Il Corriere della Sera di oggi, in un angolo di pag. 57, riporta "l'opinione" di Gianfelice Facchetti riguardo la recente intervista di Fabio Cannavaro, con la quale il capitano della nazionale rivendicava i due scudetti vinti sul campo con la Juve e finiti dentro calciopoli (uno revocato e l'altro assegnato all'Inter dal commissario Guido Rossi, neanche a farlo apposta ex-consigliere proprio dell'Inter). Il tono è quello di una reprimenda, e il moralismo vi fa da sottofondo; non si può non ripensare all'estate 2006, quando contro Fabio Cannavaro era intervenuto proprio il commissario Rossi, anche lui chiamando in causa etica e moralismo (i suoi, evidentemente).
Premesso che non si capisce bene (o si capisce benissimo, lasciamo la scelta ai nostri lettori) come mai il Corriere, su vicende legate a calciopoli, ospiti l'opinione di un personaggio che con calciopoli non dovrebbe azzeccarci per niente, ricordato che Cannavaro aveva detto che gli scudetti si vincono sul campo e lui era contento di averli vinti, ci preme sottolineare il passaggio in cui l'opinionista in questione sostiene che Cannavaro fa leva "su rabbia e malcontento di alcuni rancorosi".
Ci preme sottolinearlo, perché noi siamo tra quelli che ritengono che calciopoli sia stata artatamente usata per rubare due scudetti alla Juve e regalarne uno illecitamente alll'Inter, siamo non arrabbiati e malcontenti, ma incazzati neri, siamo decisi a batterci per riavere indietro la refurtiva e abbiamo documentato come e perché la parola fine sulla vicenda dell'estate 2006 sia ancora da scrivere. Non abbiamo niente da spartire con Cannavaro, ma ci sentiamo ugualmente parte in causa nell'opinione che abbiamo richiamato.
L'opinionista per caso sostiene che parlare ancora dei 29 scudetti vuol dire farlo "in barba alla giustizia sportiva"; l'abbiamo scritto, dimostrato e lo ribadiamo: affermare che, in base al Codice di Giustizia Sportiva, le sentenze di calciopoli siano irrevocabili è una spudorata menzogna; possono sostenerlo soltanto persone ignoranti o, peggio, in malafede o prezzolate. Basta vedere il caso Guardiola.
Si parlerà di quei 29 scudetti fino a quando il processo in corso a Napoli non avrà esaurito tutti i gradi di giudizio; a quel punto (la sentenza Guardiola è stata revocata a distanza di otto anni dalla chiusura del procedimento sportivo) ci sarà chi tirerà le somme (l'ha affermato anche l'Amministratore Delegato della Juve, Blanc) e potrebbe anche esserci qualcuno che dovrà farlo sotto ingiunzione di qualche rancoroso; dipenderà dal processo, non certo dalle opinioni ospitate dal Corriere della Sera.
E' tanto importante il processo di Napoli, che il nostro sito ha già pubblicato una decina di articoli, e altri ne scriverà, contrariamente al Corsera, che gli dedica poco spazio e attenzione e, quando lo fa, pecca di imperizia (sempre in buonafede, si capisce).
Da Napoli sono già venute fuori cose interessanti e, in particolare, vorremmo suggerire all'opinionista del Corsera di ascoltare l'interrogatorio dell'ex-arbitro Nucini, nei passaggi in cui, rispondendo agli avvocati della difesa, deve ammettere che, ancora in attività, frequentava un tesserato e che, anzi, faceva un certo lavoro per lui; alla domenica assegnava i calci di rigore, durante la settimana preparava un dossier e si consultava col suo vecchio e caro amico dirigente.
Il Corriere della Sera si è come dimenticato di scriverlo, ma si tratta di qualcosa di molto grave, espressamente vietato dal Codice di Giustizia Sportiva; qualcosa che dovrebbe far pensare che di possibili "cupole" tra dirigenti e arbitri ci fosse non solo quella indagata dalla Procura di Napoli ma anche altre, un'altra almeno; qualcosa che, in ogni caso, dovrebbe far vergognare tanti personaggi che parlano ancora oggi di calcio pulito, mentre tutto sta ad indicare che dovrebbero avere, loro per primi, la coscienza sporca.
Prima di rivolgersi a Cannavaro per dirgli, come fa l'opinionista ospitato oggi, di "mettere da parte la ruffianeria", sarà il caso che chi cura le pagine del Corriere e chi viene ospitato badi, se ne è capace, intanto alla propria coscienza; noi, nonostante il rancore, auguriamo loro di esserne capaci.
Risposta rancorosa ad un opinionista del Corriere
- Dettagli