di Renato La Monica
Fonte: Magazine Bianconero
Bertolt Brecht diceva: "Sventurata la terra che ha bisogno di eroi". In Italia, paradigma del mondo capovolto in cui viviamo, gli eroi non sono Falcone e Borsellino ma gli sportivi che evadono le tasse per svariati milioni di euro. In Italia gli eroi non sono quelli che riescono a sopravvivere con 600 euro al mese ma gli imprenditori con le babbucce, i petrolieri ecologisti, i fotografi che sanno ricavare quattrini dalle loro vicende giudiziarie. L'Italia è il Paese dove - anche se tutto va male - bisogna possedere per legge l'entusiasmo di plastica dei conduttori televisivi. Chi si lamenta, chi critica, chi manifesta dissenso viene subito relegato nel girone degli antipatici. Il massimo della pena: visto e considerato che questa è la società dei piacioni. Dei simpatici ad ogni costo. Degli amici di tutti. Di quelli che non prendono mai posizioni precise: neanche in camera da letto. Guardatevi intorno: questo è un mondo popolato da gente finta. Sorrisi a 64 denti, strette di mano apparentemente calorose, chiacchiere a volte anche non superficiali: certo, è una bella fatica recitare ogni giorno la solita parte. Alla fine, il rischio è quello di guardarsi allo specchio e non riconoscersi più. Chi scrive ha scelto, da sempre, di essere se stesso. A costo di risultare appunto antipatico, scostante, presuntuoso. Quando vedo cose che non mi piacciono, che mi fanno indignare, che vanno contro il mio senso di giustizia, lo dico e lo scrivo. Senza pensarci due volte. Sempre meglio che essere finto, ipocrita, conformista. Come già detto, gli spiriti liberi ed indipendenti, quelli che si ribellano allo status quo, spesso vengono percepiti come nemici da chi - consapevolmente o non - è solito schierarsi dalla parte del potente di turno.
Prendiamo il caso della Juve. Chi ritiene che gli Elkann, i Blanc e i Cobolli (ma anche i Montezemolo, i Gabetti ed i Franzo Stevens) siano una disgrazia per la Juve, nonostante abbia i suoi buoni motivi per pensarla così, è ritenuto un potenziale nemico da altri tifosi bianconeri. E allora via con gli attestati e le patenti di juventinità, via col discredito e l'offesa personale. Tutto ciò è semplicemente ridicolo: il sottoscritto è innamorato della Juve da almeno 40 anni. Sono diventato juventino prima guidato dall'istinto (come tutti) poi confortato dalla ragione. Amo la Juve per la sua storia, per il suo stile e per un milione di altri motivi. Ho seguito la squadra nel momento luminoso della vittoria e nel frangente doloroso della sconfitta. Sempre con la stessa, incrollabile passione. Perchè quando vedo quei colori il mio cuore si spalanca come una finestra d'estate. Amo la Juve anche perchè ha tanti nemici.
Dopo Calciopoli, però, si è rotto qualcosa. Il Palazzo ha ordito una sorta di congiura ai nostri danni e la società, inspiegabilmente, non ha saputo (o voluto?) difendere un passato leggendario. Da quel giorno, per la prima volta, ho avuto la sensazione che la Juve fosse gestita da uomini non all'altezza della sua tradizione. Freddi manager, cinici liquidatori, persone che hanno ereditato il patrimonio del nonno ma non la passione per quelle maglie. Dopo Calciopoli è cambiato il mio rapporto con la società, non con la squadra. E, fin quando avrò fiato, a costo di risultare antipatico e scostante, a costo di essere etichettato come nemico, nel mio piccolo continuerò a denunciare tutte le scelleratezze di questa proprietà.
La Juve merita il meglio, non il peggio.
Ed io voglio continuare ad essere antipatico.
Fonte: Magazine Bianconero
Bertolt Brecht diceva: "Sventurata la terra che ha bisogno di eroi". In Italia, paradigma del mondo capovolto in cui viviamo, gli eroi non sono Falcone e Borsellino ma gli sportivi che evadono le tasse per svariati milioni di euro. In Italia gli eroi non sono quelli che riescono a sopravvivere con 600 euro al mese ma gli imprenditori con le babbucce, i petrolieri ecologisti, i fotografi che sanno ricavare quattrini dalle loro vicende giudiziarie. L'Italia è il Paese dove - anche se tutto va male - bisogna possedere per legge l'entusiasmo di plastica dei conduttori televisivi. Chi si lamenta, chi critica, chi manifesta dissenso viene subito relegato nel girone degli antipatici. Il massimo della pena: visto e considerato che questa è la società dei piacioni. Dei simpatici ad ogni costo. Degli amici di tutti. Di quelli che non prendono mai posizioni precise: neanche in camera da letto. Guardatevi intorno: questo è un mondo popolato da gente finta. Sorrisi a 64 denti, strette di mano apparentemente calorose, chiacchiere a volte anche non superficiali: certo, è una bella fatica recitare ogni giorno la solita parte. Alla fine, il rischio è quello di guardarsi allo specchio e non riconoscersi più. Chi scrive ha scelto, da sempre, di essere se stesso. A costo di risultare appunto antipatico, scostante, presuntuoso. Quando vedo cose che non mi piacciono, che mi fanno indignare, che vanno contro il mio senso di giustizia, lo dico e lo scrivo. Senza pensarci due volte. Sempre meglio che essere finto, ipocrita, conformista. Come già detto, gli spiriti liberi ed indipendenti, quelli che si ribellano allo status quo, spesso vengono percepiti come nemici da chi - consapevolmente o non - è solito schierarsi dalla parte del potente di turno.
Prendiamo il caso della Juve. Chi ritiene che gli Elkann, i Blanc e i Cobolli (ma anche i Montezemolo, i Gabetti ed i Franzo Stevens) siano una disgrazia per la Juve, nonostante abbia i suoi buoni motivi per pensarla così, è ritenuto un potenziale nemico da altri tifosi bianconeri. E allora via con gli attestati e le patenti di juventinità, via col discredito e l'offesa personale. Tutto ciò è semplicemente ridicolo: il sottoscritto è innamorato della Juve da almeno 40 anni. Sono diventato juventino prima guidato dall'istinto (come tutti) poi confortato dalla ragione. Amo la Juve per la sua storia, per il suo stile e per un milione di altri motivi. Ho seguito la squadra nel momento luminoso della vittoria e nel frangente doloroso della sconfitta. Sempre con la stessa, incrollabile passione. Perchè quando vedo quei colori il mio cuore si spalanca come una finestra d'estate. Amo la Juve anche perchè ha tanti nemici.
Dopo Calciopoli, però, si è rotto qualcosa. Il Palazzo ha ordito una sorta di congiura ai nostri danni e la società, inspiegabilmente, non ha saputo (o voluto?) difendere un passato leggendario. Da quel giorno, per la prima volta, ho avuto la sensazione che la Juve fosse gestita da uomini non all'altezza della sua tradizione. Freddi manager, cinici liquidatori, persone che hanno ereditato il patrimonio del nonno ma non la passione per quelle maglie. Dopo Calciopoli è cambiato il mio rapporto con la società, non con la squadra. E, fin quando avrò fiato, a costo di risultare antipatico e scostante, a costo di essere etichettato come nemico, nel mio piccolo continuerò a denunciare tutte le scelleratezze di questa proprietà.
La Juve merita il meglio, non il peggio.
Ed io voglio continuare ad essere antipatico.