questa vicenda, che viene raccontata sempre così. Ri_sottolineo, dandole ragione: raccontata in modo impreciso".
Cara Capizzi, è più corretto dire che è stato accertato in sede penale che "il fatto non sussiste", e se chi Le ha scritto ha ragione, e ne ha da vendere, fate il vostro dovere di giornalisti e rettificate, con pari enfasi, un'inesattezza che, anni dopo l'archiviazione, non dovrebbe più essere diffusa!
Il fatto che venga "raccontata sempre così" non è un'attenuante, ma un'aggravante per la categoria dei giornalisti, che dimostrano come della Carta dei Doveri del giornalista ci si... come diceva Totò.
La Capizzi aggiunge "Non era né mia, né nostra intenzione dare un giudizio sulla vicenda ma soltanto rievocare l'accaduto senza dare la nostra opinione. Mai infatti abbiamo trattato la vicenda Calciopoli schierandoci da una parte o dall'altra ma soltanto raccontando i fatti e le notizie dalle varie procure".
A tal proposito, alla giornalista che conclude dichiarandosi juventina, ricordiamo una "ospitata" del pm Narducci, in cui, dopo le parole del pm sul processo in corso, almeno la domanda "Perché non avete lasciato giudicare le telefonate dell'Inter alla FIGC già dal 2006?" poteva e doveva essere fatta.
Peggio di Morganti. Non vedono, non sentono, non sanno
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