Ed i riscontri individualizzanti?
Riportiamo in primo piano questo articolo perché Palazzi lo ha rifatto, ha ribadito. A pagina 12 del suo ricorso alla Corte di giustizia federale", al punto 5 "Critiche ai criteri interpretativi utilizzati dai primi giudici", scrive: "Non appare in questa sede fuori di luogo ribadire sinteticamente i principi affermati in merito dalla Corte di Cassazione, e ampiamente riportati nella parte introduttiva dell'atto di deferimento, circa la validità di riscontri di carattere logico alle dichiarazioni di un dichiarante in correità per fondare l'affermazione di responsabilità di altri. La corte, nella recente pronuncia della VI Sezione Penale n. 41352 del 23.11.2010 ha, difatti affermato, sulla scorta di un proprio consolidato orientamento, che ...", e riporta il passo che avevamo già analizzato in questo articolo.
Leggete con attenzione il punto 3 "Riscontri esterni alla dichiarazione" dell'articolo, il passaggio cruciale, il più importante, ma non considerato dalla Procura di Palazzi.
Lo stesso pm Di Martino, in un'intervista concessa oggi a "Libero", dice "Carobbio è credibile perché la maggior parte delle persone che ha accusato hanno ammesso. Dopo di che bisognerà vedere caso per caso". Appunto, servono riscontri caso per caso, individualizzati per ogni persona chiamata in correità. La credibilità riscontrata su X persone non è sufficiente a tirarne in ballo altre Y senza che su queste vi sia almeno un riscontro.
"L’ha detto Carobbio".
Il processo sportivo a Conte, nella mente della Procura Federale, sta tutto nel sottotitolo per nulla provocatorio, ma pienamente rispondente all’incredibile motivazione con la quale si è arrivati ai deferimenti.
Carobbio è indagato dalla Procura Federale e chiama in correità Antonio Conte e il suo staff tecnico per violazioni al Codice di Giustizia Sportiva.
Il nucleo essenziale della motivazione sta nell'assoluta credibilità di Carobbio, perché in svariate altre chiamate in correità verso altri soggetti le accuse sarebbero state riscontrate e quindi la sua credibilità, conquistata sul campo nei confronti di altri, sarebbe anche riscontro alle accuse rivolte a Conte e allo staff tecnico del Siena, ora staff tecnico della Juventus.
La confusione è totale e per fortuna che la Procura Federale assicura di star applicando i principi enunciati dalla Suprema Corte di Cassazione, di cui cita – a nostro sommesso parere a sproposito – una massima giurisprudenziale (come già detto, a pagg.12 e 13 dell’atto di deferimento).
In verità l’orientamento consolidato della giurisprudenza della Cassazione da lungo tempo si è assestato su alcuni solidi principi per la valutazione della chiamata in correità, affinché questa possa pretendere di assumere valore di prova (61 V., ad esempio, Cass. Sez. VI, sent. 7240, 16/04/1998-17/06/1998, ric. CIVARDI ed altro, in CED RV. 210734; v. anche sez. II, sent. 10469, 22/03/1996-06/12/1996, RIC. P.M. ARENA e altri, in CED RV. 206489; Cass. pen. Sez. I, 13-11-2002, n. 4765 (rv. 223152) Cusimano, CED Cassazione, 2003; Cass. pen. Sez. V, 11 Aprile 2002, n. 21342, Bruno, Massima redazionale, 2005; Cass. pen. Sez. II, 18-11-2003, n. 49212)
Ci sono tre passaggi che non vanno confusi tra loro.
1) Valutazione della credibilità soggettiva del dichiarante. E’ una sorta di esame di ammissione per poter passare ai successivi due passaggi. Questa valutazione attiene alle qualità personali del dichiarante, alla sua vita, ai suoi rapporti, alla sua condotta anche processuale, alla mancanza di un movente calunniatorio e ad ogni altro elemento utile, al disinteresse o meno nella accusa verso un terzo. Si tratta di stabilire se il dichiarante possiede i requisiti minimi per essere preso in considerazione. In questa casella va inserita la circostanza relativa alle altre chiamate in correità da parte del Carobbio, per le quali si ritiene si siano avuti riscontri significativi (dalla lettura del punto 3 si capirà meglio il perché di questa collocazione). Circa l’interesse a chiamare in correità, per esempio in vista dell’accesso a un rito premiale come il patteggiamento, va detto che non è un elemento di esclusione della credibilità del dichiarante, ma senz’altro un dato che deve invitare ad una maggiore prudenza nella valutazione rispetto ad un chiamante disinteressato. E’imprudente dire, come fa la procura Federale per Carobbio, che si tratti di un dichiarante assolutamente credibile. Tutto considerato, comunque, non c’è dubbio che Carobbio superi il primo gradino.
2) Valutazione della credibilità del contenuto esteriore della dichiarazione. E’ una sorta di controllo esteriore sulla dichiarazione sotto il profilo della coerenza, della costanza, della precisione, della spontaneità. Facendo un’analisi dei soli fatti più evidenti, la costanza e la precisione presentano qualche crepa: per la partita col Novara l’accusa è assente nell’interrogatorio davanti alla Procura della Repubblica di Cremona, mentre per la partita con l’Albinoleffe il contesto della riunione tecnica prepartita compare solo nel secondo interrogatorio dell'aprile 2012, quello davanti alla Procura di Cremona. In precedenza, febbraio 2012, davanti alla Procura Federale c'erano riferimenti vaghi. Circostanza, questa, abbastanza strana, perché fino ad allora il contesto della riunione tecnica era stato affermato per la partita col Novara e risulta singolare che per la partita con l’Albinoleffe sia potuto sfuggirgli un particolare analogo. Diciamo, comunque, che anche il secondo gradino, con incertezze che avrebbero dovuto indurre ad una maggiore prudenza la Procura Federale, il Carobbio l’ha superato.
3) Riscontri esterni alla dichiarazione. E’ il punto cruciale del processo di valutazione della chiamata in correità. Proprio perché il dichiarante non è un teste, ma un indagato (imputato, incolpato), non basta il superamento dei primi due gradini, ma occorre necessariamente che la dichiarazione sia supportata da elementi di fatto esterni alla dichiarazione stessa, che possono consistere anche in una seconda chiamata in correità verso lo stesso accusato da parte di soggetto diverso dal primo chiamante, in documenti, testimonianze, intercettazioni, insomma qualsiasi fonte di conoscenza, non esclusa la prova logica, ossia degli indizi gravi, precisi e concordanti, dai quali si possa risalire alla dichiarazione di chiamata in correità, dandogli supporto e conferma. A quest’ultimo aspetto deve aver pensato la Procura Federale, quando ha citato erroneamente la sentenza di pagg. 12 e 13.
La giurisprudenza consolidata della Cassazione e dei giudici di merito, in tema di riscontri esterni, richiede che il riscontro sia “individualizzante”, ossia sia attinente al chiamato in correità (nel nostro caso Conte e il suo staff) e al contenuto della chiamata in correità e non a terzi soggetti. A confutare orientamenti giurisprudenziali meno rigorosi, verificatisi in tema di misure cautelari, intervenne la Cassazione a Sezioni Unite, circa la necessità, anche in tema di misure cautelari, di riscontri individualizzanti (Cass.SS.UU. 30.10.2006 n. 36267).
In altre parole, la Procura Federale fa un errore di diritto madornale, quando pretende di utilizzare chiamate in correità verso terzi riscontrate (in sostanza la credibilità di Carobbio di cui al punto 1) come riscontro esterno alla dichiarazione contro Conte e si capisce perché, per più pagine di motivazione, insista sull’assoluta credibilità di Carobbio, nonostante la prudenza richiesta per i motivi detti ai punti 1 e 2. Tale insistenza è dovuta all’erroneo convincimento che si possa riscontrare una chiamata in correità con elementi non individualizzanti. Siamo al “L’ha detto Carobbio, una garanzia”.
Non è così, non si può e stupisce che esponenti di un organismo che ama definirsi giustizia sportiva arrivino a dirlo per sostenere una tesi accusatoria.
Del resto, anche con un po’ di buonsenso si può comprendere perché non si possa. L’avevamo forse già scritto: se un dichiarante come Carobbio diventa titolare di un patentino federale di prova ambulante, potrebbe coinvolgere nel Calcioscommesse qualsiasi tesserato.
Fin qui abbiamo parlato del caso di un soggetto (Carobbio), che fa più chiamate in correità nei confronti di diversi soggetti, tra cui Conte e il suo staff, oltre a numerosi altri.
Vediamo ora di cosa parla la sentenza richiamata a pagg. 12 e 13 dell’atto di deferimento. La riproduciamo nuovamente:
La Corte, nella recente pronuncia della VI Sezione Penale n. 41352 del 23.11.2010 ha affermato, sulla scorta di un proprio consolidato orientamento, che "in tema di valutazione della prova, allorché il chiamante in correità rende dichiarazioni che concernono una pluralità di fatti-reato commessi dallo stesso soggetto e ripetuti nel tempo, l'elemento esterno di riscontro in ordine ad alcuni di essi fornisce sul piano logico la necessaria integrazione probatoria a conforto della chiamata anche in ordine agli altri, purché sussistano ragioni idonee a suffragare un tale giudizio e ad imporre una valutazione unitaria delle dichiarazioni accusatorie, quali l'identica natura dei fatti in questione, l'identità dei protagonisti o di alcuni di loro, l'inserirsi dei fatti in un rapporto intersoggettivo unico e continuativo. Infatti, gli elementi integratori della prova costituita da dichiarazioni rese da un imputato dello stesso reato o di un reato connesso, ex art. 192 c.p.p., comma 3 possono essere della più varia natura, e quindi anche di carattere logico, purché riconducibili a fatti esterni a quelle dichiarazioni". (Conformi: Cass. Sez. VI, Sentenza n. 1472 del 2.11.1998- dep. 4.02.1999, Rv. 213446; Cass. 24.1.1991, n. 231- dep. In data 23.4.1991, RV 187035.).
La sentenza citata esamina un caso diverso, ossia quello del dichiarante che, nei confronti dello stesso soggetto, chiama in correità per più fatti-reato (caso che nell’ambito della chiamata in correità di Conte ricorre anch’esso, avendo Carobbio attribuitogli due episodi distinti, relativi alle partite con il Novara e l’Albinoleffe).
Quale che sia il contenuto di questa sentenza, non se ne possono trarre elementi utili per sostenere la tesi della Procura Federale, che ha ad oggetto più chiamate in correità verso più soggetti.
Se poi si legge attentamente questa massima giurisprudenziale, si può comprendere che applica gli stessi principi di valutazione, che abbiamo sopra esposti, ad un caso particolare: essa risponde alla domanda “che fare, se per due fatti attribuiti allo stesso soggetto, per un fatto c’è riscontro e per l’altro no?”.
La risposta è che il fatto riscontrato può, a determinate condizioni, diventare riscontro dell’altro. Ed il motivo è semplice: perché qui, a differenza che nella pretesa della Procura Federale, il riscontro è individualizzante, ossia si riferisce allo stesso soggetto accusato in entrambi i reati.
Nel caso che ci interessa, ossia Conte e il suo staff, potrebbe trovare applicazione? In astratto sì, a condizione che per almeno una delle due partite oggetto di contestazione si avesse un riscontro esterno individualizzante.
Nell'ultima parte analizzeremo in dettaglio se vi siano elementi di riscontro esterno alle dichiarazioni di Carobbio, analizzando le due partite oggetto delle contestazioni all'allora staff tecnico del Siena, ora staff tecnico della Juventus.
Articoli precedenti:
Deferimenti: Il filone di Cremona/1