A fare chiarezza nelle polemiche sull'eventualità che Moggi possa in qualche modo rientrare nel mondo del calcio, seppure nella veste di consigliere o consulente, ci ha pensato la Gazzetta dello Sport del 2 luglio che ha intervistato il presidente del Coni Petrucci (uno che che non spreca il fiato e di recente è intervenuto solo per esprimere solidarietà a Montezemolo che si ribellava alla Federazione Internazionale dell'Automobile) e fatto scrivere il suo vice-direttore Ruggiero Palombo (grande esperto di giustizia sportiva; spesso interviene in anteprima sulle sentenze da emettere e sui fascicoli da aprire e ci azzecca anche perché Palazzi, neanche a farlo apposta, sentenzia e apre fascicoli proprio come dice Palombo).
Cosa hanno detto e scritto il capo supremo dello sport italiano e l'oracolo del giornale sportivo dal piccolo formato? Lo riassumiamo in breve per i sempre più numerosi lettori che la Gazzetta non la comprano più: prima ancora che di regolamenti si tratta di un problema di etica, questo il messaggio di alto respiro di Petrucci; confermato dalla sapienza di Palombo che parla anche lui di codice morale (come se prima si fosse sentito con Petrucci) ma, ad abundantiam, per far vedere che lui i regolamenti li conosce, richiama l'art. 10 del Codice di Giustizia Sportiva e segnatamente il punto in cui "è fatto divieto di avvalersi di soggetti non autorizzati e di aver comunque contatti con tesserati inibiti o squalificati".
Sul Giornale del giorno prima una voce fuori dal coro aveva fatto osservare che le turpitudini del mondo del calcio sono talmente tante per cui non si capisce perché solo per Moggi debba scattare una specie di riflesso condizionato, come se fosse l'unico sporcaccione della compagnia. Basta richiamare quell'intervento per far capire il messaggio nascosto nella pagina del piccolo giornale sportivo ma, messaggio a parte, comicia ad apparire chiaro che c'è dell'altro, c'è qualcosa di diverso ed ora proviamo a ragionarci con dati e fatti precisi.
Il primo è che Moggi, contrariamente a quanto mostra di credere Palombo, non rientra nella fattispecie dei "tesserati inibiti o squalificati"; l'art.10 lo chiama in causa indirettamente quando pone il divieto ai tesserati di "avvalersi di soggetti non autorizzati". Il presidente del Bologna che si dichiara amico di Moggi e gli chiede consigli potrebbe, semmai, incorrere in questo divieto; potrebbe cioè avvalersi di un soggetto come Moggi che, essendo fuori dall'ordinamento sportivo, non sarebbe autorizzato neppure a consigliare un allenatore o un nuovo socio (sembra una esagerazione ma non dimentichiamoci che la giustizia sportiva può essere terribile, specie quando c'è di mezzo un vaticinio di Palombo). In ogni caso l'etica citata da Petrucci nel suo volo pindarico e il codice morale sul quale spreca l'inchiostro Palombo non sono quindi dei richiami al comportamento di Moggi, ma degli ammonimenti al presidente del Bologna per il quale l'oracolo della Gazzetta predice l'apertura di un fascicolo e la chiamata a testimoniare da parte di Palazzi (puntualmente arrivati in meno di ventiquattr'ore).
Chiediamoci adesso: ma questi ammonimenti valgono solo quando di mezzo c'é Moggi? Petrucci, Palazzi e Palombo ce l'avranno forse con lui? Evidentemente no; è tale la statura morale di Petrucci, il senso del dovere e il rigore di un ex-magistrato militare come il dott. Palazzi per non dire della preparazione giuridica di Palombo che quell'ammonimento in nome dell'etica e del codice di giustizia sportiva vale e basta; vale per tutti quei presidenti che si fanno consigliare da un non tesserato oppure brigano per i loro affari con tesserati inibiti.
Sembra una domanda retorica, ma non lo è, perché c'è un tesserato inibito, Enrico Preziosi, oltretutto presidente del Genoa, che sta scontando un'inibizione superiore a quella di Moggi ed è stato addirittura definito pericoloso per il calcio italiano dagli organismi della giustizia sportiva (il senso del dovere del dott. Palazzi che non guarda in faccia nessuno!). Non è una domanda retorica perché meno di un mese fa secondo tutti i giornali, compresa la Gazzetta vice-diretta da Palombo, Preziosi ha incontrato il presidente dell'Inter e ha definito con lui la cessione di Milito e Motta.
E si arriva così ad altri tre fatti precisi e sorprendenti. Il primo è che Moratti ha violato il Codice di giustizia sportiva; non lo diciamo noi, l'hanno detto e scritto Petrucci e Palombo e quindi c'è da fidarsi; addirittura l'ha violato di più del presidente del Bologna perché nel suo caso non si tratta di consigli ma di affari per circa 40 milioni, che secondo la normativa dovrebbero essere considerati non validi. Il secondo è che Palombo s'è dimenticato di ammonire Moratti; nel suo articolo ricorda cinque tesserati che sono stati deferiti e condannati per i consigli ricevuti da Moggi, però si dimentica di ricordare che anche Secco aveva avuto i suoi guai con Palazzi perché aveva trattato con Preziosi una comproprietà da 5 milioni, Secco sì ma Moratti no. Il terzo è che il dott. Palazzi non ha aperto nessun fascicolo sull'Inter: sul Livorno, sul Siena, sul Bologna sì (casualmente c'era di mezzo Moggi); l'ha aperto anche su Preziosi quando c'era di mezzo la Juve ma sull'Inter di Massimo Moratti no.
Non è la prima volta che la giustizia sportiva è come intimidita davanti all'Inter. E' rimasta negli annali per la sua incredibile mitezza (e ci resterà a lungo, secondo noi) la sentenza sul passaporto falso di Recoba, ma poi si era scoperto che in quell'occasione c'era stato un parere autorevole che invitava alla prudenza, quello del prof. Caianiello, sollecitato da Petrucci (che qualche volta fa i voli pindarici ma più spesso vola rasoterra, così per non rischiare); se consideriamo l'ultimo periodo (dopo lo tsunami di calciopoli che di quell'invito s'era fatto un baffo) vediamo però che la timidezza è rimasta tale e quale nonostante l'inquisitore sia sempre Palazzi, frattanto promosso a Superprocuratore (evidentemente perché aveva fatto bene il suo dovere).
Questa timidezza, che sarebbe una roba assai grave, è un altro fatto preciso? Lasciamo giudicare i lettori; accennavamo a Moratti che compra-vende impunemente con Preziosi, proviamo adesso a ricordare l'inchiesta sullo spionaggio dell'Inter nel mondo del calcio e quella sul doping finanziario. Quanto ai bilanci drogati rammentiamo che l'Inter di Moratti era l'unica società per la quale l'accusa (di un pubblico ministero) era di aver raggirato la normativa Covisoc iscrivendosi al campionato senza averne diritto; un illecito per il quale è contemplata anche la retrocessione, un faldone aperto nell'estate 2006, in pieno tsunami; epperò un faldone rimasto chiuso nei tiretti di Palazzi per due e più anni, finito nel calderone delle finte plusvalenze sui calciatori (dove ci hanno messo anche quella relativa a Zidane) e chiuso con un caffè e un patteggiamento (che ne ricorda un altro, quello di Oriali sul passaporto di Recoba).
Ancora più impressionante quello che è successo per l'attività di spionaggio dell'Inter attualmente all'onore della cronaca in tre processi (quello intentato da Vieri, quello di Napoli e quello di Milano sui dossier Telecom). A suo tempo un ex-procuratore Figc aveva paventato, sotto certe ipotesi, la possibile radiazione per una società responsabile di quello che si accennava sui giornali; era fantascienza ( che campionato sarebbe senza l'Inter di Moratti?), ma la giustizia sportiva ha superato la fantascienza, sentenziando che il reato non era perseguibile ( a motivo che Giacinto Facchetti nel frattempo era deceduto).
Una decisione a dir poco inconcepibile se non inquietante, un'offesa alla memoria di Facchetti che a questo punto diventa l'unico colpevole delle malefatte addebitabili all'Inter e lo diventa mentre la Figc gli intitola il campionato Primavera e la stampa (che sta celebrando la conclusione di calciopoli) si prodiga per santificarlo. Una roba che non sta né in cielo nè in terra, una roba da matti che la malastampa nasconde, ma non per pudore, ai lettori.
Anzi, come succede nei film di fantasia ispirati a fatti veri, chi denuncia viene in qualche modo messo a tacere. Tuttosport si ribella a Palazzi e alla sua fantascientifica improcedibilità e il suo direttore dopo un po' viene dimissionato, la proprietà cambia linea editoriale (parole di Padovan) e Giancarlo Padovan dopo qualche mese diventa presidente della Divisione Calcio Femminile della Federazione. Prima di quella elezione rilascia una intervista (ancora in rete sul sito telegiornaliste.com, anno V n.1 del 12 gennaio 2009) che marchia il giornalismo sportivo come " Bigotto e servile" e riguardo alle sue dimissioni dichiara che "Ove mai ci fossero stati dei poteri forti, che siano Inter, Moratti, Telecom, famiglia Elkann o altri, che si fossero mossi per togliermi di mezzo cosa cambierebbe? Ammesso che sia così cosa importa?".
Ecco, ammesso che sia così a noi e ai nostri lettori importa eccome: ed è per questo che concludiamo il nostro ragionamento per osservare il singolare record dell'Inter in tema di giustizia sportiva. Sia per il passaporto falso di Recoba (con Oriali professatosi colpevole solo in sede di giustizia ordinaria) che per l'attività di pedinamento e spionaggio (da radiazione, secondo qualcuno), l'Inter è l'unica società (forse al mondo) punita con mano più leggera dalla Procura Federale (o non punita affatto) rispetto ad un Procura della Repubblica. Ed anche questo è un fatto, un altro fatto inquietante.
Tanto più inquietante se confrontiamo il silenzio dei giornali "bigotti e servili" (cit.) davanti a quei casi da fantascienza con la canea scatenata per lo scandalo Menarini-Moggi. Quando al tribunale di Udine i signori Oriali e Recoba hanno patteggiato sei mesi di reclusione per concorso in falso e ricettazione (cosa che doveva obbligare la Figc alla revisione e all'inasprimento della sentenza sportiva) la Gazzetta ha liquidato il tutto con 24 righe su una colonna nelle pagine interne, dove difficilmente si arriva bevendo un caffè al bar; per la cena di Menarini con Moggi il piccolo giornale sportivo comincia la predica con Palombo a pagina uno e poi ci riempie tutta un'altra pagina volando alto con l'etica di Petrucci.
Lo scandalo, quindi, non è Moggi che va a cena con i Menarini (anche Palombo, bontà sua, riconosce che è libero di farlo), scandaloso è come opera la giustizia sportiva con la connivenza della stampa e spesso quasi a comando; scandalosa è la triade Petrucci-Palombo-Palazzi che, tornando ai film di fantasia di cui dicevamo prima, sembra a tutti gli effetti operare con straordinario tempismo e coordinazione e sempre in una direzione.
I risultati, da calciopoli in poi, sono sotto gli occhi di tutti.
L'etica di Petrucci, la sapienza di Palombo e il rigore di Palazzi
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