Riportiamo un interessante articolo di Luciano Moggi, pubblicato sul sito www.papanews.it:
Le ultime dichiarazioni di Tavaroli su Telecom e dintorni dovrebbero aver fatto fischiare le orecchie al superprocuratore Palazzi. Però i fischi Palazzi deve averli sentiti sonoramente dopo che Fulvio Bianchi, nella sua rubrica “Spy Calcio” in Repubblica.it, è andato diritto al nocciolo del problema, esprimendo la convinzione che il superprocuratore tornerà ad occuparsi dell’inchiesta sportiva sul dossier Telecom dopo che la chiusura delle indagini della magistratura di Milano ha fatto uscire “carte nuove”. Palazzi, in sostanza, dovrebbe riprendere, ovvero dovrebbe sentire il dovere di riprendere l’inchiesta sportiva a suo tempo chiusa, facendo un percorso simile a quello che ha fatto dopo la conclusione dell’inchiesta di Napoli, aprendo il fronte di “Calciopoli 2”.
Vedremo cosa accadrà, ma al momento va registrato (e rimarcato) quello che scrive Fulvio Bianchi, con una chiarezza che mi pare solare: “Sono uscite carte nuove, si parla di intercettazioni anche nei confronti dell’ex arbitro Massimo De Santis e dell’ex numero uno della Figc, Franco Carraro. Nulla si sa sul contenuto di quelle intercettazioni ma intanto è apparso tempo fa un dossier, chiamato “ladroni”, dove la vita (privata) di De Santis era stata messa sotto indagine. Un lavoro (proibito) con visure catastali, foto. Gli spioni di Tavaroli erano andati anche a vedere negli alberghi dove De Santis soggiornava prima delle partite. Non avevano scoperto nulla: ma perché e per conto di chi lo avevano fatto? L’ex arbitro, con il suo avvocato, Silvia Morescanti, aveva chiesto le carte ai pm di Milano, in attesa di costituirsi parte offesa e di chiedere i danni (milioni di euro, ovviamente). Ora chiederanno anche le intercettazioni. Una brutta storia, ha detto la Morescanti”. E a questo punto Bianchi si chiede che farà Palazzi: “Ha già centinaia di fascicoli aperti, oltre 600: un lavoro immane. Vorrà rimettere ordine anche su questa storia? Vorrà vederci chiaro? In passato, chissà perché, era stato così veloce”.
L’interrogativo usato dal cronista sembra sottintendere una buona carica di pessimismo sulle prossime mosse del superprocuratore, e quel “chissà perché” lo raccomando a chi è sempre voglioso di misteri. Ma Fulvio Bianchi è andato oltre ed un altro passo merita di essere riportato, laddove parlando di “Calciopoli 2” ricorda i patteggiamenti fatti con la Juve, e con Paparesta padre e Paparesta figlio, sottolineando che “le carte di quei patteggiamenti non si sono mai viste, le ha chieste l’avvocato dell’ex arbitro Bertini ma non gliele hanno date con la ridicola motivazione che “non erano rilevanti ai fini del decidere”. Per Bianchi, “qualcosa non torna”. “Il processo Sim si è tenuto a porte chiuse, sentenza solo la prossima settimana. Sentenza delicata che porterà ad altri processi (sino al Tar). Pare che qualche avvocato dopo aver abbandonato l’aula abbia intenzione di fare un esposto alla Corte di giustizia della Figc e addirittura alla Procura della Repubblica”.
Tutte queste opinioni di Bianchi avrei potute tirarle fuori io per primo, ma nel caso mi ci appoggio, perché provenienti da una terza parte assumono di sicuro maggiore rilevanza. Nel frattempo sono state rese note le deposizioni fatte ai magistrati da Tronchetti Provera e da Massimo Moratti, deposizioni naturalmente autoassolutorie.
“Tavaroli - afferma Tronchetti Provera - non ha mai avuto nessuna indicazione, né da me, né da Moratti penso, assolutamente, di occuparsi della società di Moggi, ma neanche da Facchetti penso che abbia avuto indicazione di occuparsi della società di Moggi”. Detto che la società non espressamente indicata era la Juve, ma forse non ce n’era bisogno, segnalo ai lettori quel “penso” molto ripetuto che dalle mie parti indica una incertezza solo presunta.
Rendo atto a “Repubblica” di aver scoperchiato con le dichiarazioni di Tavaroli un vaso assai più colmo di quanto qualche ingenuo (?) poteva pensare e di aver smantellato la convinzione, alimentata da qualche parte interessata, che l’affaire Telecom fosse solo “un budino malfatto dove all’opera era solo una combriccola di tre persone che voleva lucrare un po’ di denaro per far bella vita e che avrebbe abusato dell’ ingenuità di Tronchetti Provera e Carlo Buora”, il quale ultimo era amministratore delegato di Telecom ed aveva cariche di peso anche all’interno del cda dell’Inter, cioè sapeva tutto di quanto accadeva da una parte e anche dall’altra.
Ora abbiamo conferma che lo scandalo Telecom è di proporzioni enormi, e in esso ha il suo cantuccio importante il versante calcistico e segnatamente il filone interista. Nelle sue dichiarazioni Tavaroli illustra il suo stretto, diretto e duraturo contatto con i vertici di Telecom, vale a dire con Tronchetti Provera e Buora, e dunque nessuno dei due, e tantomeno il primo, può dire che nulla sapeva di quello che Tavaroli faceva, che era poi quello che gli veniva ordinato, a cominciare dalle informazioni e dai dossier, anche in ambito calcistico, che Tavaroli chiedeva ad Emanuele Cipriani, che è quel Cipriani titolare della Polis d’Istinto, cui furono commissionate le indagini, ad esempio, a carico di Vieri, ma anche a riguardo della Gea, della Juve, del sottoscritto, di Mutu. E a cosa potevano servire quelle indagini se non all’Inter, che infatti le pagò, anche se il patròn nerazzurro messo alle strette ammise solo quelle per Vieri? Questi nomi appaiono nelle carte della Procura di Milano, ora a disposizione di tutti i 34 indagati della vicenda Telecom.
Nell’elenco di esponenti del calcio finiti nel mirino della Security Telecom c’erano il sottoscritto e tanti altri, perché “per sapere se i trofei bianconeri erano stati vinti all’insegna della trasparenza” (e che titolo aveva Tavaroli, o per esso i suoi committenti, per fare quest’indagine?), il capo della Security Telecom mise sotto controllo persino il cellulare dell’allora presidente della Figc Carraro, quelli della Gea, degli arbitri Salvatore Racalbuto e Massimo De Santis. “Evidente il nesso - a giudizio anche di Repubblica - tra queste operazioni e il rapporto tra Marco Tronchetti Provera e l’Inter dell’amico Massimo Moratti. Tavaroli, per capire il motivo di tanti insuccessi inanellati dalla presidenza morattiana, si sarebbe mosso ovviamente con i suoi strumenti”.
A questo punto non c’è chi non veda che a tutti potevano essere affidate le intercettazioni per Calciopoli, meno che alla Telecom che, com’è noto, in migliaia di telefonate non ne trovò una, che sia una, in cui comparisse l’Inter, qualcuno dei suoi dirigenti, o dei suoi calciatori. Eppure fermissima fu la dichiarazione del designatore Bergamo che testimoniò che lui veniva chiamato a telefono da tutti e che tutti egli riceveva, anche quelli dell’Inter. Quando io sottolineai questa discrepanza, che per essere verosimile sarebbe dovuta essere molto più che miracolosa, mi si obiettò da parte di un foglio rosa che il club cui erano indirizzate le mie osservazioni era adamantino, al di sopra di ogni sospetto, e fu, anzi, da quel momento che per l’Inter venne coniata l’etichetta di “banda degli onesti”.
Questa è storia nota, ma non è mai tardi e inutile rimarcarla, perché la memoria non è un esercizio molto seguito nel calcio, quando scientificamente la si vuole trascurare. E per dare una rinfrescata all’argomento posso ricordare un’altra testimonianza di Tavaroli che risale all’11 ottobre di due anni fa ma che in tema mi sembra assai pregnante. Nell’interrogatorio reso ai magistrati Tavaroli riferì che “i dirigenti dell’Inter” gli chiesero di fare indagini sull’arbitro De Santis e, a richiesta di maggiori dettagli, precisò di aver parlato con l’allora presidente Giacinto Facchetti e che a passare la cornetta era stato il patron Massimo Moratti in persona. In un intervista all’Espresso Moratti sostenne di non aver mai incontrato Tavaroli e di non essere stato a conoscenza del “dossier De Santis”. Al “Corriere della sera magazine” aveva invece detto il contrario. Così va il mondo, ma dubito che ci possa essere ancora qualcuno disposto a credere all’estraneità dell’Inter negli affari della premiata ditta Telecom e della sua Security Service.
Luciano Moggi
Nota della redazione: giova rileggere quanto a suo tempo deciso da Palazzi, sui dossier illegali, e spiegato nei seguenti articoli:
Le ultime dichiarazioni di Tavaroli su Telecom e dintorni dovrebbero aver fatto fischiare le orecchie al superprocuratore Palazzi. Però i fischi Palazzi deve averli sentiti sonoramente dopo che Fulvio Bianchi, nella sua rubrica “Spy Calcio” in Repubblica.it, è andato diritto al nocciolo del problema, esprimendo la convinzione che il superprocuratore tornerà ad occuparsi dell’inchiesta sportiva sul dossier Telecom dopo che la chiusura delle indagini della magistratura di Milano ha fatto uscire “carte nuove”. Palazzi, in sostanza, dovrebbe riprendere, ovvero dovrebbe sentire il dovere di riprendere l’inchiesta sportiva a suo tempo chiusa, facendo un percorso simile a quello che ha fatto dopo la conclusione dell’inchiesta di Napoli, aprendo il fronte di “Calciopoli 2”.
Vedremo cosa accadrà, ma al momento va registrato (e rimarcato) quello che scrive Fulvio Bianchi, con una chiarezza che mi pare solare: “Sono uscite carte nuove, si parla di intercettazioni anche nei confronti dell’ex arbitro Massimo De Santis e dell’ex numero uno della Figc, Franco Carraro. Nulla si sa sul contenuto di quelle intercettazioni ma intanto è apparso tempo fa un dossier, chiamato “ladroni”, dove la vita (privata) di De Santis era stata messa sotto indagine. Un lavoro (proibito) con visure catastali, foto. Gli spioni di Tavaroli erano andati anche a vedere negli alberghi dove De Santis soggiornava prima delle partite. Non avevano scoperto nulla: ma perché e per conto di chi lo avevano fatto? L’ex arbitro, con il suo avvocato, Silvia Morescanti, aveva chiesto le carte ai pm di Milano, in attesa di costituirsi parte offesa e di chiedere i danni (milioni di euro, ovviamente). Ora chiederanno anche le intercettazioni. Una brutta storia, ha detto la Morescanti”. E a questo punto Bianchi si chiede che farà Palazzi: “Ha già centinaia di fascicoli aperti, oltre 600: un lavoro immane. Vorrà rimettere ordine anche su questa storia? Vorrà vederci chiaro? In passato, chissà perché, era stato così veloce”.
L’interrogativo usato dal cronista sembra sottintendere una buona carica di pessimismo sulle prossime mosse del superprocuratore, e quel “chissà perché” lo raccomando a chi è sempre voglioso di misteri. Ma Fulvio Bianchi è andato oltre ed un altro passo merita di essere riportato, laddove parlando di “Calciopoli 2” ricorda i patteggiamenti fatti con la Juve, e con Paparesta padre e Paparesta figlio, sottolineando che “le carte di quei patteggiamenti non si sono mai viste, le ha chieste l’avvocato dell’ex arbitro Bertini ma non gliele hanno date con la ridicola motivazione che “non erano rilevanti ai fini del decidere”. Per Bianchi, “qualcosa non torna”. “Il processo Sim si è tenuto a porte chiuse, sentenza solo la prossima settimana. Sentenza delicata che porterà ad altri processi (sino al Tar). Pare che qualche avvocato dopo aver abbandonato l’aula abbia intenzione di fare un esposto alla Corte di giustizia della Figc e addirittura alla Procura della Repubblica”.
Tutte queste opinioni di Bianchi avrei potute tirarle fuori io per primo, ma nel caso mi ci appoggio, perché provenienti da una terza parte assumono di sicuro maggiore rilevanza. Nel frattempo sono state rese note le deposizioni fatte ai magistrati da Tronchetti Provera e da Massimo Moratti, deposizioni naturalmente autoassolutorie.
“Tavaroli - afferma Tronchetti Provera - non ha mai avuto nessuna indicazione, né da me, né da Moratti penso, assolutamente, di occuparsi della società di Moggi, ma neanche da Facchetti penso che abbia avuto indicazione di occuparsi della società di Moggi”. Detto che la società non espressamente indicata era la Juve, ma forse non ce n’era bisogno, segnalo ai lettori quel “penso” molto ripetuto che dalle mie parti indica una incertezza solo presunta.
Rendo atto a “Repubblica” di aver scoperchiato con le dichiarazioni di Tavaroli un vaso assai più colmo di quanto qualche ingenuo (?) poteva pensare e di aver smantellato la convinzione, alimentata da qualche parte interessata, che l’affaire Telecom fosse solo “un budino malfatto dove all’opera era solo una combriccola di tre persone che voleva lucrare un po’ di denaro per far bella vita e che avrebbe abusato dell’ ingenuità di Tronchetti Provera e Carlo Buora”, il quale ultimo era amministratore delegato di Telecom ed aveva cariche di peso anche all’interno del cda dell’Inter, cioè sapeva tutto di quanto accadeva da una parte e anche dall’altra.
Ora abbiamo conferma che lo scandalo Telecom è di proporzioni enormi, e in esso ha il suo cantuccio importante il versante calcistico e segnatamente il filone interista. Nelle sue dichiarazioni Tavaroli illustra il suo stretto, diretto e duraturo contatto con i vertici di Telecom, vale a dire con Tronchetti Provera e Buora, e dunque nessuno dei due, e tantomeno il primo, può dire che nulla sapeva di quello che Tavaroli faceva, che era poi quello che gli veniva ordinato, a cominciare dalle informazioni e dai dossier, anche in ambito calcistico, che Tavaroli chiedeva ad Emanuele Cipriani, che è quel Cipriani titolare della Polis d’Istinto, cui furono commissionate le indagini, ad esempio, a carico di Vieri, ma anche a riguardo della Gea, della Juve, del sottoscritto, di Mutu. E a cosa potevano servire quelle indagini se non all’Inter, che infatti le pagò, anche se il patròn nerazzurro messo alle strette ammise solo quelle per Vieri? Questi nomi appaiono nelle carte della Procura di Milano, ora a disposizione di tutti i 34 indagati della vicenda Telecom.
Nell’elenco di esponenti del calcio finiti nel mirino della Security Telecom c’erano il sottoscritto e tanti altri, perché “per sapere se i trofei bianconeri erano stati vinti all’insegna della trasparenza” (e che titolo aveva Tavaroli, o per esso i suoi committenti, per fare quest’indagine?), il capo della Security Telecom mise sotto controllo persino il cellulare dell’allora presidente della Figc Carraro, quelli della Gea, degli arbitri Salvatore Racalbuto e Massimo De Santis. “Evidente il nesso - a giudizio anche di Repubblica - tra queste operazioni e il rapporto tra Marco Tronchetti Provera e l’Inter dell’amico Massimo Moratti. Tavaroli, per capire il motivo di tanti insuccessi inanellati dalla presidenza morattiana, si sarebbe mosso ovviamente con i suoi strumenti”.
A questo punto non c’è chi non veda che a tutti potevano essere affidate le intercettazioni per Calciopoli, meno che alla Telecom che, com’è noto, in migliaia di telefonate non ne trovò una, che sia una, in cui comparisse l’Inter, qualcuno dei suoi dirigenti, o dei suoi calciatori. Eppure fermissima fu la dichiarazione del designatore Bergamo che testimoniò che lui veniva chiamato a telefono da tutti e che tutti egli riceveva, anche quelli dell’Inter. Quando io sottolineai questa discrepanza, che per essere verosimile sarebbe dovuta essere molto più che miracolosa, mi si obiettò da parte di un foglio rosa che il club cui erano indirizzate le mie osservazioni era adamantino, al di sopra di ogni sospetto, e fu, anzi, da quel momento che per l’Inter venne coniata l’etichetta di “banda degli onesti”.
Questa è storia nota, ma non è mai tardi e inutile rimarcarla, perché la memoria non è un esercizio molto seguito nel calcio, quando scientificamente la si vuole trascurare. E per dare una rinfrescata all’argomento posso ricordare un’altra testimonianza di Tavaroli che risale all’11 ottobre di due anni fa ma che in tema mi sembra assai pregnante. Nell’interrogatorio reso ai magistrati Tavaroli riferì che “i dirigenti dell’Inter” gli chiesero di fare indagini sull’arbitro De Santis e, a richiesta di maggiori dettagli, precisò di aver parlato con l’allora presidente Giacinto Facchetti e che a passare la cornetta era stato il patron Massimo Moratti in persona. In un intervista all’Espresso Moratti sostenne di non aver mai incontrato Tavaroli e di non essere stato a conoscenza del “dossier De Santis”. Al “Corriere della sera magazine” aveva invece detto il contrario. Così va il mondo, ma dubito che ci possa essere ancora qualcuno disposto a credere all’estraneità dell’Inter negli affari della premiata ditta Telecom e della sua Security Service.
Luciano Moggi
Nota della redazione: giova rileggere quanto a suo tempo deciso da Palazzi, sui dossier illegali, e spiegato nei seguenti articoli: